2020-11-23
«Per Berlusconi non c’è spazio nella maggioranza»
Il sottosegretario del M5s Malio Di Stefano: «Non c'è possibilità di apertura a Fi. Ma è giusto tutelare Mediaset: è sempre un'azienda italiana».Sottosegretario Manlio Di Stefano, le parole di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista sembrano senza appello: non c'è spazio per un allargamento della maggioranza, la chiusura a Silvio Berlusconi è definitiva?«Al rispetto per la giustizia e la legalità non deroghiamo, non lo abbiamo mai fatto. La storia non si può dimenticare. Di conseguenza, dico no: non c'è alcuna possibilità di apertura. E sono contento del fatto che tutti, Forza Italia compresa, abbiano chiarito che all'orizzonte non ci sono ipotesi di allargamento della maggioranza». Eppure, tra le fila del Pd l'idea non è ancora tramontata. In questi giorni se ne è parlato, più o meno esplicitamente. «Il Pd ha fatto un governo con Forza Italia, in passato. Non abbiamo dubbi che per loro sia una strada praticabile. Per noi non lo è».È una «sindrome di autosufficienza e presunzione» la vostra, come pensa il capogruppo alla Camera dei dem, Graziano Delrio?«Siamo “affetti" da qualcosa di più importante, che si chiama coerenza. Il principio non può essere soltanto la stabilità della maggioranza, perché altrimenti non si governa. Se allarghiamo la maggioranza ai partiti che hanno una visione dei temi fondamentali diametralmente opposta alla nostra, rischiamo di non governare più».Qualcuno nei vostri gruppi parlamentari non ha nascosto la tentazione, adducendo una motivazione molto semplice: «C'è il mutuo da pagare».«Chi ha pronunciato quella frase è un poveraccio, nel senso etico del termine. Quando hai davanti il futuro del Paese che sei chiamato a rappresentare, pensare ai propri interessi economici è deprimente. Sono certo che sia l'opinione di pochi». L'emendamento «salva Mediaset» è una mano tesa verso l'ex premier. «Parliamo di un emendamento a difesa delle imprese strategiche italiane, tra le quali c'è anche Mediaset. Se qualcuno lo vede come un emendamento “salva Mediaset", va bene anche così, nel senso che è un'azienda italiana e come tale va tutelata. Vista la scarsità di capitali, gli atteggiamenti predatori sono sempre più aggressivi. Il sistema va sostenuto anche attraverso interventi legislativi. Se qualcuno pensa che il Movimento 5 stelle debba affossare Mediaset perché non è in sintonia con Silvio Berlusconi, ha una visione miope».Il dialogo allargato sulla manovra apre a ulteriori collaborazioni future, magari sulla legge elettorale?«Una materia sacra come la Costituzione va toccata con numeri larghi in Parlamento. Sulla legge elettorale prevarranno le posizioni della maggioranza, dopo un dialogo con le opposizioni. Non mi riferisco solo a Forza Italia, ma anche alla Lega, a Fratelli d'Italia. A tutti». Dopo un mese di lavori, tavoli e proposte, gli Stati generali si sono conclusi con un «non esito». Come mai?«L'esito c'è, eccome. Gli Stati generali sono stati l'occasione per definire il futuro del Movimento, per mettere nero su bianco quale sarà la direzione da prendere e chi sarà chiamato a farla rispettare. Come movimento politico, abbiamo delle responsabilità legali sul nostro statuto, che ora dovremo modificare per attuare le indicazioni venute fuori dagli Stati generali. Stiamo definendo le modifiche tecniche, che poi saranno votate dagli iscritti». Quasi tutte le questioni fondamentali restano ancora un rebus. A cominciare dal risiko dell'organo collegiale che guiderà il Movimento del futuro. «Tutti i tavoli hanno indicato la necessità di strutturarsi maggiormente, sui territori e ai livelli più alti. Credo che le riflessioni che si stanno facendo sui due organi, uno più politico e l'altro più esecutivo, vadano nella direzione indicata».Insomma, una direzione e una segreteria. La mutazione verso la forma partitica è completata. Come sarà scelta la leadership? Singoli candidati o squadre?«Se iniziamo con le manovre per blindare una maggioranza dentro l'organo collegiale, ragioniamo con uno schema sbagliato. Dobbiamo dare ai nostri iscritti la possibilità di scegliere le persone che reputano migliori per andare verso un obiettivo chiaro: l'unità del Movimento 5 stelle».Si candiderà?«Sono disponibile, ma dipende dal tipo di ragionamento che si farà alla base, dalla strutturazione che vorranno dare. Credo sia fondamentale creare un organo che sappia immaginare il futuro del nostro Paese e che lo indirizzi nelle scelte da prendere quotidianamente».Qualcuno non è molto convinto di come siano stati gestiti gli Stati generali: «Tanto ego e nessuna idea di Paese», ha sintetizzato il deputato Andrea Colletti. «Avrebbe potuto candidarsi, farsi votare e darci la sua idea di Paese, non trova?». Una delle parole più ricorrenti nei vostri interventi è stata «unità». Una sorta di ammissione di colpevolezza dopo mesi di tutti contro tutti?«Nessuno può pensare di essere un'alternativa esterna al Movimento 5 stelle, nonostante le suggestioni circolate».Scissione scongiurata, ne è sicuro?«Ognuno è libero di fare ciò che vuole. Una scissione sarebbe inutile dal momento che abbiamo fatto gli Stati generali proprio per ritrovare una maggiore unità. Abbiamo visto a cosa portano le scissioni: ai partitini come quelli di Matteo Renzi o di Carlo Calenda. Strade fallimentari. Abbiamo una grande responsabilità nei confronti degli italiani, credo che la salute del Movimento 5 stelle corrisponda a quella del nostro Paese».In che modo?«Siamo la garanzia che alcune norme fondamentali approvate in questi anni, come il reddito di cittadinanza, la legge Spazzacorrotti" e il superbonus al 110% non vengano cancellate, semmai rafforzate e migliorate nei prossimi anni». Come si spiega allora il calo di consensi degli ultimi due anni?«Non conosco partiti che, arrivati al governo dall'opposizione, abbiano visto crescere i propri consensi. Governare significa fare delle scelte, prendersi delle responsabilità a volte impopolari. Anche se abbiamo delle colpe, non possiamo negarlo». Di che tipo?«Siamo stati troppo morbidi in alcuni momenti, prima con la Lega e ora con il Pd. Per questo concordo con Di Maio e Di Battista: dobbiamo far valere di più il Movimento 5 stelle». Prima il no a Berlusconi, poi la revoca della concessione autostradale ai Benetton. Di Maio torna sui temi identitari in vista della conta interna? «Non credo. Di Maio ha sempre ritenuto queste condizioni fondamentali. A differenza di chi ne parla senza aver contezza dei processi tecnici, lui si esprime dopo aver provato tutte le strade intermedie. Anche quelle dei Benetton sono aziende che operano in Italia, non possiamo agire senza istruttorie precise». A più di due anni dalla caduta del ponte Morandi, il dossier Autostrade non si è ancora chiuso. «Io credo che il tempo sia finito. Per il rispetto delle vittime del ponte Morandi, la famiglia Benetton non può continuare a gestire le autostrade italiane. Bisogna ricominciare a occuparsi della rete con una visione di pubblico interesse: sicurezza, costi bassi e fruibilità». La revoca delle concessioni è tra le garanzie politiche chieste da Di Battista. Come giudica le sue condizioni?«Con Di Battista siamo in ottimi rapporti, quelle condizioni le conoscevo e le leggo per quello che sono: una richiesta di maggior forza del Movimento. È il suo modo per chiedere posizioni più identitarie in futuro». Basta discutere di «poltrone e stipendi», come chiede Davide Casaleggio. «Non so con chi ce l'abbia, sinceramente non mi sento chiamato in causa, visto che lavoro 18 ore al giorno». Quale ruolo dovrebbe avere Rousseau? Si fida della piattaforma?«Rousseau è il cuore del Movimento, anche se, in un'ottica di crescita, si dovrà definire un rapporto più chiaro: la piattaforma dovrà essere lo strumento attraverso il quale il Movimento organizza la sua vita politica e la sua interazione con gli iscritti. Nel rispetto del codice etico, l'organo collegiale dovrà disporne pienamente per determinare le scelte politiche».In questi anni sono caduti molti totem del Movimento delle origini. È certo che non finirete per derogare anche alla regola del doppio mandato?«L'indicazione dei nostri iscritti è stata molto chiara: mantenere la regola, ma coinvolgere in futuro quelli che hanno ancora qualcosa da dare, in termini di esperienza e di capacità». In cosa consiste questo coinvolgimento?«Si tratta di collaborare con la struttura organizzativa del Movimento 5 stelle, nel passaggio di conoscenze, nei ruoli paralleli a un movimento». La classe dirigente delle origini va verso l'azzeramento. È sicuro che lasceranno il Palazzo?«Nasceranno altre classi dirigenti, non è un problema. Finché hai qualcosa da dare, è giusto che provi a farlo. Fare 40 anni di politica significa perdere la passione, fondamentale per portare avanti le battaglie».
(Ansa)
L'ad di Cassa Depositi e Prestiti: «Intesa con Confindustria per far crescere le imprese italiane, anche le più piccole e anche all'estero». Presentato il roadshow per illustrare le opportunità di sostegno.
Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)