2021-05-23
Il Pd leva ai «ricchi» per rendere i giovani sudditi riconoscenti
Anziché garantire alle nuove generazioni istruzione, salute e lavoro, Enrico Letta parla di paternalistiche «doti». E di nuove tasse.Grida scandalizzato il collega di sinistra: criticate l'idea di Enrico Letta sulla tassa di successione perché volete difendere i ricchi! E poi giù accorati discorsi sulla «giustizia sociale», la necessità di «aiutare i più giovani» e colpire l'arrogante «1%» di accaparratori. Non è solo polemica pretestuosa fra cronisti in onda: c'è uno slogan del Pd che tira in ballo gli stessi concetti. Lo diffonde online Brando Benifei: «L'1% più ricco restituisca al 99% dei giovani». Curioso: il presupposto sembra essere che chi è ricco ha per forza rubato. Sorge qualche perplessità anche sulla composizione della frase: perché si dovrebbe «restituire» solo al 99% dei giovani e non a tutti? C'è un 1% di giovani che va punito? Boh. Al netto delle stranezze logiche, tali argomentazioni apparirebbero sicuramente più sensate se, oggi, l'élite (italiana e mondiale) non fosse per lo più schierata sul fronte progressista. E, soprattutto, se buona parte della sinistra e il presidente del Consiglio non avessero già di fatto rispedito al mittente la proposta di Letta. Da un punto di vista squisitamente politico, infatti, l'unica «dote» di cui il Pd dovrebbe preoccuparsi è quella che il «dolce Enrico» lascerà al suo successore, sotto forma di consensi bruciati.Rimane sul tavolo, tuttavia, la questione di principio a proposito degli stravaganti metodi con cui l'attuale sinistra vorrebbe risolvere le diseguaglianze sociali. Le quali, beninteso, esistono eccome e dovrebbero anche essere sanate. Le comunità, dopo tutto, hanno le responsabilità di sostenere i loro membri più deboli e fragili. Ed è profondamente radicata nella cultura conservatrice l'idea che chi ha più ricchezza e più potere si occupi di chi siede sui gradini più bassi della scala sociale. È un dovere morale, prima che politico. In realtà, la gran parte degli italiani già si comporta - volente o nolente - in questo modo, sottoponendosi a una pressione fiscale molto più alta rispetto a quella di altri Stati europei. Siamo al quinto posto nella classifica Ocse dei più tassati, e sul podio se consideriamo solo la tassazione a carico delle imprese. Forse peccando di ottimismo, siamo anche certi che - se in un momento di crisi particolarmente nera fosse richiesto alle fasce più benestanti della popolazione un contributo volontario di solidarietà a favore dei più deboli - sarebbero in tanti a darlo. Ma un conto è, appunto, chiedere un atto di generosità o proporre un «Bot Italia» che permetta di aiutare la nazione facendo un investimento; un altro conto è imporre l'ennesimo balzello sulla base di un'idea perversa di giustizia redistributiva. C'è poi un ulteriore tema. Non si può invocare la «responsabilità sociale» soltanto quando fa comodo. La solidarietà è forte quando la comunità è forte e unita. Da decenni, però, la sinistra combatte il concetto stesso di comunità. Briga per distruggere i confini ed eliminare le nazioni, lavora contro l'interesse nazionale. Salvo, alla bisogna, andare a battere al portone dei ricchi accusandoli di essere avidi e insensibili. Capite che, in bocca ai servi sciocchi del capitalismo transnazionale, ogni discorso sulle diseguaglianze diventa grottesco. Fin qui il piano strettamente teorico. C'è, in aggiunta, un piano di realtà molto più concreto. Letta e i suoi (pochi) sostenitori puntellano la proposta di una tassa di successione evocando la situazione penosa di tanti giovani. Occorre allora domandarsi: chi l'ha creata, questa situazione? Ed eccoci al punto: i progressisti, con la consueta dose di arroganza, vogliono costringere altri a rimediare ai danni da loro provocati. È indubbio che ragazze e ragazzi italiani vadano tutelati. Ma come? Compito dello Stato dovrebbe essere quello di garantire tre diritti fondamentali: salute, istruzione e lavoro. I giallorossi al potere sono riusciti ad affossarli tutti e tre, e adesso cercano di mascherare le diseguaglianze (vere) che hanno alimentato promuovendo una uguaglianza (farlocca) che consiste in contentini da offrire ai sudditi. I quali dovrebbero pure essere riconoscenti. Prendiamo scuola e salute. Per mesi non è stato fatto nulla onde garantire la sicurezza nelle classi; il ministro Bianchi continua a rinviare i problemi più pressanti; il ritardo accumulato nei mesi passati con le vaccinazioni ha evidentemente penalizzato gli adolescenti. Un bel guaio, insomma. Ma ecco la trovata di uno dei maestri del pensiero sinistrorso, Massimo Recalcati. A suo dire, per compensare gli studenti delle ingiustizie subite, bisognerebbe dar loro «un premio». Quale? Mettere da parte la «numerologia» e, al momento dei giudizi di fine anno, «considerare quelli che sono rimasti indietro». In sostanza, voti più alti a tutti. Grande idea: per sanare la triste diseguaglianza creata dai dem si cancella una sacrosanta gerarchia determinata dall'impegno, così da togliere alla scuola quel poco di dignità rimasta. Riguardo la patrimoniale si fanno ragionamenti analoghi. Michele Serra, ieri, sosteneva che la tassa di successione serva a colpire «l'iniqua conservazione di patrimoni che premia non il merito ma la nascita». Interessante. Ci risulta che Serra sia lo stesso che inveiva contro i ristoratori, rei di lamentarsi per i mancati sostegni statali (a suo dire, i gestori avrebbero dovuto soffrire in silenzio). Serra è anche quello che, su Repubblica, ha difeso il cantante-ristoratore Roberto Angelini. Cioè uno che prima ha pagato in nero una collaboratrice, poi l'ha insultata pubblicamente, poi si è ridotto a chiedere mestamente scusa. Semplificando un po', quindi, il Serra pensiero suona così: se non potete lavorare per via delle chiusure imposte dal governo, non frignate (a meno che - ovviamente - non siate di sinistra: in quel caso solidarizziamo). E se poi, complici le suddette chiusure, il lavoro sparisce, niente paura: i soldi per i giovani li prendiamo ai porci ricchi e ai loro viziati pargoli. Potremmo dire ai dem che i ragazzi si rendono indipendenti non con maternalismo e «doti», ma offrendo concrete ed eque possibilità di esercitare la libertà e ottenere i giusti riconoscimenti (economici e sociali) in virtù dell'impegno profuso. Però c'è spazio solo per una riflessione finale. Quindi, amici del Pd, volete colpire l'1%? Fate pure: in fondo si tratta per lo più di vostri elettori.
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