2025-01-22
Florentino a vita: l’oligarca del calcio che ha trasformato il Real in un mostro
Florentino Perez, presidente del Real Madrid (Ansa)
Rieletto presidente fino al 2029, ha portato trofei e superstar grazie ad astuzia e finanza. Così il Madrid è diventato enorme. Se gli anni trascorsi su una poltrona che conta significano qualcosa, nel mondo c’è un uomo più potente di Vladimir Putin e Xi Jinping. È Florentino Perez, presidente del Real Madrid, che è stato rieletto fino al 2029 senza neppure la conta perché era l’unico candidato a rivestire per la settima volta la carica. «Es una verguenza», direbbe un suo predecessore, Ramon Mendoza, che usava scandalizzarsi spesso e non solo per i pochi errori sottoporta di Emilio Butragueño detto el buitre, l’avvoltoio. Eppure è così, le elezioni non servono. Nella città dei re di Spagna ecco l’oligarca eterno.Alla fine dell’ultimo mandato saranno 26 gli anni da hidalgo, in due tempi perché stiamo pur sempre parlando di pallone. L’unico ad essere riuscito a sfilargli per un triennio la cadrega fu Ramon Calderón (2006-2009), un eroe soltanto per questo. A garantire il dominio di don Florentino non sono i cannoni ma i trofei: lui ha portato nell’immensa bacheca dello stadio Santiago Bernabeu 65 titoli (37 nel calcio e 28 nel basket) fra i quali spiccano sette Champions League e tre Eurolega. Il secondo presidente più vincente in Europa è stato, manco a dirlo, Silvio Berlusconi che in un talk show arrivò a chiedere all’economista Luigi Spaventa, candidato del centrosinistra: «Ma lei quante Champions ha vinto?». Il Cavaliere cinque.Se oggi il Real Madrid è il marchio più famoso del mondo, molto lo si deve a questo ingegnere strutturista di 77 anni che dopo una dignitosa carriera nella politica (con l’Union de centro democratico di Adolfo Suarez) e nella pubblica amministrazione (trasporti, infrastrutture, energia) fece fortuna cavalcando il boom economico degli anni Ottanta, nella transizione fra dittatura franchista e democrazia. E prese due decisioni fondamentali: fondare un’impresa di costruzioni ed entrare nel cda del Real. Le commesse dell’una e le vittorie dell’altro lo hanno portato in paradiso: oggi è l’uomo chiave di Acs (Actividades de Construcción y Servicios) presente nei cinque continenti, società quotata con una capitalizzazione di 22 miliardi. Secondo Forbes, lui ha un patrimonio di 2 miliardi.A renderlo famoso non sono stati i ponti, i plinti e le autostrade (ha quote in Abertis), ma i trionfi del Real. Nel 2000, per vincere le elezioni riesce nell’impresa di portare a Madrid l’idolo degli odiati rivali separatisti del Barcellona, Luis Figo, con i tifosi catalani in rivolta. L’anno successivo gli ultrà lanciano al «traditore» portoghese una testa di maiale in campo. Florentino Perez coglie in pieno l’importanza del pallone per moltiplicare introiti e potere. Ma per farlo devi vincere. Così inaugura la politica dei grandi acquisti, definita degli «Zidanes y Pavones». Accanto a fuoriclasse come Ronaldo il Fenomeno (45 milioni dall’Inter), Zinedine Zidane (77 milioni dalla Juventus), David Beckham (40 milioni dal Manchester United) valorizza giovani del vivaio come appunto il carneade Francisco Pavon. Il Real Madrid di Perez diventa «galáctico», conquista il mondo. E il presidente comincia a fare acquisti mirati anche per entrare nei mercati di riferimento con le sue aziende. Investe 75 milioni su James Rodriguez per far lievitare gli affari in Colombia, ingaggia Mezut Ozil e Sami Khedira quando Acs compra il 50% di Hoechtieff, la più grande società di costruzioni tedesca. Una strategia adottata 10 anni prima da Gianni Agnelli, che per sostituire Michel Platini portò a Torino Aleksandr Zavarov e Sergei Alejnikov (la chiamavano Juventurss) con l’illusione di vendere più Duna oltre cortina.I due colpi di genio di don Florentino sono l’ingaggio di Cristiano Ronaldo (94 milioni dal Manchester United) e il gioco delle tre carte per far pagare i suoi fuoriclasse all’Unione europea. Accade con Christian Bale, un velocista gallese prestato al calcio che il presidente porta via al Tottenham per 101 milioni, primo calciatore a sfondare il muro dei 100. A finanziare l’operazione sono le stesse banche spagnole (è il 2013) che hanno appena beneficiato dei soldi del Fondo europeo per combattere la crisi del credito e salvare gli istituti in difficoltà. Se con la finanza ha un rapporto particolare, con la politica madrilena Perez va a nozze. In un periodo in cui il suo Real Madrid è indebitatissimo, lui riesce a far trasformare in edificabili le aree dei campi di allenamento della Ciudad Deportiva, ormai inglobata nell’area urbana. E con la sua società di costruzioni a realizzare quattro torri progettate da archistar, fra le quali Norman Foster. Plusvalenza 501 milioni. Un mago Merlino che in una sola sessione di mercato ne mette sul piatto 264 per fare un filotto di fenomeni: Cristiano Ronaldo, Kakà, Karim Benzema e Xabi Alonso. Ogni tanto incappa anche lui in qualche flop, per esempio il belga Eden Hazard, 120 milioni per quattro dribbling. Quando capisce che la pandemia potrebbe tagliare le gambe al sistema si inventa la Superlega. Convoca una conferenza stampa, tuona «O così o moriamo tutti» e si mette contro gente come Emmanuel Macron, Boris Johnson, Mario Draghi. Soprattutto Alexander Ceferin, numero uno dell’Uefa, che gli smonta il giocattolo sul nascere e gli fa il tifo contro. Inutilmente perché il Real continua ad avere un enorme fascino su tutti, anche sugli arbitri. Alla fine non è morto nessuno, men che meno lui: nel 2023 chiude con 940 milioni di fatturato e 12 di attivo. E si concede una lunga vacanza alle Eolie a bordo della sua barchetta: uno yacht di 30 metri chiamato «Pitina», polpetta. Mago Florentino è un uomo con la vista lunga. Al centro sportivo di Valdebebas, per tutti è «gafas», gli occhiali. Silenzioso e felpato, ha il potere di comparire alle spalle all’improvviso, quindi nessuno lo nomina per nome. È un’entità astratta riassunta da una montatura da travet. La sua unica filosofia è vincere il prossimo trofeo. In nome del dogma non vacilla nel dire addio ad allenatori come José Mourinho, Fabio Capello, lo stesso Zidane. Carlo Ancelotti gli ha vinto tre Champions ma, poiché in questi mesi la squadra traballa, rischia la panchina. Rieletto fino al 2029, don Florentino non ha fretta. Si siede al posto d’onore del Bernabéu a godersi Kylian Mbappè e quel simpaticone di Vinicius junior. Gli basta un panno per pulire i gafas, il resto non è mai un problema.
Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (Ansa)
Protagonista di questo numero è l’atteso Salone della Giustizia di Roma, presieduto da Francesco Arcieri, ideatore e promotore di un evento che, negli anni, si è imposto come crocevia del mondo giuridico, istituzionale e accademico.
Arcieri rinnova la missione del Salone: unire magistratura, avvocatura, politica, università e cittadini in un confronto trasparente e costruttivo, capace di far uscire la giustizia dal linguaggio tecnico per restituirla alla società. L’edizione di quest’anno affronta i temi cruciali del nostro tempo — diritti, sicurezza, innovazione, etica pubblica — ma su tutti domina la grande sfida: la riforma della giustizia.
Sul piano istituzionale spicca la voce di Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, che individua nella riforma Nordio una battaglia di civiltà. Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri, riformare il Consiglio superiore della magistratura, rafforzare la terzietà del giudice: per Balboni sono passaggi essenziali per restituire equilibrio, fiducia e autorevolezza all’intero sistema giudiziario.
Accanto a lui l’intervento di Cesare Parodi dell’Associazione nazionale magistrati, che esprime con chiarezza la posizione contraria dell’Anm: la riforma, sostiene Parodi, rischia di indebolire la coesione interna della magistratura e di alterare l’equilibrio tra accusa e difesa. Un dialogo serrato ma costruttivo, che la testata propone come simbolo di pluralismo e maturità democratica. La prima pagina di Giustizia è dedicata inoltre alla lotta contro la violenza di genere, con l’autorevole contributo dell’avvocato Giulia Buongiorno, figura di riferimento nazionale nella difesa delle donne e nella promozione di politiche concrete contro ogni forma di abuso. Buongiorno denuncia l’urgenza di una risposta integrata — legislativa, educativa e culturale — capace di affrontare il fenomeno non solo come emergenza sociale ma come questione di civiltà. Segue la sezione Prìncipi del Foro, dedicata a riconosciuti maestri del diritto: Pietro Ichino, Franco Toffoletto, Salvatore Trifirò, Ugo Ruffolo e Nicola Mazzacuva affrontano i nodi centrali della giustizia del lavoro, dell’impresa e della professione forense. Ichino analizza il rapporto tra flessibilità e tutela; Toffoletto riflette sul nuovo equilibrio tra lavoro e nuove tecnologie; Trifirò richiama la responsabilità morale del giurista; Ruffolo e Mazzacuva parlano rispettivamente di deontologia nell’era digitale e dell’emergenza carceri. Ampio spazio, infine, ai processi mediatici, un terreno molto delicato e controverso della giustizia contemporanea. L’avvocato Nicodemo Gentile apre con una riflessione sui femminicidi invisibili, storie di dolore taciuto che svelano il volto sommerso della cronaca. Liborio Cataliotti, protagonista della difesa di Wanna Marchi e Stefania Nobile, racconta invece l’esperienza diretta di un processo trasformato in spettacolo mediatico. Chiudono la sezione l’avvocato Barbara Iannuccelli, parte civile nel processo per l’omicidio di Saman, che riflette sulla difficoltà di tutelare la dignità della vittima quando il clamore dei media rischia di sovrastare la verità e Cristina Rossello che pone l’attenzione sulla privacy di chi viene assistito.
Voci da angolature diverse, un unico tema: il fragile equilibrio tra giustizia e comunicazione. Ma i contributi di questo numero non si esauriscono qui. Giustizia ospita analisi, interviste, riflessioni e testimonianze che spaziano dal diritto penale all’etica pubblica, dalla cyber sicurezza alla devianza e criminalità giovanile. Ogni pagina di Giustizia aggiunge una tessera a un mosaico complessivo e vivo, dove il sapere incontra l’esperienza e la passione civile si traduce in parola scritta.
Per scaricare il numero di «Giustizia» basta cliccare sul link qui sotto.
Giustizia - Ottobre 2025.pdf
Continua a leggereRiduci
Terry Rozier (Getty Images)
L’operazione Royal Flush dell’Fbi coinvolge due nomi eccellenti: la guardia dei Miami Heat Terry Rozier e il coach dei Portland Trail Blazers Chauncey Billups, accusati di frode e riciclaggio in un vasto giro di scommesse truccate e poker illegale gestito dalle storiche famiglie mafiose.