2021-12-25
Non c'è solo il Quirinale. Per il 2022 serve un programma di governo
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Non c’è dubbio sul fatto che l’elezione del Presidente della Repubblica sia un evento politicamente cruciale, destinato a incidere per sette lunghi anni. E dunque, sarebbe ingenuo stupirsi del fatto che i partiti siano straordinariamente attenti a questo dossier. Allo stesso modo, a prescindere dalle risposte spesso discutibili e abborracciate messe in campo dalle autorità di governo, non è nemmeno sorprendente il fatto che il virus continui a occupare il centro della scena politica e mediatica. Il nuovo anno si apre all'insegna dell'inflazione e di altri problemi strutturali. Per questo ci vogliono interventi concreti, perché l'Italia non diventi solo un grande reparto Covid.Eppure l’Italia non è “riducibile” né a un grande reparto ospedaliero, a un’immensa sala rianimazione, né a una sola partita – per quanto rilevantissima – di pura politics, a un match tutto interno al perimetro del palazzo. L’Italia – vale la pena di ricordarlo – sarebbe ed è soprattutto un grande paese del G8, un’economia carica di asset positivi, e non solo di debolezze, fragilità e liabilities: abbiamo un reticolo di aziende esportatrici dinamiche e in buona salute perfino adesso, dopo un biennio terribile; vantiamo un tessuto di piccole imprese che, nonostante fisco e burocrazia, hanno resistito a ogni genere di prova; contiamo su un risparmio privato ingentissimo; annoveriamo una proprietà immobiliare diffusa che è sinonimo di una società vibrante, libera, capace di autonomia dalla mano pubblica. E allora? Basta parlare solo di Quirinale e di Covid. Da questo punto di vista, il 2021 si chiude molto male. La legge di bilancio appare deludente: assomiglia a una sorta di decreto Milleproroghe, con risorse disperse in mille rivoli, un surreale sovra finanziamento del reddito di cittadinanza, e tagli di tasse omeopatici, di fatto impercettibili per l’economia reale. Quanto al Pnrr, esiste solo sulla carta al momento: né ha senso immaginare – in un sistema di mercato – che la crescita futura dipenda solo da piani pubblici (europei o nazionali che siano), senza misure incisive (contro fisco e burocrazia) che incoraggino il settore privato.Ecco: tutto ciò manca. Manca nei provvedimenti, e manca addirittura nella discussione pubblica. Appare perfino difficile (ci sta provando da mesi la Verità) inserire in agenda in modo non episodico, non occasionale, la questione dell’inflazione, del costo delle materie prime e dell’energia. Da tempo questo giornale si sforza di sottolineare come non ci siano solo fattori contingenti ad aver alimentato questa fiammata, ma anche cause profonde e strutturali. E da mesi suggeriamo risposte su più livelli: sul piano geostrategico, con interlocuzioni improntate al realismo; sul piano politico complessivo, rigettando estremismi ideologici e calendari ultra accelerati anti emissioni e di decarbonizzazione, che risulterebbero devastanti per il nostro sistema industriale. Eppure, per ora, la discussione sembra concentrata su periodici stanziamenti di risorse da parte del governo: certamente utili, ma destinati ad assomigliare a costosi cerotti destinati a saltar via, in assenza di risposte strutturali. Politica e istituzioni hanno il dovere di non chiudere gli occhi davanti a questi problemi. E di mettere in campo risposte serie, articolate, verificabili, tempificate. Potrebbero chiamarlo così: un programma di governo per il 2022. Questo è ciò di cui l’Italia ha maledettamente bisogno, anche se la cosa non fa notizia.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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