2020-10-24
Pd e M5s graziano il blitz di Conte sugli 007
L'articolo che allunga gli incarichi dei vertici dei servizi, infilato a luglio nel decreto sullo stato di emergenza, sarebbe dovuto saltare con il dl Agosto. Così non è stato, ma in Aula tutto tace. E i tempi ostacolano le contromisure. Sul tavolo, le nomine dei vicedirettori.Le date da ricordare sono il 29 luglio, il 3 e il 22 settembre. Sono le tappe salienti del blitz di Giuseppe Conte sui vertici dei nostri servizi di intelligence. A fine luglio senza alcuna comunicazione al Parlamento né ai cittadini, inserisce nottetempo un articolo nel decreto sull'emergenza Covid che cambia in modo strutturale la legge che norma gli apparati di sicurezza e amplia in modo spropositato il ruolo della politica. O meglio, il ruolo dello stesso Conte che fin dal suo primo incarico con i gialloblù tiene saldamente tra le mani le deleghe ai servizi. Il testo del decreto va a modificare un passaggio della legge 124 del 2007, considerata la bibbia statutaria delle agenzie di intelligence. Le parole «una sola volta» vengono cambiate con una frase più ampia: «Con successivi provvedimenti per una durata complessiva massima di ulteriori quattro anni». Tradotto, tradizionalmente i vertici dei servizi venivano nominati di prassi per due anni e poi potevano essere rinnovati per una sola volta. In teoria la durata complessiva di un incarico poteva essere di otto anni totali, nella prassi (sempre rispettata dagli ultimi governi) tra incarico e rinnovo non si andava mai oltre i quattro anni complessivi. Non un calcolo a caso, ma una scelta basata sull'equilibrio delle istituzioni democratiche. I direttori delle agenzie non potevano avere incarichi troppo brevi per permettere loro di svolgere serenamente gli incarichi e non potevano aver incarichi troppo lunghi per evitare che la durata superasse quella della singola legislatura. Con il blitz di fine luglio sarà possibile rinnovare più volte i capi dell'intelligence anche per brevi periodi di un anno a discapito della loro indipendenza o posizione super partes. Inutile dire che il blitz, svelato con dal Corriere della Sera che si è subito pentito, ha inizialmente fatto insorgere l'opposizione e pure il Pd. Il Copasir è intervenuto sollevando lo scandalo istituzionale e chiedendo ad alta voce la possibilità di rivedere l'articolo incriminato del decreto emergenza Covid. La dialettica monta fino alla data del 3 settembre quando a insorgere contro il blitz di fine luglio è una fronda grillina, pari a un quarto dell'intero gruppo, che (senza confrontarsi con il Pd) presenta un emendamento contrario. La deputata che rappresenta il Movimento al Copasir, Federica Dieni, firma il testo per abrogare l'intero articolo 6 e con lei mettono la firma altri 49 onorevoli. Ne sono informati subito il leader grillino Vito Crimi, ma anche Carlo Sibilia e Angelo Tofalo, rispettivamente sottosegretario all'Interno e alla Difesa. Interviene Crimi per far ritirare l'emendamento. Il tentativo non riesce, e così si muove Conte, mettendo direttamente la fiducia e al tempo stesso lasciando le impronte digitali sull'intera strategia di manovra sui vertici dei servizi. Forse anche per questo motivo, il premier riceve la convocazione da parte del Copasir. L'audizione viene fissata per il 22 settembre a Palazzo San Macuto. Poco meno di tre ore nelle quali si cerca una mediazione. Le pressioni del Copasir e quelle di almeno metà dei partiti dell'arco parlamentare sembrano costringere Conte a fare marcia indietro. Magari accordandogli la possibilità di salvarsi la faccia modificando la norma in modo soft dentro il decreto Agosto.D'altronde già da diverse settimane il Copasir si muoveva dal punto di vista formale per avviare contatti politici in grado di spingere Palazzo Chigi a riportare il tema nell'alveo della democrazia parlamentare. Sulle colonne della Verità è intervenuto anche il rappresentante dem Enrico Borghi. La sua voce è critica soprattutto nei confronti delle modalità del blitz e conferma la disponibilità del Pd a trovare una soluzione in Aula. Adolfo Urso ancor più esplicitamente si muove per attaccare la decisione e al tempo stesso fornire una sorta di scialuppa politica. La scelta di Fdi è quella della ricomposizione del guaio e non della rottura. Anche Raffaele Volpi, presidente e rappresentante della Lega, tiene un profilo basso dal punto di vista mediatico. Ma sembra muoversi nella stessa direzione. Eppure il decreto Agosto ha fatto il suo corso e il treno è passato. Nessun emendamento a distanza di un mese è stato presentato e adesso si profila un ingorgo tale (vedi manovra) che la possibilità di intervenire per bloccare il blitz è sottile come le parole del premier. A oggi a beneficiarne è stato il numero uno dell'Aisi, Mario Parente, il cui rinnovo era stato bloccato dalla Corte dei conti a fine giugno. I togati avevano giudicato insufficiente un atto amministrativo per la proroga di un tale incarico. Adesso il monopoli di Conte torna al via.Il Parlamento sembra non avere la forza di riprendere ciò che è di sua competenza. L'intelligence non è un affare del governo ma dello Stato. Tanto più che al tavolo della diatriba c'è un convitato di pietra: la nomina di un folto numero di vice direttori, alcuni scaduti da tempo. Tra i giallorossi si litiga anche per questi nomi. Ciò che però balza all'occhio è che il blitiz di luglio fu giustificato dalla fretta e dall'emergenza per la crisi del Covid. Adesso la fretta non c'è più. A circolare resta il virus. Evidentemente le priorità di chi ha le deleghe ai servizi sono cambiate.
Jose Mourinho (Getty Images)