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2020-12-05
Per fomentare la paura tra la gente Giuseppi straparla persino di Tso
Giuseppe Conte (Ansa)
«Meglio il sacrificio di uno soltanto, che la corruzione di molti», scrive Aldous Huxley nel Mondo nuovo. Qui invece, con il comandante Giuseppe Conte siamo al sacrificio di molti per la corruzione di uno. Corruzione non di soldi, per carità, ma dell'uso della lingua italiana. E dalla corruzione della lingua, si sa, iniziano i guai della democrazia.
Le parole pronunciate dal presidente del Consiglio giovedì sera in conferenza stampa sul ricovero obbligatorio per i malati psichici (in gergo Tso) sono queste e non sono purtroppo equivocabili. «Se noi siamo in una condizione di gestire la curva del contagio, come confido stiamo facendo e continueremo a fare», ha sillabato il premier, «non sarà necessario imporre un trattamento sanitario obbligatorio e preferiamo, fino all'ultimo, preservare la facoltatività della vaccinazione». «Trattamento sanitario obbligatorio» è esattamente uno degli strumenti della legge Basaglia e Conte, avvocato dalla parcella pesante, lo sa bene. «Facoltatività», invece, entra purtroppo nel vocabolario di questo modesto Don Ferrante.
Anche al premier è sicuramente noto che «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». Lo dice la Costituzione (articolo 32), non un dpcm. In subordine, la materia dei trattamenti sanitari obbligatori è regolata dalla famosa legge «180» del 1978, che quando non c'era ancora la dittatura del politicamente corretto era simpaticamente chiamata «Pazzi in libertà». La legge (non un dpcm) prevede che a nessuno possano essere imposte cure (vale anche per i vaccini), visite mediche e tantomeno ricoveri. Questo principio, per i minori, in casi gravissimi e per i pazienti psichiatrici, può essere violato solo in presenza di alterazioni psichiche tali da richiedere interventi terapeutici urgenti, se ci si rifiuta di farsi curare e qualora non si possa ricorrere a cure non ospedaliere idonee e tempestive.
Chi dispone il Tso? Conte? Il supervisore Rocco Casalino? Il ministro Roberto Speranza, sentito Massimo D'Alema? Lo firma Vincenzo De Luca con il lanciafiamme? Un dpcm ad personam? No, la legge dice che è disposto dal sindaco del Comune di residenza del paziente o dove questi si trova momentaneamente. Quindi, giovedì sera, nell'intento di spaventare il popolo in vista del Natale, il premier si è anche appropriato di un potere che non gli appartiene. A meno di cambiare la legge Basaglia (ma non con un dpcm). Il Tso va quindi firmato dal sindaco, su proposta di un medico qualsiasi, convalidata da un collega di una struttura pubblica, ed entro altre 48 ore va comunicato al giudice tutelare. Il giudice, a sua volta, ha altri due giorni per convalidarlo, come è uso quando si tratta della libertà personale, e se non fa nulla il Tso decade. Insomma, il Tso parte di solito dai parenti della persona interessata, o da infermieri o agenti di pubblica sicurezza intervenuti per un caso grave, ma poi viene interamente gestito da medici e magistrati. E questo perché tanto un familiare, quanto una persona in divisa o un collega di lavoro, potrebbe anche avere interesse a far passare per matta una persona che matta non è.
Ecco quindi che il Conte che prima invita tutti gli italiani a fare i bravi e ad accettare le limitazioni, alcune anche cervellotiche come equiparare i movimenti all'interno di un Comune di 1.000 abitanti a quelli di un comune come Roma o Milano, e poi si mette a citare il «trattamento sanitario obbligatorio», sembra proprio un signore che ambisce a governare fomentando la paura. Un trucco per altro vecchiotto, visto quanto diceva in proposito Thomas Jefferson, il terzo presidente degli Stati Uniti: «Quando il popolo ha paura del governo, c'è tirannia. Quando il governo ha paura del popolo, c'è libertà».
Non solo, ma anche il contesto nel quale è uscita questa perla di democrazia dalla bocca del Conte è un po' inquietante. Al premier era stato chiesto di esprimersi sull'obbligatorietà del vaccino per il Covid, che secondo vari sondaggi non piacerebbe al 40% circa degli italiani. E la risposta in cui si evocava il Tso assume quindi un peso ancora maggiore. Nel caso i contagi non fossero «sotto controllo», per altro sulla base di dati spesso gonfiati o palesemente falsi come quelli sui morti (caso strano) di giovedì, il governo che fa? Impone la vaccinazione di massa agli italiani (con le doti manageriali di Domenico Arcuri si finisce nel 2022) e poi ricovera d'imperio qualche milione di obiettori, con fasce di contrizione e bombe di psicofarmaci? E visto che già oggi, come qualunque medico potrà spiegare al presidente del Consiglio, non ci sono letti nei reparti psichiatrici, che cosa facciamo? Mettiamo renitenti al vaccino positivi (o negativi!) al Covid insieme agli altri malati? E i matti veri li lasciamo a casa con mamma e papà?
Sì, rischia proprio di sembrare una barzelletta. Come quelle in cui tutti i folli si credono Napoleone. Il 26 aprile 2020, in un discorso alla nazione, un presidente del Consiglio italiano usò una dozzina di volte le locuzioni «noi permettiamo», «noi acconsentiamo» , «acconsento», «consento», «non permettiamo». Prima o poi, con il senso della democrazia di Conte, sarà possibile chiedere il Tso anche per chi si crede Luigi XIV.
L’Oms spinge la patente d’immunità
Immaginate di mescolare gli ingredienti più inquietanti di ogni distopia: la tecnologia e il controllo sociale. Non ne verrebbe fuori un libro di Aldous Huxley, bensì l'ultima trovata dell'Oms: il «certificato elettronico di vaccinazione».
La trovata è di Siddharta Datta, l'esperto di vaccini della divisione europea dell'Oms: «Stiamo esaminando molto da vicino l'uso della tecnologia nella risposta al Covid e uno degli aspetti è come possiamo lavorare con gli Stati membri» a quello che sarebbe, a tutti gli effetti, un patentino riservato ai vaccinati. Uno stratagemma per prendere due piccioni con una fava: evitare l'obbligo di legge, al fine di spacciarsi da campioni della libertà di scelta, esercitando però una tale pressione sulla popolazione, da istituire un obbligo di fatto. Chi non fosse in possesso del certificato o del patentino, infatti, finirebbe vittima di una sorta di segregazione sanitaria: niente mezzi e locali pubblici, niente stadi, niente palestre, niente cinema, niente viaggi. Lockdown permanente. Se questa è libertà di scelta, viene da citare un esempio del filosofo David Hume: quant'è libero un uomo tratto a forza su una barca, al quale, una volta al largo, viene comunicato che, se preferisce, può tranquillamente tuffarsi in mare?
La prospettiva è tanto più allarmante, visto che, contemporaneamente, l'Oms, tramite il suo direttore delle emergenze, Mike Ryan, ci avvisa: «I vaccini non significano zero Covid. Non risolveranno il problema da soli». Insomma: senza vaccini, non ci lasciano vivere. Eppure, i vaccini non bastano a tirarci fuori da un'emergenza che i caudillos del virus, in mezzo mondo, hanno imparato a sfruttare ad arte.
Penserete: sono solo sparate. Può darsi. Ma data l'impopolarità dell'obbligo giuridico (che, comunque, non escludono né i tecnocrati alla Walter Ricciardi, il consulente di Roberto Speranza, né il viceministro Pierpaolo Sileri, di solito bonariamente liberale), la via del patentino raccoglie sempre più sostenitori.
L'ultimo esempio arrivata direttamente da Palazzo Chigi, con le farneticazioni di Giuseppe Conte sul Tso. Prima di lui, il sindaco di Bergamo, il piddino Giorgio Gori, aveva twittato: «Niente obbligo, ma facciamo che a scuola, nei luoghi di lavoro, negli uffici pubblici, nei cinema, nei teatri e negli stadi entra solo chi è vaccinato. Poi ognuno si regola». Di tenore analogo, una sortita del senatore di Italia viva, Davide Faraone, che invocava il «passaporto sanitario integrato al vaccino». In assenza del quale, si dovrebbe interdire persino l'accesso a «luoghi pubblici con rilevante presenza di soggetti a rischio, come scuole e ospedali».
D'altronde, il commissario Domenico Arcuri, un paio di settimane fa, aveva annunciato: «Stiamo progettando una piattaforma informatica che consentirà di sapere come si chiamano le persone che hanno fatto il vaccino e dove lo hanno fatto». Con il caveat che sarebbe stato il ministero a decidere in merito a obbligo o patentini. E sorvoliamo sul caravanserraglio di Vip e saltimbanchi alla Alessandro Gassmann: lui, per il confino perpetuo dei non vaccinati, sarebbe disposto - l'ha ammesso sui social - a calpestare la Costituzione più bella del mondo.
L'idea, poi, è presa in considerazione da alcune compagnie aeree, a partire dall'australiana Qantas. Nondimeno, l'associazione internazionale degli aeroportuali civili ha rispedito al mittente la bizzarra proposta.
Chiariamolo: un vaccino efficace è un'arma potente. Ma se le nostre sono ancora società liberaldemocratiche, la persuasione resta migliore dell'imposizione. Specie se l'imposizione è subdola.
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Conte e le vaccinazioni: «Se la curva è sotto controllo non è necessario un trattamento sanitario obbligatorio». Pur di tenere alta la tensione, si appropria di un potere che non gli compete e in contrasto con la Costituzione.La divisione europea lavora a un «certificato elettronico»: lockdown perenne per chi non assume il farmaco. Sul quale l'agenzia però ammette: «Non fermerà il virus».Lo speciale contiene due articoli.«Meglio il sacrificio di uno soltanto, che la corruzione di molti», scrive Aldous Huxley nel Mondo nuovo. Qui invece, con il comandante Giuseppe Conte siamo al sacrificio di molti per la corruzione di uno. Corruzione non di soldi, per carità, ma dell'uso della lingua italiana. E dalla corruzione della lingua, si sa, iniziano i guai della democrazia.Le parole pronunciate dal presidente del Consiglio giovedì sera in conferenza stampa sul ricovero obbligatorio per i malati psichici (in gergo Tso) sono queste e non sono purtroppo equivocabili. «Se noi siamo in una condizione di gestire la curva del contagio, come confido stiamo facendo e continueremo a fare», ha sillabato il premier, «non sarà necessario imporre un trattamento sanitario obbligatorio e preferiamo, fino all'ultimo, preservare la facoltatività della vaccinazione». «Trattamento sanitario obbligatorio» è esattamente uno degli strumenti della legge Basaglia e Conte, avvocato dalla parcella pesante, lo sa bene. «Facoltatività», invece, entra purtroppo nel vocabolario di questo modesto Don Ferrante.Anche al premier è sicuramente noto che «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». Lo dice la Costituzione (articolo 32), non un dpcm. In subordine, la materia dei trattamenti sanitari obbligatori è regolata dalla famosa legge «180» del 1978, che quando non c'era ancora la dittatura del politicamente corretto era simpaticamente chiamata «Pazzi in libertà». La legge (non un dpcm) prevede che a nessuno possano essere imposte cure (vale anche per i vaccini), visite mediche e tantomeno ricoveri. Questo principio, per i minori, in casi gravissimi e per i pazienti psichiatrici, può essere violato solo in presenza di alterazioni psichiche tali da richiedere interventi terapeutici urgenti, se ci si rifiuta di farsi curare e qualora non si possa ricorrere a cure non ospedaliere idonee e tempestive. Chi dispone il Tso? Conte? Il supervisore Rocco Casalino? Il ministro Roberto Speranza, sentito Massimo D'Alema? Lo firma Vincenzo De Luca con il lanciafiamme? Un dpcm ad personam? No, la legge dice che è disposto dal sindaco del Comune di residenza del paziente o dove questi si trova momentaneamente. Quindi, giovedì sera, nell'intento di spaventare il popolo in vista del Natale, il premier si è anche appropriato di un potere che non gli appartiene. A meno di cambiare la legge Basaglia (ma non con un dpcm). Il Tso va quindi firmato dal sindaco, su proposta di un medico qualsiasi, convalidata da un collega di una struttura pubblica, ed entro altre 48 ore va comunicato al giudice tutelare. Il giudice, a sua volta, ha altri due giorni per convalidarlo, come è uso quando si tratta della libertà personale, e se non fa nulla il Tso decade. Insomma, il Tso parte di solito dai parenti della persona interessata, o da infermieri o agenti di pubblica sicurezza intervenuti per un caso grave, ma poi viene interamente gestito da medici e magistrati. E questo perché tanto un familiare, quanto una persona in divisa o un collega di lavoro, potrebbe anche avere interesse a far passare per matta una persona che matta non è. Ecco quindi che il Conte che prima invita tutti gli italiani a fare i bravi e ad accettare le limitazioni, alcune anche cervellotiche come equiparare i movimenti all'interno di un Comune di 1.000 abitanti a quelli di un comune come Roma o Milano, e poi si mette a citare il «trattamento sanitario obbligatorio», sembra proprio un signore che ambisce a governare fomentando la paura. Un trucco per altro vecchiotto, visto quanto diceva in proposito Thomas Jefferson, il terzo presidente degli Stati Uniti: «Quando il popolo ha paura del governo, c'è tirannia. Quando il governo ha paura del popolo, c'è libertà». Non solo, ma anche il contesto nel quale è uscita questa perla di democrazia dalla bocca del Conte è un po' inquietante. Al premier era stato chiesto di esprimersi sull'obbligatorietà del vaccino per il Covid, che secondo vari sondaggi non piacerebbe al 40% circa degli italiani. E la risposta in cui si evocava il Tso assume quindi un peso ancora maggiore. Nel caso i contagi non fossero «sotto controllo», per altro sulla base di dati spesso gonfiati o palesemente falsi come quelli sui morti (caso strano) di giovedì, il governo che fa? Impone la vaccinazione di massa agli italiani (con le doti manageriali di Domenico Arcuri si finisce nel 2022) e poi ricovera d'imperio qualche milione di obiettori, con fasce di contrizione e bombe di psicofarmaci? E visto che già oggi, come qualunque medico potrà spiegare al presidente del Consiglio, non ci sono letti nei reparti psichiatrici, che cosa facciamo? Mettiamo renitenti al vaccino positivi (o negativi!) al Covid insieme agli altri malati? E i matti veri li lasciamo a casa con mamma e papà?Sì, rischia proprio di sembrare una barzelletta. Come quelle in cui tutti i folli si credono Napoleone. Il 26 aprile 2020, in un discorso alla nazione, un presidente del Consiglio italiano usò una dozzina di volte le locuzioni «noi permettiamo», «noi acconsentiamo» , «acconsento», «consento», «non permettiamo». Prima o poi, con il senso della democrazia di Conte, sarà possibile chiedere il Tso anche per chi si crede Luigi XIV.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/per-fomentare-la-paura-tra-la-gente-giuseppi-straparla-persino-di-tso-2649255538.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="loms-spinge-la-patente-dimmunita" data-post-id="2649255538" data-published-at="1607122718" data-use-pagination="False"> L’Oms spinge la patente d’immunità Immaginate di mescolare gli ingredienti più inquietanti di ogni distopia: la tecnologia e il controllo sociale. Non ne verrebbe fuori un libro di Aldous Huxley, bensì l'ultima trovata dell'Oms: il «certificato elettronico di vaccinazione». La trovata è di Siddharta Datta, l'esperto di vaccini della divisione europea dell'Oms: «Stiamo esaminando molto da vicino l'uso della tecnologia nella risposta al Covid e uno degli aspetti è come possiamo lavorare con gli Stati membri» a quello che sarebbe, a tutti gli effetti, un patentino riservato ai vaccinati. Uno stratagemma per prendere due piccioni con una fava: evitare l'obbligo di legge, al fine di spacciarsi da campioni della libertà di scelta, esercitando però una tale pressione sulla popolazione, da istituire un obbligo di fatto. Chi non fosse in possesso del certificato o del patentino, infatti, finirebbe vittima di una sorta di segregazione sanitaria: niente mezzi e locali pubblici, niente stadi, niente palestre, niente cinema, niente viaggi. Lockdown permanente. Se questa è libertà di scelta, viene da citare un esempio del filosofo David Hume: quant'è libero un uomo tratto a forza su una barca, al quale, una volta al largo, viene comunicato che, se preferisce, può tranquillamente tuffarsi in mare? La prospettiva è tanto più allarmante, visto che, contemporaneamente, l'Oms, tramite il suo direttore delle emergenze, Mike Ryan, ci avvisa: «I vaccini non significano zero Covid. Non risolveranno il problema da soli». Insomma: senza vaccini, non ci lasciano vivere. Eppure, i vaccini non bastano a tirarci fuori da un'emergenza che i caudillos del virus, in mezzo mondo, hanno imparato a sfruttare ad arte. Penserete: sono solo sparate. Può darsi. Ma data l'impopolarità dell'obbligo giuridico (che, comunque, non escludono né i tecnocrati alla Walter Ricciardi, il consulente di Roberto Speranza, né il viceministro Pierpaolo Sileri, di solito bonariamente liberale), la via del patentino raccoglie sempre più sostenitori. L'ultimo esempio arrivata direttamente da Palazzo Chigi, con le farneticazioni di Giuseppe Conte sul Tso. Prima di lui, il sindaco di Bergamo, il piddino Giorgio Gori, aveva twittato: «Niente obbligo, ma facciamo che a scuola, nei luoghi di lavoro, negli uffici pubblici, nei cinema, nei teatri e negli stadi entra solo chi è vaccinato. Poi ognuno si regola». Di tenore analogo, una sortita del senatore di Italia viva, Davide Faraone, che invocava il «passaporto sanitario integrato al vaccino». In assenza del quale, si dovrebbe interdire persino l'accesso a «luoghi pubblici con rilevante presenza di soggetti a rischio, come scuole e ospedali». D'altronde, il commissario Domenico Arcuri, un paio di settimane fa, aveva annunciato: «Stiamo progettando una piattaforma informatica che consentirà di sapere come si chiamano le persone che hanno fatto il vaccino e dove lo hanno fatto». Con il caveat che sarebbe stato il ministero a decidere in merito a obbligo o patentini. E sorvoliamo sul caravanserraglio di Vip e saltimbanchi alla Alessandro Gassmann: lui, per il confino perpetuo dei non vaccinati, sarebbe disposto - l'ha ammesso sui social - a calpestare la Costituzione più bella del mondo. L'idea, poi, è presa in considerazione da alcune compagnie aeree, a partire dall'australiana Qantas. Nondimeno, l'associazione internazionale degli aeroportuali civili ha rispedito al mittente la bizzarra proposta. Chiariamolo: un vaccino efficace è un'arma potente. Ma se le nostre sono ancora società liberaldemocratiche, la persuasione resta migliore dell'imposizione. Specie se l'imposizione è subdola.
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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Ecco #DimmiLaVerità del 10 dicembre 2025. Con il nostro Alessandro Rico analizziamo gli ostacoli che molti leader europei mettono sulla strada della pace in Ucraina.