2021-05-30
Il 13% degli italiani versa il 59% dell'Irpef e finanzia il welfare per il 60% della popolazione che ne gode gratis. Anziché proporre la «dote» ai diciottenni, si scoraggino evasione ed elusione correggendo quest'ingiustizia.La proposta del segretario dem di introdurre una «dote» per i diciottenni al fine di ridurre le «disuguaglianze», molto care ai radical di sinistra e aiutare la fantomatica «generazione Covid», iper danneggiata dalla crisi pandemica, da finanziare con l'aumento della tassa di successione per i patrimoni che superano il milione di euro con la progressività per raggiungere, sopra i 5 milioni, l'aliquota massima dell'8% ma anche il 20%, ha scatenato una serie di reazioni, la più decisa delle quali l'ha pronunciata il presidente del Consiglio, Mario Draghi. Incidente concluso? No, il segretario del Pd rilancia, con quelli di Leu e parte del M5,s una proposta che non è né ingenua né onesta ma è la solita musica: i soldi si prendono dove ci sono; poi se chi li ha fatti ha faticato dieci volte rispetto a chi li prende, non importa nulla. Ma quello che stupisce di più sono le dichiarazioni di molti politici e dei partecipanti ai tanti talk show e l'assenza di qualsiasi considerazione critica. 1 Tutti se la prendono con i cosiddetti «ricchi», come a dire che se hai avuto successo, hai lavorato molto di braccia e cervello e hai dato da lavorare a molte famiglie, oltre ad avere avuto poco dallo Stato, sei colpevole per il solo fatto di essere riuscito e pagare una quantità di tasse superiori alla media non ti assolve. È un concetto pericolosissimo perché è l'opposto del premiare il «merito». 2 L'intero impianto della proposta si basa solo sul concetto di diritti; i doveri sono optional che si può anche trascurare. Indagare perché e per quali motivi ci sono 36,5 milioni di persone in età da lavoro e solo 23 milioni lavorano, mettendo l'Italia all'ultimo posto dei 28 Paesi per tasso di occupazione, con una distanza abissale rispetto ai migliori, non interessa; e neppure perché abbiamo il record dei Neet. Senza i doveri non ci sono diritti; se una sanità non funziona perché pochi fanno il loro dovere, il diritto alla salute è negato. 3 Questi partecipanti agli svariati talk show non conoscono o fingono di non sapere qual è la situazione italiana e l'enorme redistribuzione che già oggi avviene per finanziare l'eccessivo assistenzialismo; un «metadone sociale» che limita anziché aumentare lo sviluppo. Solo doveri, merito, abnegazione fanno un Paese forte; nel secondo dopoguerra non avevamo doti a 18 anni ma andavamo al lavoro a 14 anni, magari studiando di sera e facendo anche secondi lavori pur di riuscire a dare un minimo di benessere alla propria famiglia e le condizioni di allora erano molto peggio di quelle di oggi; altro che disuguaglianze! Altro che ascensore sociale bloccato! Funzionava eccome! Bastava impegnarsi e oggi le condizioni sono ancora più favorevoli degli anni Cinquanta e Sessanta. E la situazione di oggi? Anzitutto chi paga le tasse: i contribuenti delle fasce di reddito lordo annuo da zero o negativi fino a 7.500 euro e da 7.500 euro a 15.000 euro sono 18.156.997, pari al 43,88% del totale, cui corrispondono 26,490 milioni di abitanti (rapporto tra abitanti e dichiaranti) e versano il 2,42% di tutta l'Irpef, pari a 4,15 miliardi di euro (meno di 32 euro a testa, 22 considerando i cittadini) e si suppone anche pochissimi contributi sociali, per cui, con molte probabilità, saranno dei futuri anziani assistiti; quelli tra i 15.000 e i 20.000 euro di reddito lordo sono 5,724 milioni, versano il 6,56% dell'Irpef totale, pari a 11,255 miliardi e una imposta media di 1.966 euro, che si riduce a 1.348 euro per cittadino, un importo ancora insufficiente a coprire per intero anche il solo costo pro capite della spesa sanitaria (1.886,51 euro); questi primi tre scaglioni di reddito, che rappresentano circa il 60% della popolazione versano 15 miliardi di Irpef (l'8,98% del totale) e sono quindi a quasi totale carico di altri cittadini. Il grosso del carico fiscale grava sul 13,07% di contribuenti con redditi da 35.000 euro in su, che versano circa il 58,95% di tutta l'Irpef e che non beneficiano, se non marginalmente, di bonus, sconti, agevolazioni, detrazioni e deduzioni. Insomma, il 57,72% è a totale carico, un 29,21% è quasi autosufficiente e tutto grava sul 13,07% cioè su poco più di 5,5 milioni di contribuenti su oltre 41 milioni. Per garantire a questo 60% circa di cittadini i servizi sanitari occorrono 50,325 miliardi; per l'assistenza occorrono altri 70,07 miliardi, mentre per l'istruzione altri 53,89 miliardi. Per queste sole tre funzioni, seppur di rilevante importo la ridistribuzione totale è pari a 174,28 miliardi, cioè più dell'intero gettito Irpef. È credibile per un Paese che al gioco d'azzardo spende ogni anno oltre 120 miliardi, per non parlare delle spese per animali da compagnia, alcol o tossicodipendenze (siamo nei primi dieci posti della classifica), un così basso numero di paganti e una così alta redistribuzione? Non è che la gran parte dell'evasione ed elusione fiscale e contributiva che caratterizza il nostro Paese, primo in Europa in base alla relazione approvata dal Parlamento europeo, sia nel fatto che più tasse si pagano meno servizi pubblici si ricevono, mentre meno tasse si pagano e maggiori sono le prestazioni sociali e i servizi ricevuti da Stato, Regioni e Comuni? E non è che a continuare a parlare di disuguaglianze, di redistribuzione e di far «piangere» i ricchi, anziché di merito e doveri, si perpetui la situazione in cui l'Italia resterà il fanalino di coda per occupazione, competitività e sviluppo? E infine chi stabilirà se l'erede cui tassare il lascito del padre è un cretino mentre il beneficiario della «dote Letta» è meritevole?
(IStock)
Nuovi emendamenti al ddl: «Il suicidio assistito mai a carico dello Stato». Ira dei dem: «Così è impossibile una mediazione».
Christine Lagarde (Ansa)
I tassi restano fermi. Forse se ne parlerà a dicembre. Occhi sulla Francia: «Pronti a intervenire per calmare i mercati».
Peter Mandelson, amico di Jeffrey Epstein, e Keir Starmer (Getty)
Il primo ministro: «Rimosso per rispetto delle vittime». Pochi giorni fa lo difendeva.