2020-01-05
Per il Movimento uno vale uno, o vale Trenta?
Quando Elisabetta Trenta fu nominata ministro della Difesa nel primo governo guidato da Giuseppe Conte, ci chiedemmo a quale santo in paradiso fosse dovuta la sua ascesa nell'olimpo della politica. Una sconosciuta a capo dell'Esercito non è cosa da tutti i giorni, soprattutto se la sconosciuta è al comando delle truppe che devono difendere il Paese.Adesso che da quattro mesi Lady Trenta non fa più parte dell'esecutivo, ed è stata retrocessa a semplice docente di un corso della Link university di Roma, ci chiediamo quale santo in paradiso le consenta di continuare a occupare una casa del ministero della Difesa. Sappiamo già la risposta formale che tramite il suo ufficio stampa la signora fornirebbe a chi le chiedesse conto di quell'alloggio in centro pagato 141 euro. L'ex ministra sosterrebbe di averne diritto, in quanto sposata con un militare. Ovviamente se tutti gli effettivi delle Forze armate - cioè chiunque indossi una divisa dell'Esercito, dell'Aeronautica o della Marina - avessero a disposizione alloggi statali, il ministero della Difesa sarebbe la più grande agenzia immobiliare del Paese. Infatti non tutti i soldati godono di un appartamento in centro a Roma e a prezzo di un monolocale a Cursolo Orasso. Ma questo dettaglio non sembra aver smosso le certezze della signora Trenta la quale, quando una giornalista del Corriere della Sera scoprì che a due mesi dalle dimissioni continuava a occupare una casa statale, replicò dicendo che l'appartamento era concesso in uso al marito ufficiale. Che l'assegnazione fosse avvenuta proprio in coincidenza con la sua uscita di scena dal governo, secondo l'ex ministra non doveva generare sospetti perché, come spiegò, prima l'alloggio era stato concesso a lei per esigenze di servizio, poi quando il servizio e pure le esigenze ormai erano agli sgoccioli, la locazione fu trasferita in capo al consorte. Tutto regolare insomma, secondo nostra signora degli eserciti, la quale non fece cenno alla casa coniugale, di cui pure disponeva nella Capitale prima di guidare la Difesa. Né rese noto quale fosse il canone che era richiesto a lei e al consorte per continuare a soggiornare in una delle zone più ambite della città.L'unica spiegazione che la rappresentante dei 5 stelle fornì ai cronisti fu che dal giorno della sua nomina a ministro le sue esigenze erano cambiate. In pratica, non poteva più ricevere le persone nel suo appartamento, in un quartiere dove era facile trovare un pusher sotto casa. Oggi ho una vita di relazioni, spiegò ai giornalisti, e dunque non posso abbandonare l'abitazione confortevole che lo Stato ha concesso prima a me e poi a mio marito. La difesa dell'ex ministra della Difesa, in pratica, fu la rappresentazione di un misto di arroganza e opportunismo politico. Altro che uno vale uno, noi non siamo deputati, ma semplici cittadini, basta con i privilegi della Casta e altre quisquilie grilline udite negli ultimi anni. La Trenta, con le sue giustificazioni, stava dicendo che lei non poteva vivere in un quartiere dove imperversano gli spacciatori, come molti italiani. Lei era lei, mica una qualunque. E poi, dopo essere diventata ministra, non poteva tornare alla vita normale in un quartiere normale, perché ora aveva una «vita di relazioni», che lo Stato doveva contribuire a farle mantenere. In breve, la docente elevata da Luigi Di Maio al rango di comandante in capo fu travolta dalle polemiche e costretta a promettere di liberare in fretta l'appartamento furbescamente mantenuto. Era il 18 novembre quando, su sollecitazione anche della sua parte politica, ma soprattutto dell'annuncio di un'indagine della Procura militare, la Trenta fu indotta a capitolare e ad arrendersi, rinunciando alla difesa del privilegio. Da allora però è trascorso più di un mese e pure le vacanze di Natale, ma nonostante non indossi più la mimetica, la signora continua a rimanere lì. Ai nostri giornalisti che chiedevano se avesse traslocato, l'ex ministra ha detto che risponderà con una conferenza stampa. Che bisogno c'è di convocare tutte le testate per dire se si è cambiato alloggio? Alla domanda se abita ancora in un appartamento di proprietà del ministero della Difesa, basterebbe rispondere sì o no. È ovvio, nel primo caso sarebbe necessario aggiungere anche altro, per esempio quando si ha intenzione di liberarla. Ma forse, per chi ha cercato fortuna chiedendo trasparenza, è chiedere troppo.
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