2021-10-16
Per le cartelle un pannicello caldo. Invece serve un semestre bianco
Ernesto Maria Ruffini (Ansa)
Le dilazioni nei pagamenti non bastano: senza uno stop, imprese e autonomi falliranno.Forse non ci siamo spiegati bene. O forse, chissà, qualcuno al Mef non ha sufficientemente chiara la situazione concreta dei contribuenti italiani, con particolare (ma non esclusivo) riferimento ad autonomi e partite Iva. Proviamo a riassumere lo stato delle cose in cinque punti, prescindendo dall'elefante nella stanza che è di per sé rappresentato dal livello insostenibile della tassazione ordinaria, a maggior ragione in tempi di faticosa e incertissima uscita dall'emergenza economica aggravata dai lockdown striscianti e dalle restrizioni del 2020-2021.Primo. Dall'inizio di settembre sono ripartite le cartelle dell'Agenzia delle entrate guidata da Ernesto Maria Ruffini. Nella loro grande «bontà», Mef e amministrazione fiscale ci hanno fatto sapere che, da qui a fine anno, sarà recapitata solo una piccola parte (pare, 4 milioni su oltre 25) degli atti potenzialmente in rampa di lancio. Insomma, il tasto «enter» sull'immaginaria tastiera dell'Agenzia sarà premuto con lentezza. Però, intanto, le cartelle cominciano ad arrivare. E immaginate lo stato d'animo, ad esempio, di un ristoratore rimasto chiuso per mesi, che adesso sta minimamente incassando qualcosa, e a cui l'idrovora del fisco intende immediatamente prosciugare questa nuova e scarsa liquidità.Secondo. Entro il 30 settembre scorso scadeva il termine per saldare le 17-18 rateizzazioni pre Covid eventualmente esistenti. Anche qui, non occorre fantasia particolare per immaginare la difficoltà di sostenere una simile raffica. Diranno i tassatori che l'interessato avrebbe dovuto accantonare nel tempo le somme necessarie: facile a dirsi, ma assai difficile a farsi, se uno - nella tempesta -deve anche mettere un po' di pane a tavola per sé e per la propria famiglia. Terzo. I nostri governanti avevano anche fissato altre quattro tappe di recupero (sempre in nome del mitico «fisco amico»). In che date? Tenetevi forte. Ecco le quattro scadenze: 15 settembre, 16 settembre (avete capito bene: due scadenze in due giorni!), 16 ottobre, 16 novembre. Quarto. Resta ferma la scadenza dell'acconto fiscale del 30 novembre prossimo.Quinto. E resta ovviamente fermissima la scadenza ordinaria dell'Iva trimestrale (16 novembre) per chi sia sottoposto a quel regime. Se non vi siete sentiti male solo nel leggere questo calendario, siamo in grado di trarre insieme una conclusione banale. Delle due l'una: o il contribuente è un eroe e rispetta tutte le scadenze (ma in quel caso non si sa come sfamerà i suoi cari) oppure non ce la fa e viene ulteriormente trascinato verso il burrone. Dinanzi a tutto questo, qual è la risposta del governo? Al momento duplice. Per un verso, si sussurra di una nuova rottamazione da approvare dentro la manovra di fine anno o a margine di essa. Ma attenzione, non c'è nessuna certezza. Anzi, secondo un modus operandi ben noto, si terranno ferme tutte le scadenze sperando che i tartassati si svenino, e solo all'ultimo momento si metterà in campo una qualche misura di recupero. Per altro verso, con specifico riferimento alle cartelle, ieri il Consiglio dei ministri ha deciso di estendere da 60 a 150 giorni il tempo per pagare. Insomma, una volta ricevuto l'atto, il malcapitato - dopo questa correzione - avrà non due ma cinque mesi per saldare. Il Cdm ha inoltre esteso da 10 a 18 rate non pagate il limite oltre il quale si decade dai piani di rateizzazione, oltre a concedere una miniproroga (solo al 30 novembre) delle vecchie pendenze legate a rottamazione ter e saldo e stralcio. Per carità, meglio questo di un ennesimo calcio negli stinchi. Eppure, chi propone cerottini di questo tipo non deve aver presente la profondità della ferita nella carne viva dei contribuenti. Davvero qualcuno pensa che, rispetto alla gragnuola di colpi sintetizzata prima, tutto si risolva posticipando una sola scadenza, quella dell'eventuale cartella dell'Agenzia - che so - dal 15 dicembre al 15 marzo? E tutto il resto? E tutta la sequenza mozzafiato e mozzagambe che abbiamo ripercorso prima?Sarebbe il caso di mettere in campo soluzioni serie e strutturali. Ci permettiamo qui di avanzare una proposta ragionevole, praticabile, tutt'altro che estrema o bollabile come un condono. Si tratterebbe semmai del minimo sindacale di un nuovo patto tra fisco e contribuenti. Primo: garantire che, rispetto all'arretrato, si possa non pagare per 5-6 mesi ancora, una sorta di «semestre bianco fiscale» per aiutare un poco la ripresa post Covid. Secondo: eliminare sanzioni e interessi per evitare che le cifre lievitino a dismisura. Terzo: consentire un nuovo piano globale di rate (ad esempio dal 1° marzo 2022) spalmato su dieci anni o comunque su tempi lunghissimi, e quindi gestibile mese per mese senza mettere in ginocchio le imprese e i contribuenti. C'è da augurarsi che si apra presto e seriamente una discussione di questo tipo.