2019-04-05
Il Partito democratico americano è sempre più ingarbugliato. E sono tempi duri per Joe Biden
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L'ex vicepresidente americano è infatti finito sotto il fuoco incrociato dell'ala sinistra del Partito democratico. Un autentico tiro al piccione, che si inscrive nel più generale quadro della faida tra radicali e moderati che, ormai da quasi tre anni, si sta consumando tra le file dell'Asinello. Una faida nel mezzo di cui il centrista Biden si è ritrovato, pur non avendo ancora formalmente sciolto le riserve per una sua candidatura in vista delle primarie democratiche del 2020. D'altronde, i fronti di scontro in cui è rimasto invischiato non sono affatto pochi. Alcuni, poi, si rivelano particolarmente spinosi.Innanzitutto, le galassie del movimento Me too hanno di fatto dichiarato guerra all'ex senatore del Delaware. Pochi giorni fa, una donna politica democratica del Nevada, Lucy Flores, ha accusato Biden di averle indebitamente toccato e baciato la testa nel 2014. Lui ha replicato di non ritenere di aver agito in modo inappropriato. Ciononostante alcuni dei candidati alla nomination democratica, come Elizabeth Warren e Julian Castro, hanno attaccato l'ex vicepresidente, sostenendo di credere a quanto riportato dalla donna. Negli ultimi giorni, poi, altre donne (sette in totale) hanno mosso accuse simili. Ma non è tutto. Perché un altro spettro ha iniziato a "perseguitare" Biden sullo stesso fronte: il caso di Anita Hill. Quest'ultima aveva accusato il giudice conservatore, Clarence Thomas, di condotte sessuali inappropriate, durante il processo di ratifica in Senato della sua nomina alla Corte Suprema nel 1991. Joe Biden, all'epoca presidente della commissione giudiziaria al Senato, è stato più volte accusato di non aver dato abbastanza credito alle affermazioni della donna. Elemento per cui recentemente ha anche pronunciato un pubblico mea culpa.In secondo luogo, l'ex vicepresidente rischia di trovarsi contro una buona parte delle minoranze etniche. Come ha recentemente ricordato il Washington Post, nel 1975 Biden si oppose alla "busing policy": una strategia politica che mirava a combattere la segregazione razziale, permettendo ai bambini - grazie agli autobus - di andare a scuola in zone che fossero al di fuori dei propri quartieri. Si mirava così a contrastare la ghettizzazione, favorendo l'integrazione degli afroamericani negli istituti scolastici. Nonostante infatti la segregazione nelle scuole fosse stata ufficialmente abolita dalla Corte Suprema nel 1954, in concreto non si erano fatti molti passi avanti. Ebbene, Biden si oppose a questa politica, fondamentalmente per venire incontro alla sua base elettorale in Delaware, che era non a caso in maggioranza contraria. Una scelta lontana nel tempo, ma che potrebbe costare caro all'ex vicepresidente nel caso decidesse di candidarsi alla nomination democratica del 2020.Il terzo ambito in cui Biden rischia poi di trovarsi in fortissima difficoltà è quello della politica estera. Da sempre collocato su posizioni destrorse, da senatore si è spesso mostrato affine alle idee dei falchi repubblicani alla John McCain. In particolare, nel 2002, votò a favore dell'invasione irachena. Un fattore che oggi potrebbe azzopparlo: non dimentichiamo infatti che - durante le primarie democratiche del 2016 - il senatore socialista Bernie Sanders attaccò più volte Hillary Clinton, proprio perché anche lei aveva sostenuto la guerra contro Saddam Hussein. Certo: è pur vero che Biden stia cercando di "riscattarsi", affermando di essersi opposto allo sciagurato intervento bellico in Libia del 2011: intervento, invocato primariamente proprio dalla stessa Hillary, all'epoca segretario di Stato. Ciononostante non è affatto detto che questo basti, in un clima avvelenato come quello che attualmente si respira all'interno del Partito democratico americano.Clima tanto più avvelenato se si pensa al fatto che, per la sinistra dem, Biden rappresenti quegli indigesti poteri forti contro cui - in maniera talvolta velleitaria - dicono di battersi gran parte dei suoi esponenti. In particolare, sotto i riflettori, sono finiti i munifici finanziatori dell'ex senatore. Mentre i candidati dem della sinistra - seguendo l'esempio di Bernie Sanders - stanno puntando tutto sulle micro-donazioni, Biden sta invece ottenendo l'appoggio dei grandi sovvenzionatori delle campagne elettorali di Barack Obama, potendo inoltre contare su abili figure specializzate in fundraising. Senza dimenticare poi che, ai tempi delle sue sfide per la conquista del seggio senatoriale, Biden abbia ricevuto il sostegno di grandi studi legali e lobbistici, oltre a foraggiamenti provenienti dal settore immobiliare. Tutto questo potrebbe contribuire a mettere in cattiva luce l'ex vicepresidente, che - qualora si decidesse a scendere in campo - rischierebbe di passare la metà del tempo a difendersi da chi prevedibilmente lo definirà "servo dei poteri forti".A tutto questo va poi aggiunto un forte sospetto di conflitto di interessi che potrebbe ulteriormente danneggiare la sua potenziale candidatura. Come ha recentemente riportato la testata The Hill, da vicepresidente - nel 2016 - Biden avrebbe esercitato forti pressioni sul presidente ucraino, Petro Poroshenko, affinché licenziasse il principale procuratore del Paese, Viktor Shokin. In questo quadro, Biden sarebbe addirittura arrivato a minacciare di ritirare un prestito da un miliardo di dollari, di cui l'Ucraina aveva particolarmente bisogno. Ufficialmente l'ostilità verso il procuratore nasceva dall'accusa secondo cui non si sarebbe occupato abbastanza di casi di corruzione. Ciononostante il punto è che, in quel periodo, Shokin aveva messo sotto indagine - proprio per sospetto di corruzione - una ditta di gas naturale, la Burisma Holdings, che aveva assunto il figlio di Biden, Hunter, due anni prima. Un'anomalia tutt'altro che irrilevante. Insomma, la situazione interna al Partito democratico risulta non poco ingarbugliata. Centristi e radicali non riescono ormai da tempo a parlarsi, trasformandosi sempre più in due campi opposti e inidonei a trovare una sintesi. Inoltre, il processo di radicalizzazione, che sta caratterizzando la sinistra dem, rischia di portare l'Asinello su posizioni settarie e incapaci di attrarre il voto degli elettori trasversali. I centristi scalpitano ma - come abbiamo visto - quello che dovrebbe essere il loro principale campione tentenna, ritrovandosi già esposto a un fuoco di fila non indifferente. Trump intanto gode. E, in questo marasma democratico, il soldato Biden farà molta fatica a salvarsi.