2020-06-20
Piagnisteo di Fazio con Travaglio per evitare la sforbiciata della Rai
Il conduttore fa la vittima in un'intervista con il Fatto Quotidiano, poiché la rete ha disposto dei tagli per superare la crisi del Covid-19, e manda messaggi alla tv di Stato: «Se non mi vogliono, lo dicano». È il giorno del cilicio e Fabio Fazio sa come usarlo. Il fratacchione della tv di Stato, come da folgorante definizione di Vincenzo De Luca, conosce perfettamente i riti di rinuncia e contrizione; questa è la sua quaresima, il suo ramadan. «Se la Rai non mi vuole me lo dica, trovo ogni limite superato». E giù il pianto greco. Questo è il periodo in cui l'intoccabile conduttore, re del progressismo strisciante in salsa curiale, soffre. Terribilmente soffre, si agita e si atteggia a vittima: un anno perché il contratto milionario da 2,2 milioni a stagione è in scadenza, un altro anno perché lo spostano di rete, un terzo anno perché sta chiedendo l'aumento. Un rosario.Anche questa volta il motivo è elementare: il cda, su proposta dell'ad Fabrizio Salini, l'altroieri ha approvato una norma per limitare le produzioni esterne e valorizzare le risorse interne, mantra del dirigente in quota pentastellata rimasto per due anni un'enunciazione di principio. La regola, in vigore da sempre in ogni altra azienda pubblica, s'impone nel periodo post Covid con la Rai in contrazione pubblicitaria (attorno al 50% come tutti) nei mesi della grande paura e della non ripresa. Anche Fazio è coinvolto nella sforbiciata, sia come conduttore che percepisce il tetto di 240.000 euro, sia come proprietario del 50% della casa di produzione Officina che realizza Che tempo che fa. Dalla prossima stagione non potrà più essere pagato due volte.Così arriva il giorno della vittima. Quello in cui rilascia un'intervista al Fatto Quotidiano perché «la norma anti Fazio mi obbliga a dire la mia». Il sosia ligure di Bashar El Assad immette aria nei polmoni e d'un fiato enumera le ragioni per le quali sarebbe un fiammiferaio indifeso ed emarginato. Comincia da Matteo Salvini: «Ho subìto 123 attacchi dall'ex ministro dell'Interno, dalla Rai sono arrivati 123 silenzi. E dopo due anni ecco che trasloco su Rai 2». Insinua tradimenti, poi la mette sul famigliare: «Se vieni attaccato dal capo del Viminale, hai una vita normale e due figli da portare a scuola, non sai mai chi sono i seguaci del ministro». Salvini non è più al governo da quasi un anno, difficile intestargli l'uso delle forbici. La Rai è ancora più orgogliosamente di sinistra ma Fazio finge di vivere una vita precedente. Poi critica le regole interne e le descrive come camicie di forza per la sua creatività: «La Rai ha ottime professionalità, ma da azienda pubblica ha troppe regole che rendono impossibile la produzione interna. Di domenica non si può neppure comprare un mazzo di fiori». Siamo al capriccio con messaggio finale: «Se lo ritengono utile posso continuare, l'importante è non diventare un campo di battaglia né un palo di esibizione. Ho un contratto ancora per un anno e sto lavorando a un nuovo progetto per Rai 3, una storia agiografica della tv. Il prolungamento del contratto non è scontato». Segnali di fumo, mezze frasi, tutto l'armamentario utile a radiografare il mal di pancia da cura dimagrante economica. Il programma ristagna, i piedi di Luciana Littizzetto non hanno segreti per l'intero Paese e le omelie del fratacchione sembrano avere stancato. Nella maledetta primavera del virus è sorto un nuovo problema: Non è l'arena di Massimo Giletti ha cominciato a battere Che tempo che fa nella sfida dell'audience. Brutto segno per Fazio, anche perché l'idea di riportare in Rai il conduttore de La7 è sempre meno latente. Così l'intoccabile si sente vittima. Un ruolo poco credibile per vari motivi. Primo: grazie al contratto blindato firmato al tempo di Mario Orfeo direttore generale (suo sponsor interno tornato in auge) nessuno conosce i contenuti del programma e quindi può eventualmente intervenire. Indipendenza totale. Secondo: nessuno può imporre a Fazio regole valide per tutti, visto che durante il lockdown l'unico esterno presente in uno studio Rai è stato Roberto Burioni da lui. Terzo: dietro la foglia di fico dell'intrattenimento nessuno può mettere in discussione l'indirizzo politico degli ospiti, clamorosamente inclinato a sinistra (l'exploit di Carola Rackete è indimenticabile). Fazio è formidabile, fa politica denunciando la presenza della politica. Nell'intervista fa risalire un non meglio identificato astio proprio a una sua presunta presa di posizione anticonformista (sarebbe una notizia epocale): «Tre anni fa quando ero già serenamente avviato altrove e la Rai mi chiese di restare mi scappò detto che la politica non doveva più entrare nella tv. Da allora iniziò la guerra perché la mia frase fu letta come una questione personale. Un linciaggio senza eguali». Sente l'odore del napalm, vede improvvisi conflitti, proprio lui che bypassò intere redazioni ed ebbe il privilegio (si dice veicolato diplomaticamente dal Quirinale) di intervistare, si fa per dire, Emmanuel Macron. La sua sindrome dell'assedio è surreale e ha ragioni «altre» fin troppo evidenti. «È un classico comunista col cuore a sinistra e il portafoglio a destra», disse un giorno Roberto Fico. Tre ospitate e ha cambiato idea.
(Totaleu)
«Tante persone sono scontente». Lo ha dichiarato l'eurodeputato della Lega in un'intervista al Parlamento europeo di Strasburgo.
Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea (Getty Images)
Manfred Weber e Ursula von der Leyen (Ansa)