Con la scusa del «pericolo fascista», il governo ipotizza di blindare i cortei. Oltre al pass, infatti, a montare la tensione ci penseranno le stangate: per pane, olio, caffè, latte e carne previsti aumenti del 20%. Impennata pure per carburanti, materie prime e bollette
Con la scusa del «pericolo fascista», il governo ipotizza di blindare i cortei. Oltre al pass, infatti, a montare la tensione ci penseranno le stangate: per pane, olio, caffè, latte e carne previsti aumenti del 20%. Impennata pure per carburanti, materie prime e bolletteSe non fosse che pasta e formaggio rincarano si potrebbe dire che al ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, e al presidente del Consiglio, Mario Draghi, l’assalto criminale alla Cgil è cascato come il cacio sui maccheroni. Tra Viminale e Palazzo Chigi, con ovvio supporto del Pd a cui le piazze piacciono solo se le riempiono i sindacati alla vigilia del voto amministrativo (il silenzio elettorale? e che gli fa…) si fa un gran parlare di vietare i cortei, di dare un giro di vite alle manifestazioni. Dopo il caos di sabato - non hanno fatto nulla per fermarlo, va detto - temono che venerdì si replichi e soprattutto c’è in vista il G20 e Draghi, l’uomo che tutto può, non può però permettersi una brutta figura planetaria. Sanno che la gente ha moltissimi motivi per essere arrabbiata: la carta verde è solo uno dei tanti. Si comincia a sentire il vento gelido della miseria, ma non si può consentire al popolo - come invece prescrive la Costituzione antifascista - di manifestare il dissenso mettendo in crisi la narrazione delle magnifiche sorti e progressive del governo, col ministro della pubblica amministrazione, Renato Brunetta, entusiasta perché, con il ritorno al lavoro in presenza dei pubblici dipendenti, «il Pil farà più 6,3 %». L’unico segno più che gli italiani stanno percependo è un aumento abnorme dei prezzi, con l’inflazione a settembre certificata dall’Istat al più 2,6, con un balzo che non si vedeva da dieci anni. In ottobre le premesse sono da incubo. In Europa siamo al 3,4% e credere che la Bce - ha l’ obbligo statutario di tenere l’inflazione sotto il 2% - non riduca più prima che poi il programma di acquisto titoli antipandemico sembra ottimistico. Se Christine Lagarde stringe i cordoni della borsa e alza i tassi, ci accorgeremo che il Pnrr è una fregatura. Però il ministro economico Daniele Franco si bea che il Fondo monetario internazionale certifichi un’Italia al più 5,8% a fine anno! Nel 2020 abbiamo perso il 9, ma c’è il salvifico Pnrr. Ma ha cominciato a capire - e su La Verità è stato spiegato a più riprese - che in Europa non ci sono pasti gratis. La maratona che Mario Draghi sta imponendo ai ministri sulle riforme - non importa come - è per tentare di soddisfare le condizionalità pesantissime messe da Bruxelles. Ci sta che non bastino e potrebbe essere che l’Europa ci chieda di aumentare le tasse. Perché visti gli andamenti economici (la Cina si sta piantando, mancano le materie prime con centinaia di navi ferme in rada per la crisi dei porti e da venerdì, se si fermano i camalli di Trieste e di Genova che protestano per il green pass, si fanno due risate, le fiammate inflazionistiche, i prezzi dell’energia fuori controllo) a Bruxelles i «frugali» cominciano a domandarsi se il debito dell’Italia sia sostenibile. Converrà al governo una lettura approfondita dei Promessi Sposi. Ci siamo liberati del Giuseppe Conte-zio, ma lo scenario è drammaticamente manzoniano: dopo la peste ci fu l’assalto ai forni. Fermarlo per decreto diventa difficile anche perché i listini non mentono. In un mese il pane è aumentato di un euro al chilo, la pasta di 40 centesimi, dall’olio al caffé, dal latte alla carne si prevedono aumenti medi sopra al 20%. L’allarme lo ha dato la Coldiretti, ma non lo ascoltano. S’impennano i costi di trasporto, sempre che con il green pass obbligatorio i camion non si fermino proprio, aumentano le materie prime: dai foraggi per gli animali agli imballaggi. C’è l’insostenibile pesantezza del pieno con il metano oltre i 2 euro, la benzina idem, per non dire di elettricità e gas domestici che si avviano a rincari tra il 27 e il 40%. C’è chi ha fatto i conti e per le famiglie la «ripartenza grazie al green pass» significa una spesa annua in più compresa tra 1.300 e 1.880 euro. Una stima credibile s’aggira sui 1.560 euro di aumenti: 475 per scaldarsi, 768 tra alimentari, carburanti e trasporti e 500 euro di bollette. In pratica gli italiani si sono già giocati uno stipendio. Sempre che il green pass non aumenti la disoccupazione e che le fabbriche funzionino. A guardare a quello che accade all’Iveco di Brescia non c’è da stare tranquilli. Dal 18 al 22 ottobre chiude per mancanza di materie prime. E non è un caso isolato. Col green pass però si riparte e con il green deal si respira meglio. Anche su questo non si ha il coraggio di dire la verità: la transizione ecologica per andare dietro alle intemerate di Greta Thunberg ha un costo altissimo. Il ministro Roberto Cingolani peraltro lo ha spiegato: ci sarà una forte tensione sull’energia. Tutti dicono che è una febbre passeggera. Intanto il petrolio sta sopra gli 80 dollari al barile e il metano continua una corsa senza freni. I tre miliardi messi dal governo per sterilizzare le bollette sono già finiti: il prossimo trimestre sono previsti rincari ulteriori per oltre il 40%. E ora comincia a far freddo! La Deutsche Bank lo ha previsto: se volete queste politiche ambientali dovete instaurare un’ eco-dittatura. Pare che il governo mettendo sotto chiave le piazze per il pericolo fascista si stia portando avanti col lavoro.
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