2021-01-28
Pd e M5s temono il partito di Conte. Forse questa volta ci liberano da lui
Più i sondaggi premiano un eventuale futuro partito di Giuseppe Conte e più, in chi fino a ieri sosteneva il governo, si fa largo la voglia di sgonfiare le gomme alla nuova macchina dell'ex premier. Dietro le dichiarazioni di facciata che in questi giorni lo ricandidano a Palazzo Chigi, ci sono infatti i ripensamenti di chi comincia a ritenere il presidente del Consiglio dimissionario un concorrente ingombrante, da eliminare prima possibile. Non c'è dunque solo Matteo Renzi che sogna di rispedire all'università di Firenze l'avvocato di Volturara Appula. A volersi togliere dai piedi il presidente per caso negli ultimi tempi sono in molti, soprattutto dopo aver visto dove la nascente lista Conte andrebbe a pescare i voti. Secondo Swg, se domani ci fossero le elezioni e il premier si presentasse con un proprio simbolo, il 16 per cento degli italiani sarebbe disposto a votarlo. Ma è ovvio che questi consensi non arriverebbero dal cielo, bensì sarebbero in gran parte sottratti ad altri partiti, in particolare proprio a quelli che fino a ieri componevano la maggioranza di governo. Insomma, Giuseppe Conte ruberebbe agli alleati, non certo a Italia viva, che essendo al lumicino non potrebbe comunque garantire alcuna trasfusione. Né a diminuire sarebbe il bacino elettorale di Leu, saldamente radicato a sinistra. No, a perdere di più sarebbero i partiti più grandi della coalizione, ovvero il Movimento 5 stelle e il Partito democratico. Quest'ultimo, precipiterebbe al 15,4 per cento, tre punti in meno di quelli conseguiti alle elezioni del 2018, quando il partito allora guidato da Renzi incassò il peggior risultato della sua storia. Non solo: i dem verrebbero scavalcati da Fratelli d'Italia, che così diventerebbe il secondo partito italiano, dietro la Lega. Quanto ai grillini, di loro resterebbe meno di un terzo di ciò che conquistarono tre anni fa, perché la presentazione di una lista del presidente del Consiglio farebbe scivolare i 5 stelle al 10 per cento. In pratica, il simbolo ispirato a Conte, con il premier dimissionario capolista, avrebbe l'effetto di un terremoto per l'attuale maggioranza, perché si rimescolerebbero le carte, con il sedicente avvocato del popolo alla guida del gruppo più forte della coalizione.Certo, quello di Swg è solo un sondaggio, ma i risultati non sono molto diversi da altri che hanno rilevato gli umori degli italiani. Oggi, se si andasse alle elezioni, il centrodestra uscirebbe in vantaggio, con il 46,8 per cento dei voti, mentre la sinistra unita ai pentastellati si fermerebbe al 44 per cento. Detta così sembrerebbe che dalle urne non uscirebbero risultati sconvolgenti, in quanto lo schieramento moderato risulterebbe avanti e quello dei compagni indietro, cosa che si sa da almeno un paio d'anni. A cambiare però sarebbero gli equilibri interni: sotto il peso dell'ingombrante nuova presenza, ossia di una lista Conte, i protagonisti dell'alleanza di sinistra franerebbero e anche rovinosamente. È vero, al momento sono escluse le elezioni e dunque le percentuali che vi abbiamo appena raccontato sono teoriche e non hanno alcuna possibilità di influire in Parlamento. Tuttavia, è ovvio che gli alleati comincino a guardare con una certa preoccupazione l'idea di una permanenza per altri due anni di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. Non c'è solo Renzi a essere inquieto, ma lo sono anche i grillini e lo stesso Nicola Zingaretti. Con oltre 200 miliardi da gestire, il premier per caso farà quello che sa fare e cioè consoliderà il proprio potere. Dunque, se da un lato il problema della lista Conte oggi non si pone, dall'altro la questione è solo rinviata al 2023, quando si voterà. Perché è ovvio che se l'avvocato di Volturara Appula resta al suo posto, fra due anni si candiderà e a questo punto non sarà più un professore prestato alla politica, ma il capo del partito più forte della sinistra. Quindi, meglio uccidere il partito di Conte nella culla. Sì, la tentazione in questi giorni è forte. Alla domanda dei cronisti riguardo al futuro del premier se questi fosse costretto a lasciare Palazzo Chigi, la risposta di un alto esponente di Italia viva è stata lapidaria. «Che fa Conte se non è più premier? Beh, torna a insegnare». Nel Pd, e anche fra i 5 stelle, c'è chi per settimane ha sognato di mandare a casa Renzi, liberandosi una volta per tutte dei suoi ricatti. Però il Bullo oggi ha il 2 per cento e alle prossime elezioni, se non trova un accordo con il suo ex partito, è spacciato. Perciò non fa paura a nessuno. Certo non a Zingaretti, che pure lo soffre, e neppure a Di Maio e compagni. Conte invece no, un po' di paura la fa. Non soltanto per il consenso personale, che pure ha, ma anche per una certa abilità a trafficare con monsignori e agenti segreti, un lato oscuro che preoccupa. Per questo motivo qualcuno, forse non tutti ma qualcuno sì, comincia ad accarezzare l'idea di farlo tornare a Firenze, puntando su un altro premier. Fuori dal Parlamento, l'ex presidente del Consiglio non potrebbe fare danni. E poi, dopo due anni chissà. In fondo, a dimenticare Mario Monti gli italiani ci hanno messo molto meno… Finirà così? Lo vedremo presto.
Antonio Filosa (Stellantis)