2023-10-15
Piazze piene di amici dei terroristi
In 5.000 sfilano a Milano in sostegno del gruppo autore dei massacri: «Non sono terroristi, stanno solo combattendo per la libertà». Poco prima un uomo ha urlato «Allah Akbar» e ha picchiato tre passanti. A Londra raduno pro Gaza, scatta l’allerta per gli attentati.«Ricordiamoci di ribadire sempre che Israele è uno Stato di occupazione nato e costituito sulla base di una pulizia etnica e che le forze di resistenza palestinese conducono una lotta di liberazione nazionale pienamente legittima: non sono forza terroristiche». È Davide Piccardo, già coordinatore del Caim (Coordinamento delle Associazioni Islamiche di Milano) a prendere la parola al termine della manifestazione a favore della Palestina che si è svolta ieri a Milano. È lui a sintetizzare il pensiero dei circa 5.000 manifestanti, dati della Questura, che hanno sfilato dalla Stazione centrale fino in viale Padova. «Proporre la soluzione finale contro Gaza, definire i palestinesi non umani è una cosa da nazisti che è quello che ha fatto il ministro della Difesa israeliano». Nei giorni in cui in tutta Europa sale il livello di allerta per possibili attentati dopo gli attacchi della scorsa settimana in Israele, con la Francia già alle prese con un altissimo livello di allerta, nelle piazze delle grandi città europee si riversano in migliaia per sostenere la causa palestinese. Non solo in Lombardia, ma anche a Torino, Pisa, ma soprattutto a Londra dove erano più di 50.000 a chiedere di fermare i bombardamenti su Gaza. Ed erano in migliaia anche ieri per le strade di Milano. Il corteo si è svolto senza incidenti. Organizzato dai giovani palestinesi per l’Italia, tra donne, bambini, bandiere siriane e egiziane, in tanti hanno sfilato per denunciare il «genocidio in corso a Gaza» come «i crimini dello Stato di Israele»: uno «Stato terrorista e criminale che sta uccidendo milioni di persone». Nessuno ha ricordato gli attentati compiuti da Hamas ai danni dello Stato ebraico. «Noi siamo semiti e siamo amici del popolo ebraico», dicono comunque gli organizzatori dal camion che apre il corteo. «Noi siamo contro il partito del sionismo, un’ideologia di morte che vuole fondare uno Stato sulla pulizia etnica, il genocidio e la colonizzazione». I manifestanti difendono l’espressione Allah Akbar, che «non è un’invocazione estremista». Dicono al contrario che si tratta di è un’espressione d’amore che vuol dire «Dio è grande». «E quando vedi un esercito di 300.000 persone marciare contro 2 milioni di donne e bambini disarmati, allora lo capisci che Dio è veramente grande». «Israele ha ucciso più di 700 bambini in meno di una settimana», continuano a ribadire dal palco. «Sta compiendo un vero genocidio con la complicità dell’Occidente, che diffonde notizie false e vieta le manifestazioni in solidarietà alla Palestina. Ma questa piazza è la migliore risposta a chi espone la bandiera israeliana davanti al Comune: il popolo italiano è con la Palestina». Caso vuole che nemmeno un’ora prima dell’inizio del corteo, in viale Monza a Milano un uomo sia stato fermato dalla polizia dopo aver aggredito tre persone in viale Monza a Milano, ferendone una non gravemente a pugni. Secondo quanto hanno riferito alcuni presenti, ma le loro dichiarazioni devono ancora essere vagliate, l’uomo avrebbe urlato «Allah Akbar». Per la polizia non ha alcun collegamento con il corteo, ma il fatto di cronaca fa salire la tensione dopo che il ministro Matteo Piantedosi ha già ribadito come ci si possa aspettare «dei mesi difficili e complicati: è opportuna tenere alta la tensione». Come detto, ieri pomeriggio migliaia di persone si sono radunate nel centro della City a Londra per manifestare il proprio sostegno e solidarietà nei confronti di Gaza. Sono scattate misure speciali, compresa la chiusura di 3 scuole ebraiche per motivi di sicurezza. I partecipanti, che si sono riuniti vicino al quartier generale della Bbc News, hanno marciato sventolando bandiere palestinesi e gridando slogan: «Free Palestine», «Occupation no more» e «Stop bombing Gaza». Stretta sorveglianza della Metropolitan Police, a piedi, a cavallo e in elicottero, che ieri aveva chiarito: «Non tollereremo la celebrazione del terrorismo o qualsiasi incitazione alla violenza». Nei giorni scorsi anche sui muri di Londra, come in altre città europee, sono state affisse le foto di uomini, donne e bambini rapiti da Hamas nell’attacco di sabato scorso. Oltre alle immagini, in alcuni casi strappate, è stato fatto un appello alla comunità islamica, chiamata a fare pressioni per favorire la liberazione degli ostaggi e contrastare la propaganda del movimento responsabile dell’attacco.All’indomani dell’attentato ad Arras, Parigi ha alzato il proprio livello di allerta a quello di «emergenza attentati» blindando il Paese. Ci sono stati momenti di tensione ieri mattina con il primo allarme bomba al Louvre, poi per lo stesso motivo nel pomeriggio è stata evacuata la Reggia di Versailles e la Gare de Lyon. L’Eliseo ha schierato 7.000 soldati della forza Sentinel sul territorio nazionale e, un particolare incremento della sorveglianza è stato disposto al confine italo-francese, zona peraltro già fortemente presidiata dai militari francesi per impedire l’ingresso di migranti irregolari dall’Italia.
Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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