2025-01-03
Persi 30.000 posti nell’indotto auto. Ursula è il problema, non la soluzione
Altri 50.000 a rischio nella componentistica Ue. La Von der Leyen promette rimedi, ma non ha anticipato il tavolo per evitare le multe sulle emissioni. Immatricolazioni Stellantis crollate del 10% (-19% a dicembre).Tre o quattro anni fa chi sosteneva che la transizione green ci avrebbe portato al deserto industriale veniva tacciato di negazionismo climatico o verde. Lo scorso anno, quando gli effetti della perdita di produzione nel settore auto cominciavano a divenire così importanti da non poter più essere nascosti sotto il tappeto, i pro transizione alla Frans Timmermans avevano pronta la ricetta: raddoppiare gli sforzi e i danni. Se il modello non funziona è perché l’impegno non è stato sufficiente. Ora i numeri sono a dir poco inquietanti, ma chi avrebbe dovuto pensare a soluzioni anticipate latita. Lo scorso anno l’industria della componentistica automotive ha perso più di 30.000 posti di lavoro, il doppio di quelli tagliati nel corso del 2023. I dati aggiornati sono frutto di una analisi dell’associazione europea di categoria, Clepa, elaborata per il Financial Times. Rallenta anche la creazione di posti di lavoro: dal 2020 la perdita netta supera le 58.000 unità in tutto il Vecchio Continente. Un panorama che non sembra presentare margini di miglioramento nemmeno per i prossimi anni, con gli ultimi mesi caratterizzati dagli annunci di tagli da parte dei grandi come Michelin, Bosch e Forvia mentre molte delle aziende più piccole hanno già presentato istanza di fallimento. Un settore - i cui occupati sono circa 1,7 milioni in Europa - che si sta preparando a tassi di crescita inferiori a quelli registrati negli ultimi anni. Alla base della crisi la forte concorrenza cinese e le enormi difficoltà presentate dal passaggio al motore elettrico, composto da un numero nettamente inferiori di componenti da assemblare. Su questo ultimo aspetto, l’associazione ha rilevato che la perdita di posti di lavoro legate ai motori a combustione interna dal 2020 hanno superato di gran lunga quelle create dal passaggio ai veicoli ricaricabili. Non ha aiutato nemmeno il raffreddamento della domanda per le vetture elettriche dato che nel 2024 il saldo è negativo anche se si guarda ai soli posti di lavoro creati dalla nuova motorizzazione: 4.680 i posti persi presso i fornitori di auto a batteria, un numero superiore ai 4.450 creati. Infatti il tema sta alla base del nuovo modello green. Le vetture a batteria elettrica costano molto di più, consentono una mobilità limitata e non permettono un listino che possa essere esteso al concetto di utilitarie. Il risultato è che i prodotti green sono intrinsecamente limitanti e quindi prevedono un mercato con perimetro ridotto. Nemmeno la spinta degli incentivi e della droga del sostegno pubblico potranno ovviare alle basi strutturali. Pensiamo all’Italia. Il nostro mercato potrebbe garantire un giro d’affari da 1,5 milioni di vetture. La produzione attuale supera di poco la metà. Non a caso, in assenza di utilitarie prodotte in loco, la vettura più venduta è la Dacia Sandero. Le immatricolazioni di Stellantis sono crollate in un solo anno di quasi il 10%. Il 9,9 per la precisione. Nel solo mese di dicembre il dato ha rasentato il 19%. Se passiamo alla Fiat il meno è addirittura del 40%. In ogni caso, anche se ci spostiamo in Francia vediamo un andamento simile. Nel 2024 i cugini d’Oltralpe hanno immatricolato 1,72 milioni di vetture. Nel 2019 la cifra aveva superato i 2,2 milioni. Qui le auto più vendute sono la Clio e la Peugeot 208. Anche queste sono utilitarie. Il che ci porta al dato di fondo. Le case automobilistiche europee dovrebbero cercare di riprendersi il segmento e in tempi rapidi. Più si aspetta a modificare i piani industriali e più la riconversione avrà costi elevati. Le prospettive che arrivano dalla Commissione non sono granché tranquillizzanti. Ursula von der Leyen si è impegnata nei prossimi tre mesi a portare avanti un round di incontri con i rappresentanti dell’industria. Obiettivo sarebbe rivedere le multe imposte dalle nuove normative sulle emissioni di CO2. Le regole sono entrate in vigore l’altro ieri. E nessuno dalle parti di Bruxelles si è preso la briga di anticipare gli incontri a dicembre. Se lo scorso anno si sono persi 30.000 posti di lavoro, quest’anno si arriverà a 50.000 in tutta la Ue. Nel frattempo il mercato cinese tiene il passo e quello americano avrà la possibilità di smarcarsi. Anche se l’arrivo di Donald Trump rimane una incognita sulle scelte specifiche riguardanti l’elettrico. Di certo il nuovo presidente non fare nulla che danneggia la capacità produttiva delle case automobilistiche Usa. Ieri la Tesla ha annunciato i dati relativi ai propri stabilimenti. Lo scorso anno sono state prodotte 1,7 milioni di vetture elettriche. L’uno per cento in meno del 2023 e un bel po’ sotto le stime. Significa che siamo vicini a una saturazione? Oppure che Byd, la concorrente cinese, avrà il sopravvento. Forse è solo assestamento. Quello che è certo è che nella guerra commerciale i due grandi colossi, Usa e Cina, hanno armi e tecnologia proprietaria. L’Europa non ha nulla al momento. Da qui biosogna ricominciare. Ammettendo che chi ci ha portati al fallimento non può essere lo stesso che troverà una soluzione ai problemi.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)