2023-07-10
Ma politici e giornali lo hanno già condannato
Si procede per tesi precostituite: tutti colpevolisti a prescindere, senza nemmeno conoscere i fatti. Ignazio La Russa avrebbe fatto meglio a tacere. Ma anche i figli delle alte cariche istituzionali hanno diritto alla presunzione d’innocenza.Come ho scritto, fossi stato nei panni di Ignazio La Russa, alla notizia di mio figlio indagato per violenza sessuale, ma anche per qualsiasi altro reato, me ne sarei stato zitto e buono. Limitandomi, se proprio, alle dichiarazioni di rito, tipo «ho fiducia nella giustizia», «rispetto per i magistrati», «aspettiamo i risultati delle indagini», eccetera. Un silenzio dettato non tanto dalla necessità di mantenere, anche di fronte a una vicenda famigliare dolorosa, un atteggiamento istituzionale adeguato al ruolo di seconda carica dello Stato, ma perché inevitabilmente, se il presidente del Senato interviene in una faccenda di cronaca nera in cui è coinvolto il figlio, da privata che era, la questione diventa pubblica e dunque politica. Ovvero, argomento da dibattito in tv e da manifestazioni in piazza. Lo si è visto anche ieri, con la contestazione nei confronti del ministro della Famiglia Eugenia Roccella, travolta dalle urla del pubblico, durante la presentazione di un libro a Polignano a Mare, per aver osato dire che non aveva intenzione di entrare nel merito di un rapporto fra padre e figlio, anche se il primo fa il presidente del Senato.Del resto, così come oggi dico che un politico avrebbe dovuto evitare di parlare del caso, ieri criticai Beppe Grillo per aver attaccato la ragazza che accusava di stupro il figlio, vicenda per cui da tempo è in corso un processo. Sì, i fatti privati, ancorché gravi e sebbene rischino di travolgere i figli di leader di partito, dovrebbero restare fuori dal dibattito politico, in quanto la discussione non può essere oggetto di un talk televisivo, ma questione da analizzare in tribunale, con denunce e perizie alla mano.Ciò detto, voglio aggiungere un’osservazione. Giampiero Mughini, che non può certo essere sospettato di simpatie verso la famiglia politica dei La Russa (ricordo un duello cartaceo che ebbi con lui anni fa, dopo aver pubblicato i discorsi di Mussolini), ha ricordato che perfino il figlio di un’alta carica dello Stato ha diritto alla presunzione di innocenza fino a che non intervenga una sentenza definitiva. Una banalità? Mica tanto, visto che su certi giornali la condanna nei confronti del figlio ventenne di La Russa è già stata pronunciata. A leggere alcune interviste e taluni commenti, sembra che la sola versione da prendere a riferimento sia quella della presunta vittima e non anche quella dell’imputato. Ciò non vuol dire ritenere una mitomane colei che sostiene di aver subito uno stupro, ma semplicemente riequilibrare le condizioni da cui osservare i fatti. Così come non sappiamo nulla o quasi del figlio di La Russa, delle sue condizioni e dei suoi comportamenti, non sappiamo niente nemmeno della ragazza che si dichiara vittima di violenza sessuale. Il che richiederebbe cautela prima di parlare. E invece si danno per acquisiti fatti che al momento acquisiti non sono, come ad esempio lesioni compatibili con uno stupro appena compiuto. Se fosse vero quello che recita chi si è impadronito di una vicenda di cronaca nera trasformandola in cronaca politica, la denuncia di violenza sessuale sarebbe partita in automatico, già dopo la visita effettuata al pronto soccorso, come atto d’ufficio. E invece, guarda caso, ci sono voluti giorni. Infatti, l’inchiesta è scattata solo dopo settimane, con un passaggio in redazione prima che in Procura. Insomma, come spiega benissimo il nostro Giacomo Amadori, la vicenda è da prendere con le molle, evitando di farne un tema da contrasto politico, come invece la sinistra pare avere intenzione di fare, perché tutto al momento è possibile e il caso sarà oggetto di un acceso dibattito giudiziario. Evidentemente, il caso Grillo, dove le denunce non sempre hanno trovato conferma nelle perizie e nelle indagini di polizia giudiziaria, non ha insegnato niente. Né ai politici, né, soprattutto, ai giornalisti. I quali, più che cercare i fatti, vanno a caccia di una conferma della loro tesi. Che, ovviamente, prevede già una condanna del maschio, al quale sono riconosciute le aggravanti di essere un figlio di papà e, peggio, un figlio della lupa.