
Il Comune di Gallarate (Varese) sgombra il campo abusivo ma deve mandare gli occupanti in albergo: conto da 55.000 euro. In Toscana, restituiti 2,5 milioni sequestrati alle famiglie rom Ahmetovic e Halilovic, condannate per rapine, furti e ricettazione.Che quei rom di Prato rubassero era pacifico. Furti, rapine, ricettazione. Condanne. Così la Guardia di finanza aveva detto: andiamo a recuperare un po' del bottino. Buona idea, no? Infatti hanno sequestrato 2 milioni e mezzo di euro: contanti, polizze, abitazioni, terreni. Era successo nel giugno 2017. Peccato che oggi, un anno e mezzo dopo, glieli restituiamo. Scusate, ci siamo sbagliati: il tribunale ha deciso che il sequestro non s'ha da fare. Quei soldi devono tornare indietro. Proprio così, avete capito bene: abbiamo appena ridato 2 milioni e mezzo a due famiglie rom, gli Halilovic e gli Ahmetovic, i cui componenti hanno collezionato una serie di reati contro il patrimonio che al confronto Alcatraz è una succursale dei frati cappuccini. Vi sembra folle? In effetti, anche a noi. E ancor più folle è la motivazione di questa decisione piuttosto dispendiosa per le nostre tasche. Il tribunale sostiene infatti che non esiste la prova che quei soldi siano provento diretto delle attività criminali. E che si aspettava di trovare, di grazia? Le banconote segnate con il timbro «made in rapina»? Appartamenti tappezzati con le foto della Banda Bassotti? La confessione della polizza assicurativa: sì, è vero, sono stata acquistata con denaro rubato? Dagli atti, per altro, non risulta che gli Halilovic e gli Ahmetovic in questione abbiano altre rendite. Non risultano lavorare. Non hanno stipendi fissi. Non hanno fondato imprese, se non quelle criminali riconosciute dalla giustizia. E allora: da dove saranno mai spuntati quei 2 milioni e mezzo di euro? Li ha portati Babbo Natale? La Befana? Sono piovuti dal cielo? Sono cresciuti miracolosamente dentro la vasca da bagno? O sono cresciuti sull'albero del cucù?Potremmo chiederlo ai diretti interessati. Del resto c'è da fidarsi di questa gente. Quando la Guardia di finanza fece scattare il sequestro chiamò l'operazione «Falsi poveri», perché le famiglie sedicenti nomadi di Prato avevano anche occupato abusivamente alcune case popolari. Si fingevano indigenti e avevano 2 milioni e mezzo in cassaforte. Ovviamente tutti soldi che non hanno nulla (ma proprio nulla) a che fare con le attività illecite per cui sono stati condannati, cioè con quei furti e quelle rapine, i cui proventi sono evidentemente stati utilizzati per aiutare le missioni cristiane nel mondo o forse per dare un contributo all'Accademia della Crusca, considerata la notevole sensibilità degli Halilovic e degli Ahmetovic per la cultura e la lingua italiana. A questo punto mi viene un dubbio: non è che ora il tribunale ordinerà di restituire loro anche la casa popolare?Non ci sarebbe da stupirsi. Se ci spostiamo da Prato a Gallarate (Varese) scopriamo infatti che le assurdità a favore dei sedicenti nomadi non finiscono mai. Qui c'erano un centinaio di sinti che vivevano da anni in una serie di villette abusive. Il sindaco ha deciso di sbaraccarle (e ha fatto bene) dicendo che avrebbe fatto pagare la spesa dell'abbattimento ai medesimi sinti (e avrebbe fatto benissimo) perché a lui risultavano tutt'altro che nullatenenti. Ottima idea anche questa, non vi pare? Peccato che a una settimana dalla messa in moto delle ruspe non risulta che i sinti abbiano pagato il becco di un quattrino, ma al contrario risulta che il Comune si stia svenando per mantenerli al Grand hotel Milano Malpensa di Somma Lombardo. Al modico prezzo di quasi 2.000 euro al giorno, ricca colazione compresa.Risultato: 55.000 euro per mantenere nel lusso 69 sinti (il 75% di quelli che stavano nelle villette) fino all'8 gennaio. Vacanze di Natale garantite al Grand hotel, a differenza di tanti italiani costretti a vivere in condizioni assai meno confortevoli. Ma vi pare logico? Bisogna per forza diventare abusivi per avere tanta attenzione da parte delle istituzioni pubbliche? Per altro pare che ai sedicenti nomadi, assai poco propensi a nomadare, vengano offerti in convenzione, al modico prezzo di 20 euro, anche pranzo e cena al ristorante del Grand hotel. Piacerebbe sapere chi paga anche quelli, ovviamente.Non si tratta di una questione da poco. Anche perché noi siamo dell'idea che i campi nomadi debbano essere spazzati via tutti, il più in fretta possibile: ma non è che poi dobbiamo ospitare tutti gli sgomberati in qualche Hilton ambassador o Luxury excelsior della Penisola? Siamo alle solite: l'impressione è che in questo disgraziato Paese l'illegalità paghi. Se violi la legge, ti aiutano. Se sei rispettoso di Dio e degli altri, ti castigano. Possibile?Ieri le forze dell'ordine hanno fatto irruzione in un campo nomadi di Foggia. Hanno arrestato sei rom che tenevano in schiavitù tre ragazze minorenni. Le costringevano a prostituirsi, anche mentre erano in gravidanza. Quando una di loro ha partorito hanno cercato di vendere il bimbo per 28.000 euro. Questa violenza disumana, secondo gli inquirenti, era «prassi consolidata»: quelle ragazzine venivano tenute segregate, picchiate, umiliate, violentate in ogni modo. Un caso limite? Può darsi. Ma in quanti campi nomadi i bambini vengono maltrattati, privati dei loro diritti, costretti a vivere tra topi e immondizia, mandati a rubare, usati per mendicare?E come possono le anime belle dei benpensanti tollerare tutto questo? Come si fa a non capire che, di fronte a situazioni simili, usare la ruspa è il massimo della civiltà e dell'umanità? E che al contrario la disumanità è lasciare che lo schifo continui? A patto, s'intende, di non dover poi ospitare anche gli autori di imprese criminali come quella di Foggia in quale suite extralusso. Magari dopo avergli restituito il bottino, con tante scuse firmate da un giudice.
Federica Picchi (Ansa)
Il sottosegretario di Fratelli d’Italia è stato sfiduciato per aver condiviso un post della Casa Bianca sull’eccesso di vaccinazioni nei bimbi. Più che la reazione dei compagni, stupiscono i 20 voti a favore tra azzurri e leghisti.
Al Pirellone martedì pomeriggio è andata in scena una vergognosa farsa. Per aver condiviso a settembre, nelle storie di Instagram (che dopo 24 ore spariscono), un video della Casa Bianca di pochi minuti, è stata sfiduciata la sottosegretaria allo Sport Federica Picchi, in quota Fratelli d’Italia. A far sobbalzare lorsignori consiglieri non è stato il proclama terroristico di un lupo solitario o una sequela di insulti al governo della Lombardia, bensì una riflessione del presidente americano Donald Trump sull’eccessiva somministrazione di vaccini ai bambini piccoli. Nessuno, peraltro, ha visto quel video ripostato da Picchi, come hanno confermato gli stessi eletti al Pirellone, eppure è stata montata ad arte la storia grottesca di un Consiglio regionale vilipeso e infangato.
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
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Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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Stadio di San Siro (Imagoeconomica)
Ieri il Meazza è diventato, per 197 milioni, ufficialmente di proprietà di Milan e Inter. Una compravendita sulla quale i pm ipotizzano una turbativa d’asta: nel mirino c’è il bando, contestato da un potenziale acquirente per le tempistiche troppo strette.
Azione-reazione, come il martelletto sul ginocchio. Il riflesso rotuleo della Procura di Milano indica un’ottima salute del sistema nervoso, sembra quello di Jannik Sinner. Erano trascorsi pochi minuti dalla firma del rogito con il quale lo stadio di San Siro è passato dal Comune ai club Inter e Milan che dal quarto piano del tribunale è ufficialmente partita un’inchiesta per turbativa d’asta. Se le Montblanc di Paolo Scaroni e Beppe Marotta fossero state scariche, il siluro giudiziario sarebbe arrivato anche prima delle firme, quindi prima dell’ipotetica fattispecie di reato. Il rito ambrosiano funziona così.











