2020-12-27
«Pignatone e De Ficchy mi diedero notizie sull’inchiesta a mio carico»
La confessione bomba di Luca Palamara: l'ex procuratore di Roma lo avvisò degli accertamenti della Finanza sui regali del faccendiere Fabrizio Centofanti. L'allora capo di Perugia gli confermò invece l'arrivo dell'informativaC'è stato un momento nella vita dell'ex stratega delle nomine Luca Palamara in cui due pezzi da 90 della magistratura italiana, ovvero il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone (ora a capo del Tribunale di papa Francesco) e l'ex capo della Procura di Tivoli Luigi De Ficchy (ora in quiescenza), lo informavano quando finiva nei guai. Il primo lo incontrava nel suo alloggio romano dei Parioli, all'interno di una caserma dei carabinieri. Con il secondo, invece, girava «attorno ai palazzi» di piazza Mazzini. Come ha avuto modo di ricordare Palamara ai pm di Perugia Mario Formisano e Gemma Milani in un verbale bomba rimasto inedito datato 29 luglio 2020 e depositato il 2 settembre nella sua trascrizione integrale. Palamara, prima di quel faccia a faccia con le toghe che gli hanno infilato il trojan nello smartphone, non aveva mai fatto alcun cenno ai suoi presunti informatori. Questa volta, invece, porta «le lancette indietro» e parte dal 14 dicembre 2017, «allorquando mi recai a casa del dottor Pignatone». La prima rivelazione comincia così: «In quell'occasione venni a conoscenza di accertamenti che il Gico della Guardia di finanza...». I due pm perugini sottolineano quella data. E Palamara spiega: «Sì, in particolar modo il 14 dicembre 2017 è una data per me importante perché era il giorno... questo l'ho potuto ricostruire, accertare dopo, ho pure un messaggio che vi posso dare tra me e Pignatone». L'ex presidente dell'Anm finito radiato dalla magistratura ricorda bene quel 14 dicembre. «Era il giorno», sostiene, «in cui Riccardo Fuzio (ora in pensione, ndr) viene nominato come procuratore generale della Corte di cassazione... quella sera mi recai presso la caserma dei carabinieri». Per dare prova dello spostamento, Palamara ricorda ai pm che era sotto scorta, quindi di tutti i suoi trasferimenti c'è una traccia. Perché rammenta quella data? «Perché», spiega Palamara, «anche il procuratore Pignatone era particolarmente contento per l'esito della votazione che aveva visto Fuzio proposto in commissione come procuratore generale. Rimasi particolarmente colpito perché, nonostante il rapporto molto stretto che all'epoca avevo con Pignatone, raramente l'avevo visto così partecipe ed entusiasta». E mentre Palamara si preparava a uscire, «dopo una lunga chiacchierata», Pignatone lo richiamò: «Mi comunicò che durante alcuni accertamenti che erano stati svolti [...] era risultata la mia presenza con Centofanti (il lobbista Fabrizio Centofanti sul quale stava indagando la Procura di Roma, ndr)». E tocca al secondo presunto informatore: «Anche dalla messaggistica», afferma Palamara, «vedete che già il 6 febbraio ci sono degli scambi col procuratore De Ficchy [...] e dico questo perché nei giorni successivi un altro collega, questo lo sapete, Colaiocco (Sergio Colaiocco, pm a Roma, ndr) venne in ufficio a dirmi: “Guarda che in ufficio gira voce che in qualche modo tu hai un rapporto di amicizia con Centofanti e si dice che c'è questa cosa che riguarderebbe anche te"». Tra gli addetti ai lavori, insomma, la notizia circolava. «Com'è tipico dell'ambiente romano», precisa l'ex pm, «che i giornalisti sanno tutto...». E cosa fa Palamara? «Una volta che ricevo queste comunicazioni da Colaiocco», racconta, «ne vado a parlare col procuratore Pignatone, che mi conferma se è vero che girassero queste voci». Con Pignatone, stando alla sua versione, avrebbe addirittura affrontato il tema dell'utilizzabilità di alcuni atti. E Pignatone gli avrebbe detto: «Comunque si farà un fascicolo... un'informativa rispetto alle utilità, rispetto alla quale poi faremo le nostre valutazioni». E Palamara ebbe da obiettare, rivolgendosi così a Pignatone: «[...] non è che il discorso delle utilità eh... cioè mi convince perché so come vanno le cose [...]». Insomma aveva intuito che si sarebbe messa male. E chiese se era il caso di «togliersi di mezzo». Poi nel suo racconto entra in scena De Ficchy: «In quel momento era per me un amico [...] e che chiaramente oggi col senno di poi capisco si trovava in difficoltà [...] De Ficchy quando veniva a Roma, veniva il venerdì, ci incontravamo a piazza Mazzini, dove da buoni amici quali eravamo all'epoca [...] ci confrontavamo tra le varie situazioni, tra cui una che a lui...». A piazza Mazzini, ricorda Palamara, «eravamo soliti passeggiare lungo... girando il palazzo... Era un giro dei palazzi, diciamo». E girando i palazzi Palamara parlò con De Ficchy di un articolo della Verità del novembre 2017 che ricostruiva le relazioni di un ex brigadiere della Guardia di finanza finito sotto inchiesta (poi archiviata) e che prima di diventare uno stretto collaboratore di De Ficchy lo era stato di Palamara. Palamara in quel caso si sentì parte offesa. E De Ficchy gli consigliò di prendere le carte. «E queste carte», precisa Palamara, «poi sono state consegnate, le ho mandate a ritirare dai ragazzi della scorta». Che fine hanno fatto? «E gliele ho date a De Ficchy», afferma Palamara, «e mi sono disinteressato [...] lo vedevo preoccupato a lui». Poi lo stratega delle nomine torna sulla questione che lo riguarda: «Fino a quando vengo a sapere che finalmente quest'informativa è stata trasmessa a Perugia e mi viene prospettata come un atto dovuto e necessitato [...]. Ne parliamo nell'ufficio del dottor Fuzio, io Fuzio e Pignatone. Ricordo perfettamente essere stato un sabato mattina». Secondo Palamara in quell'occasione Pignatone gli diede anche un consiglio: «Ma non ti conviene fare una lettera in cui tu comunque spieghi il rapporto con Centofanti». Palamara avrebbe chiuso il discorso. Fino al 15 giugno 2018, giorno in cui, a dire dell'ex pm «De Ficchy venne in ufficio da me» dopo una chiamata Whatsapp. «Parliamo di questa informativa che era arrivata a Perugia (De Ficchy in quel momento guidava la Procura perugina, ndr)». E da quel momento, sostiene Palamara, «decidiamo che io continuavo a fare il mio lavoro, loro continuavano a fare il loro». Dopo 45 minuti di dichiarazioni, Palamara affronta anche le questioni dell'esposto presentato da Stefano Fava (già pm dell'inchiesta su Centofanti e ora giudice a Tivoli) e degli articoli pubblicati dalla Verità e dal Fatto quotidiano il 29 maggio 2019. Ma anche delle fughe di notizie di Corriere della sera e Repubblica che quello stesso 29 maggio pubblicarono gli articoli che hanno ammazzato l'inchiesta di Perugia. Il Csm si è affrettato a far pubblicare dalle agenzie un comunicato la sera della vigilia di Natale: «Il comitato di presidenza, esaminata la nota ricevuta il 2 aprile 2019 da Fava, il 3 aprile ha richiesto informazioni al Pg per individuare la commissione competente, potendo la materia rientrare nella competenza della Prima o della Settima. Esaminate le informazioni ricevute in data 10 aprile, nella seduta del 17 aprile 2019 ha deliberato la trasmissione alla Prima, che ha esaminato la pratica a partire dal 6 maggio, la prima utile dopo la sospensione dei lavori per le festività e dopo un periodo di assenza per convalescenza di qualche giorno del presidente Alessio Lanzi (sentita a Perugia, la segretaria generale del Csm Paola Piraccini aveva già precisato le stesse cose, ndr)». Ma ci sono degli aspetti che non tornano. Il Csm aveva iscritto quello di Fava come esposto sulla mancata astensione di Pignatone. Cosa c'entra, quindi, la Settima commissione che si occupa di ben altro (informatica giudiziaria, supplenze, disfunzioni degli uffici)? Torna centrale la pubblicazione degli articoli. Piraccini ne aveva parlato a Perugia, affermando che le carte erano arrivate al Csm alle 19 del 30 maggio 2019, ovvero solo dopo gli articoli di Corriere e Repubblica lamentati da Palamara. Che ai pm perugini ha anche detto: «Piraccini a sua volta era molto legata, come lo ero io, a Pignatone». Ipse dixit.