2023-03-01
Piantedosi ha ragione: meno traversate, meno morti
Che cosa ha detto di tanto strano Matteo Piantedosi da meritare titoli in prima pagina della maggior parte dei giornali italiani? Una cosa ovvia, magari graffiante come la carta vetrata, soprattutto se si è di fronte a una tragedia con decine di vittime tra cui molti bambini, ma comunque evidente. Per il ministro dell’Interno «la disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo le vite dei propri figli». E che cosa c’è di scandaloso in tutto ciò? Perché a sinistra hanno definito le parole del numero uno dei Viminale «indegne», «inaccettabili», «disumane», per arrivare poi a chiedere le dimissioni dell’uomo a cui è affidata la responsabilità delle forze dell’ordine? Non è forse vero che per quanto si sia disperati e si voglia fuggire da un Paese per dare un futuro migliore alla propria famiglia, il viaggio non può essere intrapreso mettendo in pericolo la vita stessa dei figli?Chi è salito sulla barca che si è spezzata in mare di fronte alla spiaggia di Cutro non immaginava che la traversata sarebbe finita così, con una strage. E però il mare grosso era visibile fin dall’imbarco, così come le condizioni della carretta su cui erano stati stipati centinaia di uomini, donne e bambini. Certo, chi parte in quelle condizioni, con appena un sacchetto contenente poche cose - un po’ di cibo, un paio di bottigliette d’acqua e qualche ricordo - dev’essere molto disperato per affrontare un simile viaggio senza sapere dove approderà e se riuscirà a essere accolto. Ma la disperazione può arrivare fino a mettere in pericolo la vita dei propri cari? E fino a che punto si è disperati, cioè pronti a tutto, se si è in grado di pagare migliaia di euro (si parla di cinque, forse addirittura ottomila a persona) pur di salpare? No, il ministro dell’Interno non ha detto nulla di indegno, di inaccettabile o disumano, come pretende la sinistra. Ha solo rappresentato la realtà, facendo osservazioni logiche, che qualsiasi padre di famiglia fa, in condizioni disperate o meno. Del resto, per spazzare via le polemiche è sufficiente leggere l’intervista che ieri il Corriere della sera riportava a fondo pagina, sotto ai titoli roboanti che riguardavano la polemica attorno alle frasi di Piantedosi. A parlare è un immigrato afghano che si è salvato dal naufragio e già il titolo dà ragione al responsabile del Viminale: «Ho perso moglie e tre figli, non dovevo portarli». L’articolo si apre con le parole ripetute di Javed: «È tutta colpa mia… Tutta colpa mia. Non avrei dovuto… Per salvarmi ho perduto tutto». Fuggiva dai talebani con la propria famiglia ed era arrivato in Turchia. Forse avrebbe potuto aspettare, valutare meglio le condizioni del mare, dare uno sguardo al peschereccio che avrebbe dovuto portarli in Europa, informarsi sull’esperienza di chi avrebbe dovuto condurre in un porto sicuro quella bagnarola. So che non è facile, per chi è disperato e non ha più una casa né una patria e sogna di poterle ottenere entrambe partendo a ogni costo. Ma questa è la realtà: «La disperazione non può giustificare la decisione di mettere a rischio la vita dei propri figli». Troppe volte i viaggi della speranza si sono interrotti sui fondali del mare. Troppe volte la facile promessa di un futuro migliore, di un soccorso in mezzo al mare che consentisse di lasciarsi alla spalle miseria e paura, si è conclusa con un naufragio e decine di vittime. C’è un dato incontrovertibile: più migranti arrivano inseguendo il sogno di trovare sulle nostre coste l’America o per lo meno l’Europa, e più si contano i morti. Le Ong che tanto piacciono ai Saviano e alla compagnia di radical chic alla quale appartiene anche la neo eletta alla guida del Pd, non sono la soluzione del problema, ma contribuiscono ad aggravarlo. La garanzia di un aiuto troppo spesso infatti si trasforma in una garanzia di morte. Dunque, lasciamo perdere le polemiche e le recriminazioni sullo stop alle navi delle organizzazioni non governative: l’unico modo per evitare tragedie come quella di Cutro è ridurre al minimo le partenze. Non esiste altra soluzione e infatti, quando anni fa le agenzie di stampa diffusero la foto di Alan Kurdi, un bambino siriano di tre anni morto affogato mentre cercava di raggiungere la Grecia, la risposta non fu affidata alle Ong, per facilitare imbarchi e sbarchi dalla Turchia verso l’Europa. No, Bruxelles, per ordine della generosa e umanissima Angela Merkel, staccò un assegno da sei miliardi di euro (ovviamente a carico di tutti i Paesi Ue) a favore di Recep Tayyp Erdogan, affinché rinchiudesse i migranti nei campi profughi, impedendone le partenze. Pragmatismo tedesco? Misura indegna, inaccettabile e disumana? Sì, ma non ricordo proteste degli indignati speciali, come invece ho sentito per la strage di Cutro. Del resto, quelli che oggi strepitano sono gli stessi che di fronte a una nave carica di migranti colata a picco dalla nostra marina militare sono rimasti in silenzio perché a Palazzo Chigi non c’era la destra, ma la sinistra.
Laura Boldrini e Nancy Pelosi (Ansa)