2024-07-17
Il Pd non paga la cassa integrazione e poi fa ricorso alla rottamazione
Elly Schlein (Getty Images)
Nel 2022 i dem attaccarono il «condono»: «La Meloni favorisce gli evasori». Però la Schlein, come racconta «Open», sfrutta la misura per sanare i contributi non versati per la Cigs e quelli ricevuti durante il Covid.Il Pd non ha pagato i contributi per la cassa integrazione straordinaria (Cigs) utilizzata per ammortizzare i costi di tutti i dipendenti e non ha risarcito l’Inps per gli aiuti ricevuti durante l’emergenza Covid. Poi, per provare a mettersi in regola, è stato costretto a ricorrere alla tanto vituperata rottamazione. Il tutto con ben 6 milioni di euro sui conti correnti. I dem da sempre contestano ogni iniziativa dei governi di centrodestra che cercano di venire incontro agli italiani in difficoltà nel rapporto con lo Stato esattore (anche se a volte non mancano i furbetti), ma si sono comportati come il peggiore dei contribuenti: non pagano nonostante abbiano i denari in tasca e, poi, si aggrappano alle rottamazioni. Nel 2022 raccontammo che il Pd aveva richiesto e ottenuto, a partire dal 2017, la cassa per tutti i 122 dipendenti e che la percentuale di riduzione oraria era in media del 40 %. L’1 settembre 2017 il Pd ha avviato la cassa integrazione con la causale «crisi». Successivamente l’ha mutata in «riorganizzazione» fino al periodo della pandemia, quando ha fatto ricorso alla cassa Covid. Terminata l’emergenza sanitaria, il partito ha richiesto «un’ulteriore proroga della Cigs per la riorganizzazione». Ricordiamo ai lettori che il finanziamento della cassa avviene tramite il pagamento di un contributo ordinario da parte di tutti i datori di lavoro e di uno addizionale nel momento in cui si accede alla Cigs. Ma il principale partito della sinistra, mentre era al governo, avrebbe mancato proprio questo pagamento extra e probabilmente non avrebbe restituito le integrazioni salariali garantite direttamente dall’Inps durante il periodo della pandemia. Alla fine i mancati pagamenti ammontano a un totale di 1,56 milioni registrati nel bilancio del 2023 (contro gli 1,18 del 2022). E così l’Agenzia delle entrate riscossione ha dovuto notificare al partito guidato da Elly Schlein delle cartelle che i dem hanno deciso di pagare ricorrendo alla rottamazione quater, quella prevista dalla legge numero 197/2022. Ma, come ha evidenziato il sito Open, i piddini erano stati particolarmente critici al momento dell’annuncio del presunto condono, che in realtà manteneva intatti gli importi dovuti, ma consentiva di non versare gli interessi e di rateizzare i pagamenti. «Ecco il condono, che con la destra non può mai mancare, come un marchio di fabbrica» denunciò il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini. «Regala un miliardo per il condono, un passo indietro rispetto alla lotta all’evasione» rincarò l’ex ministro Giuseppe Provenzano. Mentre per il responsabile economico del Nazareno, Antonio Misiani, era «uno schiaffo a chi è in regola». Nella nota integrativa la questione è affrontata in questi termini: «Nei debiti verso Istituti di previdenza è iscritto il debito rateizzato che il Partito ha nei confronti dell’Inps derivante dal contributo addizionale dovuto per la solidarietà, nonché le maggiori somme che l’istituto di previdenza ha erogato ai dipendenti a titolo di integrazioni salariali nell’anno 2021 e che il Partito dovrà procedere a restituire».Ed ecco la parte sulla rottamazione: «Il Partito, nell’anno 2023, ha ricevuto l’accoglimento della domanda presentata per l’adesione alla definizione agevolata, prevista dalla Legge n. 197/2022. Conseguentemente, con riferimento ai debiti verso Istituti di previdenza, procederà a versare entro il 30 novembre 2027 le minori somme dovute». Ma il tesoriere del Pd, il senatore Michele Fina, non deve fidarsi molto delle doti di pagatore del suo partito e mette le mani avanti: «Poiché la legge succitata subordina l’efficacia degli effetti della definizione agevolata al puntuale pagamento delle rate previste, pur confidando nel rispetto del piano di rimborso previsto, per un principio di prudenza il Partito procederà a rilevare la relativa eventuale sopravvenienza nel 2027, ovvero nell’esercizio nel quale il provvedimento normativo produrrà certamente i suoi effetti».Il Pd si comporta come chi preferisce pagare i fornitori privati e lasciare in sospeso i conti con Inps ed Erario. I debiti verso i primi sono passati da 2,68 milioni a 1,44, quasi dimezzandosi. I debiti tributari sono, invece, cresciuti da 251.000 euro a 262.000 e quelli previdenziali, come detto, da 1,18 milioni a 1,56. Ma nel documento si legge anche che «le disponibilità liquide si riferiscono a depositi bancari per 5.980.824 euro e a cassa contante per euro 9.764».I dem hanno anche un problema nell’incassare quote da parte dei propri rappresentanti, anche se nell’ultima legislatura la situazione sembra migliorata e il credito diminuito: «I parlamentari attualmente eletti risultano in regola con i versamenti dovuti al Partito. […] Grazie a un’intensa azione di recupero, il Partito è riuscito a incassare una parte importante degli importi iscritti a credito nell’esercizio precedente. Permangono delle azioni giudiziarie nei confronti di 16 parlamentari. I crediti per motivi prudenziali sono stati opportunamente svalutati nel rendiconto». Il tesoriere Fina, contattato dalla Verità, cade dal pero: «No, noi non abbiamo acceduto a nessuna rottamazione. Chi lo ha scritto?». Voi per la verità. E rileggiamo al senatore il passaggio della nota. La spiegazione di Fina un dribbling in stile Kylian Mbappé. Fa riferimento solo all’utilizzo della Cigs, non ai mancati versamenti, né al «condono»: «È il contratto di solidarietà. È un ammortizzatore sociale. Non è una rottamazione. È una forma di cassa integrazione, in sostanza». Quindi nega di aver utilizzato la rottamazione? «Noi non abbiamo fatto nessun condono e nessuna rottamazione».L’ultima domanda è sui dem morosi. Di chi si tratta? «I nomi non posso farli, ma si tratta di vecchi parlamentari non rieletti, di vecchie legislature di cui non conoscevo neanche un nome. Si tratta di persone che fanno altro». Si tratta dei piddini passati a Italia viva? «No, assolutamente». Per quanto riguarda la rottamazione, comunque, Fina, prima di terminare la conversazione, ci promette di fare delle verifiche (su quanto da lui scritto) e di richiamarci. Ma da quel momento ha smesso di risponderci al telefono.
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