2024-08-29
Per la Harris è già finito l’effetto Convention
Kamala Harris, candidata democratica in corsa per la Casa Bianca (Ansa)
I sondaggi danno i due candidati divisi da un punto o poco più. Inoltre la vice di Joe Biden continua a rimangiarsi la parola: ora è a favore di fracking e muro col Messico. Il procuratore speciale riformula le accuse contro Donald Trump perché vuole aggirare la Corte supremaSembra ormai agli sgoccioli la luna di miele di cui ha finora goduto Kamala Harris. I segnali preoccupanti, per lei, si stanno infatti moltiplicando. Innanzitutto, contrariamente alle aspettative, vari sondaggi non hanno registrato alcun suo balzo in avanti dopo la Convention di Chicago, conclusasi il 22 agosto. Una rilevazione di YouGov, pubblicata l’altro ieri, dà la vicepresidente al 47% contro il 46% di Donald Trump. Un altro recentissimo sondaggio, condotto da Echelon Insights, vede invece il tycoon in testa col 49% a fronte del 48% della rivale. Per Morning Consult, la vicepresidente è infine avanti del 4%: un risultato tuttavia invariato rispetto a metà agosto.Non solo. La Harris, che non è ancora riuscita ad accordarsi con l’avversario sull’uso dei microfoni in vista del dibattito televisivo del 10 settembre, sta anche iniziando a essere scaricata dalla stampa amica. Già due settimane fa, il Washington Post aveva criticato la sua proposta di fissare un tetto ai prezzi. Tutto questo, mentre l’altro ieri, Politico l’ha biasimata per non essersi ancora sottoposta a un’intervista giornalistica da candidata, puntando inoltre il dito contro le sue fumose proposte programmatiche. «Finora la campagna della Harris si è concentrata poco su politiche specifiche, il che le ha reso più difficile aggirare gli attacchi dei repubblicani che la accusano di essere troppo progressista e incostante», ha scritto martedì la testata. Per correre ai ripari, poche ore dopo, la vicepresidente ha reso noto di aver fissato un’intervista con la Cnn per stasera. Tuttavia la toppa rischia di rivelarsi peggiore del buco. Innanzitutto resta il fatto che la Harris rilascerà la sua prima intervista (registrata), tra l’altro a una rete storicamente non ostile ai dem, dopo 39 giorni di candidatura. Poi, la diretta interessata non andrà davanti alle telecamere da sola, ma accompagnata dal suo vice, Tim Walz. Una circostanza, questa, che le ha già attirato la derisione dei repubblicani. «La Harris non è in grado di sostenere un’intervista da sola», ha twittato il senior advisor di Trump, Jason Miller.D’altronde, la vicepresidente teme che le venga chiesto conto dei suoi numerosi voltafaccia politici. Da candidata presidenziale nel 2019, si presentò come paladina dell’ambientalismo contro il fracking: controverso metodo di estrazione del gas molto utilizzato in Pennsylvania. Eppure, poche settimane fa, ha reso noto di non sostenere più il divieto di questa pratica. Un tempo, la Harris era un’aspra critica del muro al confine con il Messico, da lei definito «antiamericano». Adesso invece, secondo Axios, la candidata dem «si è impegnata a spendere centinaia di milioni di dollari per il muro lungo la frontiera meridionale». Passiamo poi alla auto elettriche: da senatrice, nel 2019, sponsorizzò un disegno di legge che puntava a vietare la vendita dei veicoli a benzina entro il 2040. Eppure, appena pochi giorni fa, la sua campagna ha affermato che «la Harris non supporta l’obbligo dei veicoli elettrici».Ma la vicepresidente ha anche un altro problema. Lunedì, la Corte Suprema del Wisconsin ha respinto un ricorso del Partito democratico contro la candidatura in loco di Jill Stein: la candidata presidenziale del Green Party, formazione di estrema sinistra collocata su posizioni fortemente filopalestinesi. Ricordiamo che una parte del mondo pro Pal sta contestando la Harris da settimane: quei Pro Pal che, in Wisconsin, detengono un pacchetto di circa 48.000 voti. Ebbene, nel 2016 e nel 2020, la vittoria in questo Stato fu decisa per un totale di appena 20.000 voti. In particolare, otto anni fa, la Stein di voti qui ne prese 31.000, permettendo a Trump di battere Hillary Clinton. Uno scenario che adesso la Harris teme possa ripetersi.Del resto, che il mondo dem si stia agitando è forse testimoniato anche dal fatto che il procuratore speciale, Jack Smith, ha ripresentato l’incriminazione contro Trump relativa al suo presunto tentativo di ribaltare le elezioni del 2020. Nominato dall’amministrazione Biden-Harris, Smith ha riformulato l’accusa, cercando di aggirare la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, che aveva riconosciuto a Trump l’immunità presidenziale per i suoi atti ufficiali. Il procuratore ha, in particolare, tagliato la sezione dedicata alle prove d’accusa, riducendo anche il numero dei presunti complici. I capi di imputazione sono invece rimasti i medesimi: in particolare, associazione per delinquere finalizzata a frodare gli Stati Uniti e a ostacolare procedimenti ufficiali (continua invece a mancare un’accusa di insurrezione o sedizione). Secondo Jonathan Turley, professore di diritto alla George Washington University, questa incriminazione riformulata sarebbe ancora più debole della precedente, perché manterrebbe lo stesso impianto accusatorio ma con un minor numero di prove. Tra l’altro, la rinnovata offensiva giudiziaria rischia di innescare un effetto boomerang. Al di là del fatto che assai probabilmente il processo non inizierebbe prima delle elezioni, ricordiamo che, alle primarie, l’ascesa di Trump nei sondaggi si verificò proprio quando cominciò a essere incriminato. La mossa di Smith, insomma, potrebbe finire con l’assestare un ulteriore colpo alla luna di miele della Harris.