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2019-12-24
Per il cenone di Natale la tradizione suggerisce piatti di pesce
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Chissà se i padri conciliari potevano sospettare che a quasi mezzo millennio dalle loro deliberazioni si sarebbe prodotta una macroscopica eterogenesi dei fini? A saperlo, certo che sul Concilio di Trento in epoca di Europa traballante ci sarebbe da interrogarsi di nuovo nella distanza che c'è tra i predestinati luteran-calvinisti e gli uomini posti di fronte all'esercizio del libero arbitrio. Lasciamo stare, anche se l'eterogenesi dei fini di cui vado ragionando riguarda comunque una faccenda d'economia e di prezzi. E si perché i tridentini in risposta a Lutero raccomandarono - anzi per la verità imposero - ai cattolici di pentirsi e di contrirsi e di fare 200 giorni di magro all'anno ben oltre il periodo quaresimale. Si generò anche allora un (gustoso per noi) conflitto d'interessi. Venne incaricato di stilare l'elenco dei cibi di magro un porporato svedese anche se romanizzato Olao Magno che si ricordò dello stoccafisso pesce del Nord che entrò nella dieta dei cattolici (forse anche in contrapposizione alle aringhe di cui era ghiottissimo Martin Lutero) come piatto della vigilia. In realtà lo stoccafisso era arrivato ben prima in Italia grazie a un mercante nobile veneziano che naufragato nelle lontane Lofoten s'era riportato non senza periglio il pesce bastone. Pietro Quirini si chiamava questo navigatore che ha una sua centralità nella storia della Venezia di mercato e di nave, ma per quanto facesse il suo stoccafisso non ebbe un'immensa diffusione. Ci vollero i padri tridentini per dare una formidabile accelerata al consumo dello stoccafisso. Ma lì ci furono i portoghesi a farsi furbi. Avendo capito che i grandi merluzzi che vanno alle Lofoten passano prima dal golfo i Biscaglia, intercettavano i branchi e invece di farli seccare ai venti freddi del nord i pesci venivano puliti e salati. Ed è così che lo stoccafisso divenne piano piano piatto da ricchi e il baccalà salato piatto da popolani e questo spiega anche perché i tre grandi paesi cattolici Italia, Spagna e Portogallo siano i più forti consumatori di merluzzi tant'è che alle Lofoten al Quirini hanno fatto persino un monumento.
Ma l'eterogenesi dei fini non sta in questa storia - anche se ormai stoccafisso e baccalà hanno prezzi considerevoli assai - sta nel fatto che nel mangiare di magro si riteneva atto di penitenza e di contrizione contro il lusso del mangiar di grasso, oggi mangiare pesce costa molto di più che consumar carne. E tuttavia il cenone della vigilia non è rinunciabile. Almeno da Roma (compresa) in giù. Così capiterà nei prossimi giorni di assistere all'assalto alle pescherie con inevitabile rimbalzo dei prezzi. E con un'avvertenza che vi dobbiamo dare: di pesce italiano se ne pesca solo il 20% del nostro fabbisogno. Guardate perciò le provenienze del pesce che vi viene offerto come pescato, in etichetta deve essere riportata la zona Fao o di cattura o di allevamento. Quella che contraddistingue il Mediterraneo e il Mar Nero è la zona Fao 37 poi ci sono le sottozone. Le nostre sono 37.1.3 la Sardegna e il mar di Sardegna, la 37.2.1 l'Adriatico e la 37.2.2 lo Ionio, queste sono le sottozone italiane. Siccome il pesce di cattura costa tanto e, soprattutto, ce n'è poco, è conveniente affidarsi al pesce allevato che è ottimo con la precauzione di preferire quello italiano. Ottime informazioni le trovate sul sito istituzionale delle camere di Commercio per il programma europeo sul pesce che è www.hellofish.it.
Un discorso a parte va fatto per il capitone, l'anguilla femmina che è per alcuni irrinunciabile. A Napoli per esempio non si fa vigilia senza capitone, ma lo stesso vale a Roma, nel ferrarese, in Sardegna. Ebbene quest'anno i capitoni sono quotati direttamente a Wall Street, il motivo è che l'anguilla è una specie in via d'estinzione perché non si riesce a riprodurla in allevamento. La si fa ingrassare in allevamento ma la deposizione delle uova avviene sempre nel mar dei Sargassi e pensate che le anguille nuotano tutto l'Atlantico per arrivare da noi. A farle fuori però non è la tradizione italiana (si mangia il capitone perché essendo simile al serpente nell'attesa della nascita di Gesù si sconfigge così il male) quanto la cattura sistematica fatta dai giapponesi in Mediterraneo, è la stessa storia del tonno rosso anche se ora i tonni stanno meglio.
Detto tutto questo cerchiamo di capire perché si mangia di magro alla notte di Natale. La ragione è sempre liturgica. La nascita di Gesù segna la fine dell'Avvento e l'inizio della nuova era, dunque l'attesa della nuova era richiede purificazione e il digiuno e l'astinenza sono purificatori. In più il pesce è uno dei simboli del Nazareno. La storia è affascinante e rimanda agli albori del cristianesimo quando i seguaci di Gesù erano perseguitati. Quando due si incontravano per riconoscersi tracciavano ognuno un arco di cerchio: intersecandosi i due segni davano la figura stilizzata di un pesce. E pesce in greco si scrive «ichthys» e in maiuscolo le lettere greche (ΙΧΤΨΣ) sono l'acronimo di Iesous Christos Theou Yios Soter che significa Gesù Cristo Salvatore Figlio di Dio. E la storia del Nazareno con i pesci non è finita perché ricorderete che dopo il primo miracolo del tramutare l'acqua in vino alle nozze di Cana su preghiera della Madonna, Gesù compie il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci che tra l'altro è il solo oltre la resurrezione a essere riportato in una versione quasi identica da tutti e quattro gli evangelisti. E si dice che di fatto prefiguri l'eucarestia. Perciò il mangiare pesce alla vigilia di Natale è aderire al cammino di Gesù.
Se nell'insalata di rinforzo tanto cara ai napoletani, al loro capitone, se nel baccalà alla lucana con tanto di peperoni cruschi ci sia consapevolezza di tutto questo è difficile da dire, sta di fatto che per molti il cenone di Natale è la vera festa perché è l'attesa dell'evento. Ma a questo punto conviene mettersi a tavola e cercare di immaginare un cenone che stando nei canoni della tradizione ci dia soddisfazione. Abbiamo immaginato tre menù per quattro persone da 100, 200 e 300 euro per tutti e quattro i commensali con a parte la spesa dei vini. Andiamo in cucina.
Menù da 100 euro
Come antipasto ci rivolgiamo al pesce azzurro in parte fresco e in parte conservato.
Tortino di alici - Una ricetta molto semplice e gustosa. Servono 4 cocottine e poi questi ingredienti: 40 alici (dieci a persona) due patate di media grandezza, tre o quattro cucchiai di pangrattato, un po' di granella di pistacchio (o di mandorle), un mazzetto di basilico, sale, pepe, olio extravergine di oliva.. Si procede così. Si aprono le alici a libro (si toglie la testa e la lisca centrale) si sciacquano e si fanno riposare. Nel frattempo con la mandolina si riducono a lamelle le patate e poi si insaporisce il pangrattato con il basilico stracciato fine a mano, il sale, il pepe e il pistacchio. Si ungono i le cocottine e si foderano con le lamelle di patate poi si procede a sistemare le alici alternandole al pangrattato. Si chiude con il pangrattato e si va in forno a 180 gradi per una ventina di minuti.
Patè di sardine rosso - Sembra una citazione dall'attualità politica e invece è una crema da servire con crostoni di pane ben caldi. Ingredienti:due scatole di sardine sott'olio, un po' di concentrato di pomodoro, una decina di pomodori secchi sott'olio, una cipolla rossa dolce e due cipollotti, sale, un po' di peperoncino rosso. Preparazione. Togliete le sardine dall'olio di conserva, sgocciolatele bene, privatele se ci sono delle lische residue. Ora mettete nel mixer le sardine, il concentrato di pomodoro (un cucchiaio circa) i pomodori secchi la cipolla e al minimo fate andare fino a formare una crema. Se serve aggiungete un po' di olio extravergine, se piace qualche caper ben dissalato. Ottenuta la rea fatela riposare in frigo e poi servitela spalmandola su crostoni di pane ben tostati e caldi.Siamo al primo piatto. E la scelta può essere di fare un grande classico come gli spaghetti alle vongole oppure una buonissima pasta al sugo di sgombro che è pesce azzurro economico e non può che essere freschissimo. Scegliamo la seconda.
Pasta col sugo di sgombro - Ingredienti: 600 grammi di sgombri puliti e sflilettati, due cucchiai di olive nere, un filetto di acciuga dissalato, due spicchi d'aglio, olio extravergine di oliva, sale, una punta di peperoncino, quattro pomodori pelati, dodici pomodori ciliegino, sale, 400 grammi di pasta di semola di grano duro (il formato che più piace) un mazzetto di prezzemolo fresco. Procedimento: in una padella fate scaldare l'olio con gli spicchi d'aglio e il filetto d'acciuga, quando l'aglio è dorato eliminatelo. Tagliate in quattro i pomodorini e fateli saltare nell'olio, aggiungete i pelati, abbassatela fiamma ora mettete il pesce e fatelo andare dolcemente nel tempo che si lessa la pasta. Se serve sfumate con un po' di vino bianco. Aggiustate di sale peperoncino. All'ultimo aggiungete le olive nere che avrete denocciolato. Fate saltare la pasta nel sugo e guarite con il prezzemolo tritato.In un cenone che si rispetti non può mancare il fritto.
Senza spendere una follia ecco una sorpresa che potete fare ai vostri amici.
Cavolfiore e cozze fritti - Vi servo un cavolfiore molto piccolo, una quarantina di cozze, due uova, 150 grammi di farina doppio zero, una bottiglietta di birra, olio per friggere, sale qb. Preparazione: in una pentola fate aprire le cozze poi lasciatele raffreddare, liberatele dai gusci e tenetele da parte. Con l'aiuto di un coltellino dividete il cavolfiore in cimette poi lessatelo o meglio ancora cuocetelo a vapore lasciandolo però croccante. Ora preparate la pastella sbattete le uova ben fredde in una terrina, aggiungete la farina a fontana e poi la birra freddissima (se serve allungate appena con dell'acqua gassata anch'essa fredda). Scaldate in una padella meglio se di ferro l'olio per friggere e quando sarà a temperatura (verificatelo con uno stecchino quando fa le bollicine e ok) passate il cavolo e le cozze nella pastella e poi friggete pochi pezzi per volta. Fate asciugare la frittura e aggiustate di sale.
Ed ecco un secondo piatto di pesce di facilissima preparazione e dal costo non elevato. Oltretutto la forma del pesce ricordando un po' l'anguilla vi aiuta nella scaramanzia e le verdure di accompagno fanno contorno.
Palombo al forno - Vi servono 800 gtammi di palombo in filetto, ma anche a trancio, abbondante pangrattato, erbe aromatiche (timo, maggiorana, basilico, un po' di paprica dolce) 500 grammi di pomodori datterini, due patate di medie dimensioni, due cipollotti, quattro o cinque cucchiai di olive taggiasche, pepe, sale, olio extravergine di oliva. Procedete così. Lavate il pesce e asciugatelo bene. Nel frattempo aromatizzate il pangrattato con le erbe aromatiche salate appena. Ora ungete i filetti di pesce e passateli nel pangrattato. Con la mandolina fate a fette sottilissime e patate, tagliate a metà i pomodorini che condirete con un po' di sale, di pepe, di extravergine di oliva e di origano, tagliate a metà i cipollotti. In una teglia da forno bardata con carta-forno sistemate le patate, poi i filetti di pesce, i pomodorini le olive e i cipollotti. Mandate in forno a 200° per una ventina di minuti fin quando le patate non saranno cotte e la panatura dorata.
Eccoci arrivati al dolce. Si può fare un cosa molto fresca e semplice ma assai gustosa e in qualche modo rituale.
Coppa di mascarpone agli agrumi - Servono due arance non trattate o quattro-cinque mandarini, 350 grammi di mascarpone, due uova, 125 gran di zucchero, una ventina di amaretti. Procedimento: montate con la frusta a bianco i rossi d'uovo con lo zucchero. Devono risultare spumosi. Tenete da parte gli albumi che monterete a neve ferma. Nel frattempo spremetegli agrumi e filtrate il succo. Incorporate il mascarpone ai rossi d'uovo, aggiungete il succo degli agrumi stando attenti che la crema non risulti troppo liquida e ora incorporate le chiare montate a neve lavorando dal basso verso l'alto. Se volete potete candire le bucce degli agrumi in sciroppo di zucchero. Ora sbriciolate gli amaretti sul fondo di quattro coppette e sistemate in ogni coppetta un po' di mousse decorando con altri biscotti o con le scorze candite.
I vini per accompagnare questo menù possono essere un Prosecco in apertura con gli antipasti, un Verdicchio di Matelica o dei Castelli di Jesi e infine un Asti spumante. In tutto spenderete per i vini attorno ai 35 euro.
Menù da 200 euro
Come alternativa al "solito" salmone - sia chiaro quando è di altissima qualità è un piacere assoluto del palato - si può cominciare il cenone con un prodotto italianissimo: la trota affumicata.
Mousse di trota affumicata - Servono 300 grammi di trota affumicata di cui 100 grammi in fettine sottili, 150 grammi di ricotta di primissima qualità, 180 grammi di panna di latte da montare, 50 grammi di uova di trota, due cucchiai di gin, due uova sode, tre cetriolini sotto-aceto, dieci fogli di gelatina. Procedimento. Per prima cosa mettere a rinvenire in acqua tiepida la gelatina in fogli.Nel bicchiere del mixer frullare 200 grammi di trota fino ad ottenere una crema, aggiungere ora la ricotta e la panna montata ma non ferma. Mescolare e fino ad ottenere la mousse. Ora in una casseruola sciogliere nel gin i fogli di gelatina ben strizzati e incorporarli alla mousse insieme ai cetriolini che saranno stati sminuzzati. Foderare uno stampo rettangolare con le fettine di trota poi adagiare una parte del composto nello stampo, sistemare le due uova al centro ricoprire con la restante mousse e chiudere il tutto con le fettine di trota. Andare in frigo per almeno cinque ore. Al memento di degustare la terrina tostare del pane e servirlo con le fettine di mousse.
Polpo e patate in cocktail - È un classico della cucina di mare ma in questa preparazione si osa un po' di più. Servono quattro bicchieri da Martini cocktail, un polpo di almeno un chilo, due foglie di alloro, bacche di ginepro, un bicchiere di vino rosso, quattro patate di media grandezza, abbondante erba cipollina, due pomodori pelati, uno spicchio d'aglio, due filetti d'acciuga dissalati, aceto di vino rosso, olio extravergine di oliva, sale e pepe.Si procede così. In una casseruola si fa lessare il polpo semplicemente con alloro, ginepro il vino rosso, un po' di sale, le bacche di ginepro. Il polpo va fatto sobbollire per almeno un ora nella sua acqua.. Ne frattempo si lessano le patate con la buccia, poi si sbucciano e si lasciano raffreddare.Una volta che i polpo è cotto si separa la sacca da tentacoli ce taglieremo a circa tre quarti della loro lunghezza. Riduciamo a listarelle la sacca del polpo e la parte iniziale dei tentacoli. Facciamo scaldare in una padella l'aglio con l'olio e facciamo stemperare i filetti di acciuga, poi aggiungiamo i pelati e facciamo tirare, aggiustiamo di sale peperoncino e facciamo saltare nel sugo le listarelle di polpo. Ora prendiamo le patate schiacciatele condiamo con olio sale, aceto, pepe ed erba cipollina tritata finemente.
Sul fondo del bicchiere da cocktail sistemiamo il polpo passato in padella ben caldo, poi uno strato di patata e finiamo con due tentacoli che avremo passato in griglia per un paio di minuti.
È il momento del primo e stavolta facciamo un primo piatto motto ricco, facile da preparare e suadente.
Corona di riso alla crema di scampi - Vi servono 350 grammi di riso Carnaroli, due cipolle bianche, sedano, carato, burro, concentrato di pomodoro, 800gr di scampi e 16 mazzancolle di ottima qualità, un bicchierino di brandy, mezzo bicchiere di vino bianco secco, 50 gr di burro, tre cucchiaio di panna da cucina, sei o sette pomodorini ben maturi. Procedimento. Sgusciate a crudo gli scampi, tenete da parte le code che proverete dell'intestino. Ora in una pentola fate il fumetto di pesce. Fate tostare in un po' di olio extravergine le teste degli scambi ed estraete tutti i succhi aggiungete acqua con sedano carota e cipolla e fate andare a fuoco moderato. Occupatevi della crema di scampi. In una casseruola fate fondere un po' di burro con un trito finissimo e appena accennato di cipolla, adagiatevi le code di scampi e fate loro prendere colore, sfumate con il brandy, aggiungete un accenno di concentrato di pomodoro e poi la panna. Frullate con il frullatore a immersione e se serve fate restringere ancora un po' sul fuoco. Ora occupiamoci delle mazzancolle. A metà togliete la testa che terrete da parte, sgusciateli e liberateli dall'intestino.L'altra metà sgusciatela liberatela dall'intestino ma lasciate attaccate code e teste. In una casseruola da risotto fate fondere un po' di burro poi tostatevi le code di mazzancolle che eliminerete quando hanno preso colore ora aggiungete la cipolla tritata finissima e il riso che farete tostare, sfumate con il vino bianco e andate a metà cottura del risotto allungando con il fumetto di pesce. Nel frattempo riducete a brounoise i pomodorini, incorporateli al riso assieme alle code di mazzancolle che avrete ridotto a cubetti. In un'altra padella scottate le mazzancolle intere in pochissimo burro. Quando il risotto è cotto, tenetelo indietro di un minuto di cottura, mantecate con la crema di scampi e sistematelo nella corona. Sformatelo e adagiate sulla corona le otto mazzancolle e servite.
Serve a questo punto un fritto che faccia allegria ed ecco che possiamo tornare alla tradizione con un classico.
Polenta e baccalà, ma fritto! - In se il piatto è semplice ma bisogna avere l'accortezza di preparare la polenta o il giorno prima o almeno molte ore prima. Ecco cosa occorre. 300 grammi di faina di mais, 1,2 litri di acqua, sale grosso 20 grammi. Quattro filetti di baccalà dissalati, 250 grammi di farina doppio zero, 200 grammi di acqua, 8 grammi di lievito di birra, olio per friggere.Indispensabili: una pentola di ghisa o un paiolo di rame, consigliata una padella di ferro per la frittura. Prepariamo la polenta. Portate a ebollizione l'acqua nella pentola di ghisa o nel paiolo poi sempre girando cominciate a versare la farina di mais a pioggia. Continuate a girare cuocendo per almeno 40 minuti. Bisogna che la polenta sia molto densa.Salatela, sfornatela sulla spianatoia e datele una forma a parallelepipedo. Lasciatela raffreddare completamente. Ora preparate la pastella per friggere il baccalà. Stemperate il lievito di birra in un po' d'acqua tiepida poi unitelo alla farina e aggiungete acqua fino a ottenere una crema.Lasciate lievitare per un'ora e mezza. Al momento di friggere fate delle fettine sottili di polenta (alte tre millimetri) friggetele poche per volta in padella, poi adagiate i filetti di baccalà che avrete ridotto a cubetti nella pastella e friggeteli uno per volta. Portate in tavola su fogli di carta paglia. Ed ecco ora un secondo di pesce davvero appetitoso.
Orata al cartoccio - Piatto semplice ma di grande effetto. Vi serve una bella orata di cattura da 1,5 kg. Nel caso non la trovaste optate per 4 orate da 400 gr. Ancora due o tre spicchi d'aglio rosso, qualche rametto di rosmarino, timo, salvia, pepe nero in grani sale grosso olio extravergine, d'oliva. Per la preparazione non dovete fare altro che riempire la panca del pesce o dei pesci con gli odori e erbe aromatiche salare il pesce daentrambe le parti e poi chiuderlo dopo averlo irrorato di ottimo olio extravergine di oliva in un cartoccio di carta forno. Fate andare in forno a 180 gradi per una quarantina di minuti. Servite il pesce accompagnato da un'insalata di finocchi tagliati sottilissimi, arance pelate al vivo e tagliate a fette e olive taggiasche condita con una salsina fatta con olio extravergine di oliva e una punta di senape.
Siamo arrivai al dolce. Un classico che peschiamo stavolta dalla cultura ebraica e proprio dalla festa di Channukkà, che quest'anno coincide con il nostro Natale, sono le Sufgainiot che sono delle specie di bomboloni. Hanno il vantaggio che dovete prepararli molto prima per farli lievitare ma potete friggerli poi al momento aumentando la festa. Vi servono: 1 chilo di farina, due bustine di lievito, un bicchiere di latte, uno di acqua, 1bicchiere di olio extravergine di oliva, un bicchier di zucchero, un pizzico di sale e olio per friggere. Non dovete fare altro che scaldare latte e acqua insieme senza però portare a bollore, sciogliere il lievito di birra poi in una ciotola mescolare il lievito sciolto con la farina, lo zucchero e l'olio aggiustando con un pizzico di sale e impastare. Quando la pasta è elastica è pronta e dovete metterla a lievitare fin quando non raddoppia di volumeA quel punto stendete la pasta dello spessore di circa un centimetro e ricavate tanti dischetti aiutandovi con un coppa pasta che coprirete con untelo e lascerete lievitare ancora un'ora. Ora sono pronti per essere fritti.Potete farcirli con confetture, crema pasticciera, crema al cioccolato o semplicemente spolverizzati di zucchero a velo. Stupite gli ospiti dicendo che sono i dolci della luce.
Abbinamenti: con questi piatti potete partire on un Franciacorta Saten o un ottimo Oltrepò Pavese da Pinot Noir o un'Alta Langa piemontese, proseguire con Falanghina, o Greco di Tufo o Grillo Siciliano. E come vino da dessert un passito di Pantelleria. Di vino spenderete sui 60 euro.
Menù da 300 euro
Come antipasto si parte con le ostriche. Potete comprare certo le francesi ma oggi in Italia ci sono allevamenti di ottime ostriche. Fatevele aprire in pescheria se non avete gli appositi coltelli. Di soliti vanno mangiate nature, ma se volete potete accompagnarle con una salsa mignonette che è fatta tritando finemente uno scalogno fatto macerare in una parte di vino rosso e una parte di aceto.
Dopo questo antipasto eccone uno da servire seduti.
Insalata di mare tiepida - Vi servono 300 grammi di calamari, 300 grammi di seppioline, una quarantina di cozze, una ventina di fasolari, 20 mazzancolle, una costa di sedano freschissima, due carote, una decina di pomodori ciliegino, un bicchiere di vino bianco secco, due scalogni, prezzemolo freschissimo, bacche di ginepro, due spicchi d'aglio, olio extravergine di oliva, pepe di mulinello, sale qb. Con la carota lo scalogno, le bacche di ginepro il vino bianco fate un court bouillo ovviamente con aggiunta di acqua in cui andrete a scottare le seppie tagliate a striscioline finissime, i calamari egualmente ridotti a listarelle e le code di mazzancolle.
In una padella ora fate aprire le cozze e i fasolari, privateli del guscio. In una insalatiera sistemate i pomodori a spicchi, la carota e il sedano rimasti tagliati a julienne, poi tuti i pesci e condite con Evo sale e pepe. Al posto del limone che di solito non va bene col pesce fate trovare nel piatto dei vostri commensali il frutto della passione, si sposa perfettamente con l'insalata di mare tiepida.Come primo piatto pigliamo a prestito una ricetta semplicissima di immenso fascino del vero maestro della nuova cucina italiana Gualtiero Marchesi sapendo che in Italia si produce il miglior caviale del mondo a prezzi contenuti.
Spaghetti freddi al caviale - Vi servono 350 grammi di spaghetti di ottima qualità, uno scalogno, abbondante erba cipollina, olio extravergine di oliva80 gr di caviale italiano di allevamento. Non dovete far altro che cuocere al dente gli spaghetti, tritare finemente lo scalogno. Scolare la pasta farla raffreddare sotto acqua corrente. Ora non dovete fare altro che condire con sale e olio gli spaghetti arrotolarli in un nido e cospargerli di scalogno ed erba cipollina mettendo al centro un generoso cucchiaino di caviale.
Eccoci all'immancabile frittura. Ne facciamo una di paranza. Ci serviranno 4 calamari, 8 mazzancolle, 4 nasellini piccoli, 4 sogliolette, 8 acciughe freschissime, una zucchina. Non dovete fare altro che sgusciare le mazzancolle, fare a striscioline i calamaretti e a fette sottili la zucchina.Infarinate il tutto, friggete in abbondante olio e salate solo alla fine. Vi prego di non portare in tavola il limone: con il fritto di mare è una barbarie.
Ed eccoci al secondo più ricco. È una elaborazione di una famosissima ricetta di carne che si deve ad un chirurgo degli zar Serge Voronoff.
Tonno alla Voronoff - Vi servono 4 fette di tonno di circa 300 grammi l'una, poi 80 grammi di burro, 50 grammi di farina, un bicchierino abbondante di brandy e ancora per la salsa panna fresca, salsa Worchestershire, senape, pepe e sale qb, se piace qualche goccia di Tabasco. Procedete così. Infarinate i filetti di tonno e fate sciogliere in un tegame il birro magari aromatizzando con del rosmarino. Fate andare a fiamma vivace per un minuto da ogni lato il filetto, a questo punto versate il brandy nel tegame e fiammeggiate. Quando l'alcol sarà esaurito togliete i filetti e teneteli al
caldo e nello stesso tegame mettete gli ingredienti per la salsa, fate restringere di un terzo e servite il tonno nappato con la salsa.
Ed eccoci al dolce. È l'antesignano del tiramisù, e si dice abbia origini nobili.
Lo stracchino della duchessa - Vi servono 250 grammi di mascarpone freschissimo, 4 tazze di caffè con la moka, un bicchiere di rum, 2 uova, 400 grammi di savoiardi, 150 grammi di zucchero, gocce di cioccolato, 30 grammi di scaglie di mandorle e 30 grammi di polvere di cacao amaro. Ora procedete così. Montatele uova con circa 50 grammi di zucchero fino ad ottenere una spuma. Con l'altro zucchero fate uno sciroppo sul fuoco con un po' di acqua. Ora dividete i savoiardi a metà e foderate con questi uno stampo da plum cake dopo averli inzuppati in una miscela di caffè (zuccherato) e rum. Ora montate le uova che avete già sbattuto con lo zucchero versando a filo lo sciroppo di glucosio e a operazione finita incorporate montando il mascarpone. Ora dividete questa farcia in due: in una aggiungete il cacao amaro e le lamelle di mandorle, nell'altra le gocce di cioccolato. Con la prima farcia fate uno strato nello stampo da plum cake foderato di savoiardi, ricopritelo con uno strato di biscotti inzuppati e riempite con l'altra metà del composto al mascarpone. Chiudete con altri savoiardi bene imbibiti. Andate in frigo per almeno tre ore prima di servire.
Come vini si parte con un Franciacorta magari pas operé o con un Trentodoc di caratura alta, per proseguire con un grande Sauvignon dalFriuli o un Pinot Bianco altoatesino e terminare con una Malvasia delle Lipari o un grande Marsala. Per i vini spenderete sui 100 euro.
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Per molti il pasto del 24 sera è la vera festa perché è l'attesa dell'evento. Dallo stoccafisso al baccalà, dal capitone alla trota, nei giorni che precedono la vigilia è assalto alle pescherie.Lo speciale contiene un articolo e tre menù per quattro persone da 100, 200 e 300 euro con i consigli su quali vini abbinare.Chissà se i padri conciliari potevano sospettare che a quasi mezzo millennio dalle loro deliberazioni si sarebbe prodotta una macroscopica eterogenesi dei fini? A saperlo, certo che sul Concilio di Trento in epoca di Europa traballante ci sarebbe da interrogarsi di nuovo nella distanza che c'è tra i predestinati luteran-calvinisti e gli uomini posti di fronte all'esercizio del libero arbitrio. Lasciamo stare, anche se l'eterogenesi dei fini di cui vado ragionando riguarda comunque una faccenda d'economia e di prezzi. E si perché i tridentini in risposta a Lutero raccomandarono - anzi per la verità imposero - ai cattolici di pentirsi e di contrirsi e di fare 200 giorni di magro all'anno ben oltre il periodo quaresimale. Si generò anche allora un (gustoso per noi) conflitto d'interessi. Venne incaricato di stilare l'elenco dei cibi di magro un porporato svedese anche se romanizzato Olao Magno che si ricordò dello stoccafisso pesce del Nord che entrò nella dieta dei cattolici (forse anche in contrapposizione alle aringhe di cui era ghiottissimo Martin Lutero) come piatto della vigilia. In realtà lo stoccafisso era arrivato ben prima in Italia grazie a un mercante nobile veneziano che naufragato nelle lontane Lofoten s'era riportato non senza periglio il pesce bastone. Pietro Quirini si chiamava questo navigatore che ha una sua centralità nella storia della Venezia di mercato e di nave, ma per quanto facesse il suo stoccafisso non ebbe un'immensa diffusione. Ci vollero i padri tridentini per dare una formidabile accelerata al consumo dello stoccafisso. Ma lì ci furono i portoghesi a farsi furbi. Avendo capito che i grandi merluzzi che vanno alle Lofoten passano prima dal golfo i Biscaglia, intercettavano i branchi e invece di farli seccare ai venti freddi del nord i pesci venivano puliti e salati. Ed è così che lo stoccafisso divenne piano piano piatto da ricchi e il baccalà salato piatto da popolani e questo spiega anche perché i tre grandi paesi cattolici Italia, Spagna e Portogallo siano i più forti consumatori di merluzzi tant'è che alle Lofoten al Quirini hanno fatto persino un monumento.Ma l'eterogenesi dei fini non sta in questa storia - anche se ormai stoccafisso e baccalà hanno prezzi considerevoli assai - sta nel fatto che nel mangiare di magro si riteneva atto di penitenza e di contrizione contro il lusso del mangiar di grasso, oggi mangiare pesce costa molto di più che consumar carne. E tuttavia il cenone della vigilia non è rinunciabile. Almeno da Roma (compresa) in giù. Così capiterà nei prossimi giorni di assistere all'assalto alle pescherie con inevitabile rimbalzo dei prezzi. E con un'avvertenza che vi dobbiamo dare: di pesce italiano se ne pesca solo il 20% del nostro fabbisogno. Guardate perciò le provenienze del pesce che vi viene offerto come pescato, in etichetta deve essere riportata la zona Fao o di cattura o di allevamento. Quella che contraddistingue il Mediterraneo e il Mar Nero è la zona Fao 37 poi ci sono le sottozone. Le nostre sono 37.1.3 la Sardegna e il mar di Sardegna, la 37.2.1 l'Adriatico e la 37.2.2 lo Ionio, queste sono le sottozone italiane. Siccome il pesce di cattura costa tanto e, soprattutto, ce n'è poco, è conveniente affidarsi al pesce allevato che è ottimo con la precauzione di preferire quello italiano. Ottime informazioni le trovate sul sito istituzionale delle camere di Commercio per il programma europeo sul pesce che è www.hellofish.it.Un discorso a parte va fatto per il capitone, l'anguilla femmina che è per alcuni irrinunciabile. A Napoli per esempio non si fa vigilia senza capitone, ma lo stesso vale a Roma, nel ferrarese, in Sardegna. Ebbene quest'anno i capitoni sono quotati direttamente a Wall Street, il motivo è che l'anguilla è una specie in via d'estinzione perché non si riesce a riprodurla in allevamento. La si fa ingrassare in allevamento ma la deposizione delle uova avviene sempre nel mar dei Sargassi e pensate che le anguille nuotano tutto l'Atlantico per arrivare da noi. A farle fuori però non è la tradizione italiana (si mangia il capitone perché essendo simile al serpente nell'attesa della nascita di Gesù si sconfigge così il male) quanto la cattura sistematica fatta dai giapponesi in Mediterraneo, è la stessa storia del tonno rosso anche se ora i tonni stanno meglio.Detto tutto questo cerchiamo di capire perché si mangia di magro alla notte di Natale. La ragione è sempre liturgica. La nascita di Gesù segna la fine dell'Avvento e l'inizio della nuova era, dunque l'attesa della nuova era richiede purificazione e il digiuno e l'astinenza sono purificatori. In più il pesce è uno dei simboli del Nazareno. La storia è affascinante e rimanda agli albori del cristianesimo quando i seguaci di Gesù erano perseguitati. Quando due si incontravano per riconoscersi tracciavano ognuno un arco di cerchio: intersecandosi i due segni davano la figura stilizzata di un pesce. E pesce in greco si scrive «ichthys» e in maiuscolo le lettere greche (ΙΧΤΨΣ) sono l'acronimo di Iesous Christos Theou Yios Soter che significa Gesù Cristo Salvatore Figlio di Dio. E la storia del Nazareno con i pesci non è finita perché ricorderete che dopo il primo miracolo del tramutare l'acqua in vino alle nozze di Cana su preghiera della Madonna, Gesù compie il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci che tra l'altro è il solo oltre la resurrezione a essere riportato in una versione quasi identica da tutti e quattro gli evangelisti. E si dice che di fatto prefiguri l'eucarestia. Perciò il mangiare pesce alla vigilia di Natale è aderire al cammino di Gesù. Se nell'insalata di rinforzo tanto cara ai napoletani, al loro capitone, se nel baccalà alla lucana con tanto di peperoni cruschi ci sia consapevolezza di tutto questo è difficile da dire, sta di fatto che per molti il cenone di Natale è la vera festa perché è l'attesa dell'evento. Ma a questo punto conviene mettersi a tavola e cercare di immaginare un cenone che stando nei canoni della tradizione ci dia soddisfazione. Abbiamo immaginato tre menù per quattro persone da 100, 200 e 300 euro per tutti e quattro i commensali con a parte la spesa dei vini. Andiamo in cucina.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pesce-2641673006.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="menu-da-100-euro" data-post-id="2641673006" data-published-at="1766441658" data-use-pagination="False"> Menù da 100 euro Come antipasto ci rivolgiamo al pesce azzurro in parte fresco e in parte conservato.Tortino di alici - Una ricetta molto semplice e gustosa. Servono 4 cocottine e poi questi ingredienti: 40 alici (dieci a persona) due patate di media grandezza, tre o quattro cucchiai di pangrattato, un po' di granella di pistacchio (o di mandorle), un mazzetto di basilico, sale, pepe, olio extravergine di oliva.. Si procede così. Si aprono le alici a libro (si toglie la testa e la lisca centrale) si sciacquano e si fanno riposare. Nel frattempo con la mandolina si riducono a lamelle le patate e poi si insaporisce il pangrattato con il basilico stracciato fine a mano, il sale, il pepe e il pistacchio. Si ungono i le cocottine e si foderano con le lamelle di patate poi si procede a sistemare le alici alternandole al pangrattato. Si chiude con il pangrattato e si va in forno a 180 gradi per una ventina di minuti.Patè di sardine rosso - Sembra una citazione dall'attualità politica e invece è una crema da servire con crostoni di pane ben caldi. Ingredienti:due scatole di sardine sott'olio, un po' di concentrato di pomodoro, una decina di pomodori secchi sott'olio, una cipolla rossa dolce e due cipollotti, sale, un po' di peperoncino rosso. Preparazione. Togliete le sardine dall'olio di conserva, sgocciolatele bene, privatele se ci sono delle lische residue. Ora mettete nel mixer le sardine, il concentrato di pomodoro (un cucchiaio circa) i pomodori secchi la cipolla e al minimo fate andare fino a formare una crema. Se serve aggiungete un po' di olio extravergine, se piace qualche caper ben dissalato. Ottenuta la rea fatela riposare in frigo e poi servitela spalmandola su crostoni di pane ben tostati e caldi.Siamo al primo piatto. E la scelta può essere di fare un grande classico come gli spaghetti alle vongole oppure una buonissima pasta al sugo di sgombro che è pesce azzurro economico e non può che essere freschissimo. Scegliamo la seconda.Pasta col sugo di sgombro - Ingredienti: 600 grammi di sgombri puliti e sflilettati, due cucchiai di olive nere, un filetto di acciuga dissalato, due spicchi d'aglio, olio extravergine di oliva, sale, una punta di peperoncino, quattro pomodori pelati, dodici pomodori ciliegino, sale, 400 grammi di pasta di semola di grano duro (il formato che più piace) un mazzetto di prezzemolo fresco. Procedimento: in una padella fate scaldare l'olio con gli spicchi d'aglio e il filetto d'acciuga, quando l'aglio è dorato eliminatelo. Tagliate in quattro i pomodorini e fateli saltare nell'olio, aggiungete i pelati, abbassatela fiamma ora mettete il pesce e fatelo andare dolcemente nel tempo che si lessa la pasta. Se serve sfumate con un po' di vino bianco. Aggiustate di sale peperoncino. All'ultimo aggiungete le olive nere che avrete denocciolato. Fate saltare la pasta nel sugo e guarite con il prezzemolo tritato.In un cenone che si rispetti non può mancare il fritto.Senza spendere una follia ecco una sorpresa che potete fare ai vostri amici.Cavolfiore e cozze fritti - Vi servo un cavolfiore molto piccolo, una quarantina di cozze, due uova, 150 grammi di farina doppio zero, una bottiglietta di birra, olio per friggere, sale qb. Preparazione: in una pentola fate aprire le cozze poi lasciatele raffreddare, liberatele dai gusci e tenetele da parte. Con l'aiuto di un coltellino dividete il cavolfiore in cimette poi lessatelo o meglio ancora cuocetelo a vapore lasciandolo però croccante. Ora preparate la pastella sbattete le uova ben fredde in una terrina, aggiungete la farina a fontana e poi la birra freddissima (se serve allungate appena con dell'acqua gassata anch'essa fredda). Scaldate in una padella meglio se di ferro l'olio per friggere e quando sarà a temperatura (verificatelo con uno stecchino quando fa le bollicine e ok) passate il cavolo e le cozze nella pastella e poi friggete pochi pezzi per volta. Fate asciugare la frittura e aggiustate di sale.Ed ecco un secondo piatto di pesce di facilissima preparazione e dal costo non elevato. Oltretutto la forma del pesce ricordando un po' l'anguilla vi aiuta nella scaramanzia e le verdure di accompagno fanno contorno.Palombo al forno - Vi servono 800 gtammi di palombo in filetto, ma anche a trancio, abbondante pangrattato, erbe aromatiche (timo, maggiorana, basilico, un po' di paprica dolce) 500 grammi di pomodori datterini, due patate di medie dimensioni, due cipollotti, quattro o cinque cucchiai di olive taggiasche, pepe, sale, olio extravergine di oliva. Procedete così. Lavate il pesce e asciugatelo bene. Nel frattempo aromatizzate il pangrattato con le erbe aromatiche salate appena. Ora ungete i filetti di pesce e passateli nel pangrattato. Con la mandolina fate a fette sottilissime e patate, tagliate a metà i pomodorini che condirete con un po' di sale, di pepe, di extravergine di oliva e di origano, tagliate a metà i cipollotti. In una teglia da forno bardata con carta-forno sistemate le patate, poi i filetti di pesce, i pomodorini le olive e i cipollotti. Mandate in forno a 200° per una ventina di minuti fin quando le patate non saranno cotte e la panatura dorata.Eccoci arrivati al dolce. Si può fare un cosa molto fresca e semplice ma assai gustosa e in qualche modo rituale.Coppa di mascarpone agli agrumi - Servono due arance non trattate o quattro-cinque mandarini, 350 grammi di mascarpone, due uova, 125 gran di zucchero, una ventina di amaretti. Procedimento: montate con la frusta a bianco i rossi d'uovo con lo zucchero. Devono risultare spumosi. Tenete da parte gli albumi che monterete a neve ferma. Nel frattempo spremetegli agrumi e filtrate il succo. Incorporate il mascarpone ai rossi d'uovo, aggiungete il succo degli agrumi stando attenti che la crema non risulti troppo liquida e ora incorporate le chiare montate a neve lavorando dal basso verso l'alto. Se volete potete candire le bucce degli agrumi in sciroppo di zucchero. Ora sbriciolate gli amaretti sul fondo di quattro coppette e sistemate in ogni coppetta un po' di mousse decorando con altri biscotti o con le scorze candite.I vini per accompagnare questo menù possono essere un Prosecco in apertura con gli antipasti, un Verdicchio di Matelica o dei Castelli di Jesi e infine un Asti spumante. In tutto spenderete per i vini attorno ai 35 euro. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pesce-2641673006.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="menu-da-200-euro" data-post-id="2641673006" data-published-at="1766441658" data-use-pagination="False"> Menù da 200 euro Come alternativa al "solito" salmone - sia chiaro quando è di altissima qualità è un piacere assoluto del palato - si può cominciare il cenone con un prodotto italianissimo: la trota affumicata.Mousse di trota affumicata - Servono 300 grammi di trota affumicata di cui 100 grammi in fettine sottili, 150 grammi di ricotta di primissima qualità, 180 grammi di panna di latte da montare, 50 grammi di uova di trota, due cucchiai di gin, due uova sode, tre cetriolini sotto-aceto, dieci fogli di gelatina. Procedimento. Per prima cosa mettere a rinvenire in acqua tiepida la gelatina in fogli.Nel bicchiere del mixer frullare 200 grammi di trota fino ad ottenere una crema, aggiungere ora la ricotta e la panna montata ma non ferma. Mescolare e fino ad ottenere la mousse. Ora in una casseruola sciogliere nel gin i fogli di gelatina ben strizzati e incorporarli alla mousse insieme ai cetriolini che saranno stati sminuzzati. Foderare uno stampo rettangolare con le fettine di trota poi adagiare una parte del composto nello stampo, sistemare le due uova al centro ricoprire con la restante mousse e chiudere il tutto con le fettine di trota. Andare in frigo per almeno cinque ore. Al memento di degustare la terrina tostare del pane e servirlo con le fettine di mousse.Polpo e patate in cocktail - È un classico della cucina di mare ma in questa preparazione si osa un po' di più. Servono quattro bicchieri da Martini cocktail, un polpo di almeno un chilo, due foglie di alloro, bacche di ginepro, un bicchiere di vino rosso, quattro patate di media grandezza, abbondante erba cipollina, due pomodori pelati, uno spicchio d'aglio, due filetti d'acciuga dissalati, aceto di vino rosso, olio extravergine di oliva, sale e pepe.Si procede così. In una casseruola si fa lessare il polpo semplicemente con alloro, ginepro il vino rosso, un po' di sale, le bacche di ginepro. Il polpo va fatto sobbollire per almeno un ora nella sua acqua.. Ne frattempo si lessano le patate con la buccia, poi si sbucciano e si lasciano raffreddare.Una volta che i polpo è cotto si separa la sacca da tentacoli ce taglieremo a circa tre quarti della loro lunghezza. Riduciamo a listarelle la sacca del polpo e la parte iniziale dei tentacoli. Facciamo scaldare in una padella l'aglio con l'olio e facciamo stemperare i filetti di acciuga, poi aggiungiamo i pelati e facciamo tirare, aggiustiamo di sale peperoncino e facciamo saltare nel sugo le listarelle di polpo. Ora prendiamo le patate schiacciatele condiamo con olio sale, aceto, pepe ed erba cipollina tritata finemente.Sul fondo del bicchiere da cocktail sistemiamo il polpo passato in padella ben caldo, poi uno strato di patata e finiamo con due tentacoli che avremo passato in griglia per un paio di minuti.È il momento del primo e stavolta facciamo un primo piatto motto ricco, facile da preparare e suadente.Corona di riso alla crema di scampi - Vi servono 350 grammi di riso Carnaroli, due cipolle bianche, sedano, carato, burro, concentrato di pomodoro, 800gr di scampi e 16 mazzancolle di ottima qualità, un bicchierino di brandy, mezzo bicchiere di vino bianco secco, 50 gr di burro, tre cucchiaio di panna da cucina, sei o sette pomodorini ben maturi. Procedimento. Sgusciate a crudo gli scampi, tenete da parte le code che proverete dell'intestino. Ora in una pentola fate il fumetto di pesce. Fate tostare in un po' di olio extravergine le teste degli scambi ed estraete tutti i succhi aggiungete acqua con sedano carota e cipolla e fate andare a fuoco moderato. Occupatevi della crema di scampi. In una casseruola fate fondere un po' di burro con un trito finissimo e appena accennato di cipolla, adagiatevi le code di scampi e fate loro prendere colore, sfumate con il brandy, aggiungete un accenno di concentrato di pomodoro e poi la panna. Frullate con il frullatore a immersione e se serve fate restringere ancora un po' sul fuoco. Ora occupiamoci delle mazzancolle. A metà togliete la testa che terrete da parte, sgusciateli e liberateli dall'intestino.L'altra metà sgusciatela liberatela dall'intestino ma lasciate attaccate code e teste. In una casseruola da risotto fate fondere un po' di burro poi tostatevi le code di mazzancolle che eliminerete quando hanno preso colore ora aggiungete la cipolla tritata finissima e il riso che farete tostare, sfumate con il vino bianco e andate a metà cottura del risotto allungando con il fumetto di pesce. Nel frattempo riducete a brounoise i pomodorini, incorporateli al riso assieme alle code di mazzancolle che avrete ridotto a cubetti. In un'altra padella scottate le mazzancolle intere in pochissimo burro. Quando il risotto è cotto, tenetelo indietro di un minuto di cottura, mantecate con la crema di scampi e sistematelo nella corona. Sformatelo e adagiate sulla corona le otto mazzancolle e servite.Serve a questo punto un fritto che faccia allegria ed ecco che possiamo tornare alla tradizione con un classico.Polenta e baccalà, ma fritto! - In se il piatto è semplice ma bisogna avere l'accortezza di preparare la polenta o il giorno prima o almeno molte ore prima. Ecco cosa occorre. 300 grammi di faina di mais, 1,2 litri di acqua, sale grosso 20 grammi. Quattro filetti di baccalà dissalati, 250 grammi di farina doppio zero, 200 grammi di acqua, 8 grammi di lievito di birra, olio per friggere.Indispensabili: una pentola di ghisa o un paiolo di rame, consigliata una padella di ferro per la frittura. Prepariamo la polenta. Portate a ebollizione l'acqua nella pentola di ghisa o nel paiolo poi sempre girando cominciate a versare la farina di mais a pioggia. Continuate a girare cuocendo per almeno 40 minuti. Bisogna che la polenta sia molto densa.Salatela, sfornatela sulla spianatoia e datele una forma a parallelepipedo. Lasciatela raffreddare completamente. Ora preparate la pastella per friggere il baccalà. Stemperate il lievito di birra in un po' d'acqua tiepida poi unitelo alla farina e aggiungete acqua fino a ottenere una crema.Lasciate lievitare per un'ora e mezza. Al momento di friggere fate delle fettine sottili di polenta (alte tre millimetri) friggetele poche per volta in padella, poi adagiate i filetti di baccalà che avrete ridotto a cubetti nella pastella e friggeteli uno per volta. Portate in tavola su fogli di carta paglia. Ed ecco ora un secondo di pesce davvero appetitoso.Orata al cartoccio - Piatto semplice ma di grande effetto. Vi serve una bella orata di cattura da 1,5 kg. Nel caso non la trovaste optate per 4 orate da 400 gr. Ancora due o tre spicchi d'aglio rosso, qualche rametto di rosmarino, timo, salvia, pepe nero in grani sale grosso olio extravergine, d'oliva. Per la preparazione non dovete fare altro che riempire la panca del pesce o dei pesci con gli odori e erbe aromatiche salare il pesce daentrambe le parti e poi chiuderlo dopo averlo irrorato di ottimo olio extravergine di oliva in un cartoccio di carta forno. Fate andare in forno a 180 gradi per una quarantina di minuti. Servite il pesce accompagnato da un'insalata di finocchi tagliati sottilissimi, arance pelate al vivo e tagliate a fette e olive taggiasche condita con una salsina fatta con olio extravergine di oliva e una punta di senape.Siamo arrivai al dolce. Un classico che peschiamo stavolta dalla cultura ebraica e proprio dalla festa di Channukkà, che quest'anno coincide con il nostro Natale, sono le Sufgainiot che sono delle specie di bomboloni. Hanno il vantaggio che dovete prepararli molto prima per farli lievitare ma potete friggerli poi al momento aumentando la festa. Vi servono: 1 chilo di farina, due bustine di lievito, un bicchiere di latte, uno di acqua, 1bicchiere di olio extravergine di oliva, un bicchier di zucchero, un pizzico di sale e olio per friggere. Non dovete fare altro che scaldare latte e acqua insieme senza però portare a bollore, sciogliere il lievito di birra poi in una ciotola mescolare il lievito sciolto con la farina, lo zucchero e l'olio aggiustando con un pizzico di sale e impastare. Quando la pasta è elastica è pronta e dovete metterla a lievitare fin quando non raddoppia di volumeA quel punto stendete la pasta dello spessore di circa un centimetro e ricavate tanti dischetti aiutandovi con un coppa pasta che coprirete con untelo e lascerete lievitare ancora un'ora. Ora sono pronti per essere fritti.Potete farcirli con confetture, crema pasticciera, crema al cioccolato o semplicemente spolverizzati di zucchero a velo. Stupite gli ospiti dicendo che sono i dolci della luce.Abbinamenti: con questi piatti potete partire on un Franciacorta Saten o un ottimo Oltrepò Pavese da Pinot Noir o un'Alta Langa piemontese, proseguire con Falanghina, o Greco di Tufo o Grillo Siciliano. E come vino da dessert un passito di Pantelleria. Di vino spenderete sui 60 euro. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pesce-2641673006.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="menu-da-300-euro" data-post-id="2641673006" data-published-at="1766441658" data-use-pagination="False"> Menù da 300 euro Come antipasto si parte con le ostriche. Potete comprare certo le francesi ma oggi in Italia ci sono allevamenti di ottime ostriche. Fatevele aprire in pescheria se non avete gli appositi coltelli. Di soliti vanno mangiate nature, ma se volete potete accompagnarle con una salsa mignonette che è fatta tritando finemente uno scalogno fatto macerare in una parte di vino rosso e una parte di aceto.Dopo questo antipasto eccone uno da servire seduti.Insalata di mare tiepida - Vi servono 300 grammi di calamari, 300 grammi di seppioline, una quarantina di cozze, una ventina di fasolari, 20 mazzancolle, una costa di sedano freschissima, due carote, una decina di pomodori ciliegino, un bicchiere di vino bianco secco, due scalogni, prezzemolo freschissimo, bacche di ginepro, due spicchi d'aglio, olio extravergine di oliva, pepe di mulinello, sale qb. Con la carota lo scalogno, le bacche di ginepro il vino bianco fate un court bouillo ovviamente con aggiunta di acqua in cui andrete a scottare le seppie tagliate a striscioline finissime, i calamari egualmente ridotti a listarelle e le code di mazzancolle.In una padella ora fate aprire le cozze e i fasolari, privateli del guscio. In una insalatiera sistemate i pomodori a spicchi, la carota e il sedano rimasti tagliati a julienne, poi tuti i pesci e condite con Evo sale e pepe. Al posto del limone che di solito non va bene col pesce fate trovare nel piatto dei vostri commensali il frutto della passione, si sposa perfettamente con l'insalata di mare tiepida.Come primo piatto pigliamo a prestito una ricetta semplicissima di immenso fascino del vero maestro della nuova cucina italiana Gualtiero Marchesi sapendo che in Italia si produce il miglior caviale del mondo a prezzi contenuti.Spaghetti freddi al caviale - Vi servono 350 grammi di spaghetti di ottima qualità, uno scalogno, abbondante erba cipollina, olio extravergine di oliva80 gr di caviale italiano di allevamento. Non dovete far altro che cuocere al dente gli spaghetti, tritare finemente lo scalogno. Scolare la pasta farla raffreddare sotto acqua corrente. Ora non dovete fare altro che condire con sale e olio gli spaghetti arrotolarli in un nido e cospargerli di scalogno ed erba cipollina mettendo al centro un generoso cucchiaino di caviale.Eccoci all'immancabile frittura. Ne facciamo una di paranza. Ci serviranno 4 calamari, 8 mazzancolle, 4 nasellini piccoli, 4 sogliolette, 8 acciughe freschissime, una zucchina. Non dovete fare altro che sgusciare le mazzancolle, fare a striscioline i calamaretti e a fette sottili la zucchina.Infarinate il tutto, friggete in abbondante olio e salate solo alla fine. Vi prego di non portare in tavola il limone: con il fritto di mare è una barbarie.Ed eccoci al secondo più ricco. È una elaborazione di una famosissima ricetta di carne che si deve ad un chirurgo degli zar Serge Voronoff.Tonno alla Voronoff - Vi servono 4 fette di tonno di circa 300 grammi l'una, poi 80 grammi di burro, 50 grammi di farina, un bicchierino abbondante di brandy e ancora per la salsa panna fresca, salsa Worchestershire, senape, pepe e sale qb, se piace qualche goccia di Tabasco. Procedete così. Infarinate i filetti di tonno e fate sciogliere in un tegame il birro magari aromatizzando con del rosmarino. Fate andare a fiamma vivace per un minuto da ogni lato il filetto, a questo punto versate il brandy nel tegame e fiammeggiate. Quando l'alcol sarà esaurito togliete i filetti e teneteli alcaldo e nello stesso tegame mettete gli ingredienti per la salsa, fate restringere di un terzo e servite il tonno nappato con la salsa.Ed eccoci al dolce. È l'antesignano del tiramisù, e si dice abbia origini nobili.Lo stracchino della duchessa - Vi servono 250 grammi di mascarpone freschissimo, 4 tazze di caffè con la moka, un bicchiere di rum, 2 uova, 400 grammi di savoiardi, 150 grammi di zucchero, gocce di cioccolato, 30 grammi di scaglie di mandorle e 30 grammi di polvere di cacao amaro. Ora procedete così. Montatele uova con circa 50 grammi di zucchero fino ad ottenere una spuma. Con l'altro zucchero fate uno sciroppo sul fuoco con un po' di acqua. Ora dividete i savoiardi a metà e foderate con questi uno stampo da plum cake dopo averli inzuppati in una miscela di caffè (zuccherato) e rum. Ora montate le uova che avete già sbattuto con lo zucchero versando a filo lo sciroppo di glucosio e a operazione finita incorporate montando il mascarpone. Ora dividete questa farcia in due: in una aggiungete il cacao amaro e le lamelle di mandorle, nell'altra le gocce di cioccolato. Con la prima farcia fate uno strato nello stampo da plum cake foderato di savoiardi, ricopritelo con uno strato di biscotti inzuppati e riempite con l'altra metà del composto al mascarpone. Chiudete con altri savoiardi bene imbibiti. Andate in frigo per almeno tre ore prima di servire.Come vini si parte con un Franciacorta magari pas operé o con un Trentodoc di caratura alta, per proseguire con un grande Sauvignon dalFriuli o un Pinot Bianco altoatesino e terminare con una Malvasia delle Lipari o un grande Marsala. Per i vini spenderete sui 100 euro.
(IStock)
Senza il pandoro, così come senza il panettone, non sarebbe Natale. È però un fatto che il pandoro è considerato un di più, un elemento dolce ancillare del panettone. Se il pandoro può mancare sulla tavola natalizia, non lo può il panettone. In realtà questa subordinazione del pandoro al panettone è abbastanza ingiusta. Il pandoro non è un dolce meno saporito del panettone, da un punto di vista tecnico non è meno complesso e dal punto di vista gustativo come il panettone soddisfa il bisogno di abbondanza, così il pandoro soddisfa quello di leggerezza, offrendo al gusto un sapore univoco non complicato da sospensioni come sono le uvette e i canditi nel panettone tradizionale e tutte quelle che passano per la mente del creatore nel panettone di ricerca. E leggera è anche la consistenza, che ricorda più una torta, un pan di Spagna o una torta paradiso, più che un pane addolcito e (assai) lievitato come invece fa il panettone. Questa nettezza di gusto lo rende aperto ad abbinamenti estemporanei: tipico di bambini e golosi è il sandwich di pandoro che si realizza con due fette di pandoro e un ripieno dolce che può andare dalla tavoletta di cioccolato al torrone.
La storia anzi la probabile storia del pandoro ci porta indietro fino agli antichi Romani. Plinio il Vecchio, infatti, raccontando le abitudini culinarie dell’antica Roma parla di un panis preparato abitualmente con fior di farina, burro e olio da Virgilius Stephanus Senex. Marco Gavio Apicio parla di un pane da liberare della crosta e poi imbibire di latte, friggere e cospargere di miele, perciò dorato. Da questi esempi di panis dorato antico-romano secondo molti deriva il levà veronese, anch’esso un pane dolce, di occasione festiva, ma più dolce del suo avo, con tanto di copertura di glassa con mandorle. Pare che nella corte veneziana il levà, come altri dolci locali, fosse ricoperto di sottilissime foglie d’oro zecchino e perciò fosse chiamato pane de oro. Dal levà deriverebbe il nadalin, nome veneto del dolce natalino ossia di Natale che si chiamerebbe così proprio perché sarebbe nato a Natale del XIII secolo per festeggiare l’investitura dei Della Scala a Signori di Verona. Il nadalin presenta un impasto morbido, una cupola decorativa di crosticina e frutta secca e una forma a stella di otto punte. Dal 2012 è anche un prodotto De.Co. del Comune di Verona, con tanto di ricette ufficiali per le due versioni, quella con lievito di birra oppure quella con lievito madre.
Questi i presunti prototipi - finora - del pandoro. Zoomiamo, quindi, sul pandoro. Del pandoro come lo conosciamo oggi abbiamo una data ufficiale di nascita. È il 14 ottobre 1894, il giorno in cui il pasticcere Domenico Melegatti brevetta la ricetta e il nome del suo dolce, Pandoro, ottenendo poi l’attestato di privativa industriale del ministero di Agricoltura Industria e Commercio del Regno d’Italia qualche tempo dopo: il 20 marzo 1895 il ministero di Agricoltura Industria e Commercio del Regno d’Italia, infatti, rilascia l’«attestato di privativa industriale della durata di anni tre per un brevetto designato col titolo Pandoro (dolce speciale)». La nascita del Pandoro con tanto di data presenta anche una… annunciazione! E già, in perfetto calco del paradigma religioso natalizio di nascita precedentemente annunciata. Sul quotidiano veronese L’Arena del 21 e 22 marzo 1894 (sei mesi prima del brevetto) compare l’avviso pubblicitario di annuncio del prodotto: «Il Pasticcere Melegatti… avverte la benevola e numerosissima sua clientela di aver allestito un nuovo dolce per la sua squisitezza, leggerezza, inalterabilità e bel formato l’autore lo reputa degno del primo posto nomandolo Pan d’oro». Nel depositare il brevetto il nome perde la sua composizione triplice e diventa un tutt’uno, quel «Pandoro» che, come succede alle grande invenzioni, per antonomasia, da nome proprio poi diventerà nome generico. Oggi pandoro è un marchionimo (così si chiamano i nomi originati da marchi) ovvero un tipo di dolce che tutti i pasticceri artigianali e industriali realizzano, non solo Melegatti e non solo i pasticceri di professione, essendo tanti i cucinieri casalinghi che si dilettano a impastare e cucinare pandori e panettoni in casa per le feste natalizie. Il Pandoro di Melegatti è un dolce ispirato alla morbidezza del levà, grazie ad un impasto diverso e allo stampo di cottura, ideato sempre da Domenico Melegatti, spiega il sito Internet dell’azienda, con forma di stella troncoconica a otto punte, brevettato anch’esso. La forma a stella del pandoro ricorda certamente quella del nadalin, rispetto al quale però è assai più alto e privo di qualsiasi topping. Secondo lo studioso Andrea Brugnoli il pandoro potrebbe però trovare altre fonti, ovvero il pane di Natale del monastero di San Giuseppe a Fidenzio: nei registri dell’economato del ministero il 21 dicembre 1790 si acquistano 500 uova, tantissimo burro e tantissimo altro zucchero. Altra fonte di ispirazione per Brugnoli sarebbe il Pan d’Oro che nel 1871 Cesare Capri di Verona porta ad un’esposizione pasticcera regionale presentandolo come «panettone di pasta dolce». Non si sa e in fondo non è nemmeno così interessante saperlo, essendo il pandoro talmente perfetto da interessarci dalla sua nascita ufficiale in poi. Tornando alla questione linguistica, perché il nome pandoro passi da proprio a generico bisogna attendere il 1927. In quell’anno, entra nella quinta edizione dell’importantissimo - per la costruzione della lingua italiana - Dizionario moderno di Alfredo Panzini. La voce «pandoro» nel dizionario recita: «Dolce di lievito, ricchissimo di burro (Verona). Dal colore aurato dovuto al rosso d’uovo».
Voi siete team pandoro, team panettone o team entrambi? In tutti i casi vi, anzi ci, sarà utile una breve disamina nutrizionale del pandoro, per capire cosa mangeremo quando lo mangeremo alla tavola natalizia. Non si può certamente sostenere che il pandoro sia dietetico. Si tratta al contrario di un dolce generoso di zuccheri e grassi saturi, che sono i macronutrienti tipici delle festività, ma anche quelli che dobbiamo tenere a bada. Generoso, conseguentemente, di calorie: 100 g ne hanno tra 390 e 435. Considerato che da un pandoro di 1 kg traiamo 8 fette (sono le 8 punte) si capisce come ogni fetta pesi 125 grammi. Se ragioniamo sui 100 g, abbiamo tra i 49 e i 53 g di carboidrati di cui tra 22 e 26,5 di zuccheri. Considerato che il pandoro si mangia alla fine di un pasto in cui i primi piatti sono sontuosi e abbondanti anch’essi e che questo pasto festivo e festoso si ripete (il cenone della Vigilia, il Pranzo del Natale, il Pranzo di Santo Stefano, minimo) si capisce come introiettare ulteriori 400 calorie circa composte per lo più di carboidrati e tra questi di zuccheri sia un elemento da tenere attenzionato, cercando dunque di non mangiare troppo nel resto delle giornate festive. I carboidrati sono solo l’inizio. Abbiamo tra 20 e 21 grammi di grassi, di cui tra 10 e 13 sono saturi e sono dovuti all’abbondanza di tuorlo d’uovo e burro. Infine abbiamo tra 7 e 8 grammi di proteine che sì, abbassano lievemente l’indice glicemico del dolce e si affiancano anche all’indice lipidico, tuttavia - com’è ovvio - non li annulla. In definitiva, chi è a dieta e chi deve limitare fortemente i grassi saturi, magari perché ipercolesterolemico, ipertrigliceridico o afflitto da altra patologia del metabolismo dei grassi e in generale del metabolismo dovrebbe mangiare giusto un pezzetto, forse evitare il pandoro. Non ne deve abusare nemmeno chi ha una forma e una salute perfette, perché - ricordiamoci - un eccesso di grassi saturi fa ingrassare e aumenta il rischio cardiovascolare, oltre a sovraffaticare l’apparato digestivo. Nel caso si voglia o si desideri un consumo più virtuoso, il consiglio è quello di optare o per il panettone o per il pandoro e non mangiare entrambi alla fine dello stesso pasto, per il dispiacere del team che definiremo «entrambi e pure uno insieme all’altro». Altri consigli: mangiare mezza fetta di pandoro anziché una fetta intera, stare molto leggeri per quanto riguarda grassi e zuccheri al pasto successivo o precedente, fare una bella passeggiata dopo il pranzo della festa. Il consiglio più strong di tutti è quello di non mangiare proprio il pandoro, ma come si fa? Quello semi strong è di non mangiarlo a fine pasto, ma a merenda (con un tè o un caffè rigorosamente senza zucchero) o a colazione. Tuttavia noi preferiamo pensare che mangiare il pandoro a fine pasto vuol dire anche seguire una tradizione e quindi vi riproponiamo il «trucchetto» di mangiarne, magari, mezza fetta.
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La decisione del tribunale di La Spezia che consente a una minorenne di assumere un nome maschile è contestabile. E quando si parla di transizioni chirurgiche bisogna sapere che le difficoltà sono tantissime.
Il tributo alle vittime della strage di Bondi beach a Sydney (Ansa)
Era evidente che l’antisemitismo da un momento all’altro sarebbe esploso con morti ammazzati. Nessuno si faccia illusioni: è solo l’inizio. Sono colpevoli i giornali che hanno riportato slogan genocidi, i politici e i cardinali che ripetono le menzogne di Hamas, i media che, grazie anche al fiume di denaro che da decenni arriva dal mondo islamico, hanno demonizzato lo Stato di Israele, i governanti che hanno permesso che la bandiera delle belve di Hamas sventolasse addirittura su palazzi di sedi istituzionali, tutti coloro che l’hanno appesa o messa sui social. Chiunque gridi slogan come «globalizzare l’intifada», sta invocando più morti ammazzati.
Ancora più sconvolgente dell’attentato antisemita in Australia sono i commenti sui social ai post che danno la notizia.
L’antisemitismo si è rifugiato nelle fogne nel 1945, il nazismo gli aveva tolto ogni dignità, e nelle fogne è rimasto fino al 1975. Fino a quella data sapevamo che Israele era dalla parte della ragione, che la sua nascita non solo era legittima, ma era un raggio di giustizia nella storia. Se guardiamo una carta geografica, dal Marocco all’Indonesia è tutto islam. Ovunque sono state annientate le civiltà precedenti, al punto tale che non ce ne ricordiamo, per cui non lo riconosciamo nemmeno per quello che è: dannato colonialismo genocidiario.
Nel 1453 cade Costantinopoli, quella che noi chiamiamo Turchia era il cristiano Impero romano d’Oriente. L’Afghanistan era una culla del buddismo. Siria e Nord Africa erano culle del cristianesimo, civilissime e verdi. L’islam distrugge tutte le civiltà precedenti. Il Bangladesh, una delle culle dell’induismo, è stato reso privo di induisti nel 1971, grazie a violenze spaventose seguite dalla più grande pulizia etnica di tutta la storia dell’umanità, 10 milioni di profughi induisti hanno lasciato la terra dei loro padri. Gli induisti sono stati convinti ad andarsene con sistemi energici e creativi: donne stuprate, bambini col cranio fracassato, uomini, ragazzi e bambini costretti a calarsi le brache e, nel caso non fossero circoncisi, castrati.
Poi il popolo di Israele ritorna alla terra di suoi padri. Si tratta di un fazzoletto di terra, senza una goccia di petrolio, ma è considerato un’onta imperdonabile. Quello di Israele è l’unico popolo tra quelli occupati dall’islam che sia riuscito a riconquistare la terra dei suoi padri interamente occupata. In mano all’islam era una terra di sassi e scorpioni, quando diventa Israele diventa un giardino. Nel 1975 la narrazione cambia. Israele ha incredibilmente vinto la guerra del ’48 e quella dei 6 giorni. Riesce a vincere dopo alcune sconfitte iniziali la guerra del Kippur. L’islam perde la speranza di una vittoria militare seguita dalla distruzione di Israele, e la strategia diventa mediatica.
Attraverso la corruzione di burocrati europei e dell’Onu, testate giornalistiche, campus statunitensi, università europee e poi ogni tipo di scuola, con la complicità del Partito comunista sovietico e di tutti i suoi fratellini nel mondo occidentale, grazie a fiumi di petrodollari, Israele è stato sempre più demonizzato mentre il vittimismo palestinese è diventato una nuova religione. Questo ha portato inevitabilmente alla beatificazione anche del terrorismo contro i cristiani, contro di noi. Sacerdoti e vescovi apprezzano gli imam più violenti, ignorano i martiri cristiani della Nigeria, decine e decine di migliaia di morti, rapimenti, stupri, mutilati e feriti, chiese distrutte, scuole vandalizzate, ma ignorano anche le violenze dei palestinesi contro i cristiani. A Betlemme i cristiani erano l’80% della popolazione prima di finire sotto l’amministrazione palestinese. Ora sono il 20%. La diminuzione è ottenuta mediante una serie di angherie che finiscono per suggerire l’idea di un trasferimento altrove, in termini tecnici si chiama pulizia etnica, e mediante il rapimento di ragazzine preadolescenti, prelevate all’uscita dalla scuola, e costrette a sposare un islamico, in termine tecnico si chiama stupro etnico. L’unico Stato in Medio Oriente dove il numero di cristiani aumenta costantemente è Israele, in tutti gli altri sta drammaticamente diminuendo.
Il vittimismo palestinese è elemento fondamentale, insieme alla denatalità, per la islamizzazione dell’Europa. L’antisemitismo, manifesto dal 1975, è esploso il 7 ottobre del 2023. Le cause dell’antisemitismo sono molteplici. La più apparentemente banale è la coscienza della superiorità culturale ebraica. I numeri sono impietosi. Gli ebrei sono lo 0,2% della popolazione mondiale. Il 20% dei premi Nobel sono stati attribuiti ad ebrei. Se guardiamo solo i premi Nobel per la fisica, la statistica sale al 35%. Il 50% dei campioni di scacchi è costituito da ebrei. Tra le motivazioni di questo successo c’è una potente identità etnica, il popolo eletto, coloro che parlavano con Dio e ne hanno avuto 10 comandamenti.
Fondamentale è il maggior quantitativo di studi, tenendo presente che ogni cosa che studiamo aumenta le sinapsi che abbiamo nel cervello. La stragrande maggioranza degli ebrei conosce almeno due lingue, l’ebraico, linguisticamente complesso che si scrive da destra a sinistra, e poi la lingua gentile del popolo ospitante o comunque l’inglese. Questa ricchezza linguistica si raggiunge attraverso lo studio e quindi aumenta le sinapsi. La religione ebraica è studio. La innegabile superiorità culturale ebraica genera due sentimenti negativi, l’invidia, una delle emozioni più potentemente distruttive, e il terrore del complotto, e qui arriviamo a un’altra causa di antisemitismo.
Sono più in gamba di noi in molti campi dello scibile umano, conoscono una lingua strana con cui possono comunicare tra di loro, ergo fanno continuamente complotti a nostro danno. In questa teoria gli ebrei sono descritti come assolutamente geniali da un lato e contemporaneamente i più idioti del reame: con tutta la loro incredibile potenza, tutto quello che ottengono è di essere costantemente odiati, di subire persecuzioni come nessun altro, non poter girare per la strada con una kippà o una stella di Davide, avere uno Staterello di 19.000 chilometri quadrati senza una goccia di petrolio che tutti vogliono distruggere.
C’è un antisemitismo cristiano che ha nutrito secoli di pogrom. Molti cristiani ritengono che Gesù Cristo sia stato ucciso dagli ebrei, che sia morto per volontà del Sinedrio. Gesù Cristo è andato alla morte per prendere su di sé i nostri peccati per volontà di Dio. Il popolo eletto ha avuto il compito di custodire la sua nascita e quello di custodire la sua morte. Quello che molti rimproverano agli ebrei è il loro non convertirsi al cristianesimo. In un certo senso questo loro rifiuto è «un continuo uccidere Cristo». Noi cristiani abbiamo avuto il compito da Cristo e da San Paolo di amare gli ebrei e convertirli. Con lunghi atroci secoli di persecuzioni e di odio abbiamo reso impossibile una conversione che in realtà è ovvia.
Ora il vaso di Pandora è scoperchiato. Giustificando, anzi amando, il terrorismo palestinese abbiamo sdoganato quello contro di noi. Anche gli assassinati del Bataclan avevano «rubato la terra ai palestinesi»? Per evitarci la tentazione dell’islamofobia ci è stato celato che a molte vittime del Bataclan sono stati cavati gli occhi e tagliati i genitali, come non ci hanno raccontato le sevizie durate ore con cui sono stati massacrati i nove italiani della strage di Dacca, luglio 2016. C’era anche una donna incinta. Ci hanno nascosto che cosa le hanno fatto perché altrimenti ci viene l’islamofobia.
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Le tecnologie nucleari rappresentano un pilastro fondamentale per affiancare le fonti rinnovabili, garantendo energia continua anche quando sole e vento non sono disponibili. Oltre a fornire elettricità affidabile, il nucleare contribuisce alla sicurezza del sistema elettrico e all’indipendenza energetica nazionale, elementi essenziali per sostenere la transizione energetica.
Negli ultimi anni, i reattori modulari di nuova generazione (SMR/AMR) hanno ridefinito l’equilibrio tra costi e benefici della produzione nucleare. Pur richiedendo investimenti iniziali significativi, questi impianti offrono vantaggi strutturali che li rendono sempre più sostenibili e competitivi nel lungo periodo. I capitali richiesti sono infatti sensibilmente inferiori rispetto ai grandi impianti tradizionali: si stimano 2-3 miliardi di euro per un reattore da 300 MWe contro i 12 e i 15 miliardi di euro per produrre 1.000 megawatt di potenza (1 GWe).
La standardizzazio dei moduli e l’assemblaggio in fabbrica garantiscono efficienza industriale, riducendo tempi, costi e complessità progettuale. Inoltre, con una vita operativa prevista di oltre 60 anni e un costo globale di produzione prevedibile, il nucleare modulare assicura energia affidabile a costi stabili, riducendo l’esposizione alla volatilità dei mercati energetici.
Il nucleare è già una realtà consolidata: nell’Unione europea sono operativi circa 100 reattori, con oltre 12 Paesi che stanno rilanciando questa tecnologia. Anche in Italia, l’aggiornamento del Pniec (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030) al 2024 prevede uno scenario con una potenza nucleare installata tra gli 8 e i 16 GW al 2050, pari a circa l’11-22% del fabbisogno nazionale.
A supporto dello sviluppo della filiera nazionale, è nata Nuclitalia società costituita da Enel, Ansaldo Energia e Leonardo che si occuperà dello studio di tecnologie avanzate e dell’analisi delle opportunità di mercato nel settore del nuovo nucleare. Il suo obiettivo è valutare le tecnologie più promettenti, costruire una filiera innovativa e sostenibile e sviluppare partnership industriali e di co-design, valorizzando le competenze delle industrie italiane. Inoltre, Nuclitalia monitora e partecipa attivamente ai programmi internazionali di R&D sulle tecnologie di IV generazione, per garantire un approccio integrato e avanzato al nucleare del futuro.
In sintesi, il nucleare modulare offre all’Italia la possibilità di affiancare le rinnovabili con energia stabile e programmabile, favorendo sicurezza energetica e sviluppo industriale. Con SMR e AMR, il Paese può costruire una filiera nazionale competitiva e sicura, contribuendo in modo concreto alla transizione energetica e all’indipendenza energetica.
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