2020-02-06
Per «Repubblica» ora è xenofobia anche voler scampare al contagio
Sul quotidiano, lo psicanalista Massimo Recalcati tratta la paura del morbo quale espressione del razzismo patologico degli italiani. Ma Roberto Burioni e Walter Ricciardi, come la Lega, invocano più prevenzione: sono suprematisti pure loro?Per lui il sovranismo è «una nuova malattia», «un fatto psichico». Dunque, Massimo Recalcati non poteva che vedere del patologico anche nei timori degli italiani per il coronavirus. Lo psicanalista che piaceva a Matteo Renzi ha affidato alle colonne di Repubblica un elaborato ragionamento, tra Sigmud Freud, Elias Canetti e Aristotele, provando a conferire nobiltà intellettuale al ritornello preferito dal quotidiano di Eugenio Scalfari: gli italiani sono razzisti. E stavolta, oggetto dei loro «sussulti» non sono gli africani, bensì i cinesi. Per Recalcati, il panico scatenato dell'epidemia di coronavirus va iscritto «nella fenomenologia della paura umana per il contatto». L'istinto di «chiusura nella propria casa», sostiene il luminare, è un meccanismo spontaneo di difesa «di fronte al carattere estraneo e ostile del mondo». Laddove, per «chiusura» s'intende la quarantena degli studenti provenienti dalla Cina, proposta dai governatori leghisti di Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia, Luca Zaia, Attilio Fontana e Massimiliano Fedriga, oltre che dal presidente della provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, pure lui nel Carroccio.In realtà, i timori degli italiani non c'entrano tanto con l'«angoscia primaria di intrusione». La gente è in ansia non perché non sopporti le «stimolazioni perturbanti», ma perché non vuole ammalarsi e morire di polmonite interstiziale. Recalcati ha bisogno di citare Freud per ammettere che esiste un istinto di «autoconservazione» dinanzi alla «minaccia della morte», però alla fine ci arriva. Ma non per chiudere la polemica. Anzi, per dimostrare che c'è un «corrispettivo politico» dell'impulso a salvarsi le penne, ossia «l'inclinazione paranoide che identifica lo straniero come una minaccia all'integrità del corpo della nazione». E qui scatta l'immancabile riferimento al nazismo.Insomma, gli italiani svelano per l'ennesima volta la loro nevrosi sovranista, il loro riflesso condizionato a trincerarsi per cacciare il diverso, la «spinta securitaria» e la mania per «il muro», contro cui scienza e politica devono condurre una «necessaria battaglia». Non si capisce più se vittime della segregazione siano i cinesi o il virus. Francamente, la tanto vituperata «paura», più che il precursore di una notte dei cristalli riservata ai ristoranti mandarini, pare una legittima reazione all'emergenza sanitaria dichiarata dall'Oms (non dalla Lega). Forse i cittadini si fidano poco dei provvedimenti presi dal regime di Pechino. Osservano il dilettantismo del governo giallorosso. Vedono un morbo potenzialmente letale, piuttosto che una «figura dell'epidemia». E comunque, tra la natura che li spinge a restare vivi e l'ideologia che li vorrebbe impegnati a perseguire la kantiana pace perpetua, propendono per la natura. Quando di mezzo c'è la pelle, è meglio qualche precauzione irrazionale in più. Tanto che i cinesi stessi, a Prato e a Torino, hanno allestito una quarantena fai da te: sono diventati sovranisti, sinofobi, autorazzisti?Se ciò non bastasse, a Recalcati bisognerebbe segnalare che anche la scienza impegnata nella lotta contro «l'inclinazione xenofoba» dell'essere umano, sembra pervasa dalla «pulsione securitaria». Persino la scienza che piace alla gente che piace, stavolta dà ragione ai barbari amministratori del Carroccio.Prendete Roberto Burioni, il crociato dell'obbligo vaccinale: «Giusta la richiesta di alcuni presidenti di Regione della Lega», ha sostenuto il virologo, «di avere maggiore attenzione prima di riammettere i bambini provenienti dalla Cina nelle nostre scuole». È un personaggio troppo sopra le righe? E allora guardate cosa pensa Walter Ricciardi, professore alla Cattolica, presidente del Mission board for cancer della Commissione Ue, vicino ai governi Renzi e Gentiloni, in risposta a Giuseppe Conte, che invitava i governatori leghisti a «fidarsi di chi ha una specifica competenza». «Sarebbe opportuno adottare misure di questo tipo per la popolazione scolastica», ha dichiarato Ricciardi, «indipendentemente dalla nazionalità degli alunni» (e ci mancherebbe: il problema non è l'etnia, il problema è aver soggiornato in zone esposte al contagio). «Se una persona», ha proseguito, «anche asintomatica, è rientrata da un'area a rischio, è meritevole di attenzione ed è preferibile non rientri immediatamente nella comunità, ma venga monitorata per un tempo ragionevole. Il periodo d'incubazione del coronavirus sembra essere intorno ai 5-7 giorni. Per essere sicuri, sarebbe meglio che per 14 giorni gli alunni rientrati da aree a rischio rimanessero semplicemente a casa per essere monitorati». Le alternative sono due: o i «competenti», gli scienziati di riferimento dell'establishment progressista, hanno preso all'improvviso la tessera del partito di Matteo Salvini, o chi invoca prudenza e precauzioni non è un criptorazzista in preda ad «angosce profonde». Magari esagera, è sensibile all'«infodemia» e non riesce a mantenere il sangue freddo, se è vero che il coronavirus uccide meno della Sars e della Mers. E tuttavia, è una persona di buon senso. In ballo c'è un bilancio da quasi 25.000 contagi e quasi 500 morti. Mica una «fenomenologia».
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?
Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)