
La stucchevole telenovela della Befana tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi è arrivata alla settimana decisiva. L'inserimento nel Recovery plan del finanziamento dell'Istituto italiano di cyber sicurezza rischia di far saltare il governo.Chi si ritroverà con la calza della befana piena di carbone? Giuseppe Conte o Matteo Renzi? O tutti e due? Presto sapremo: la telenovela più noiosa della stagione sta per concludersi, tra pochi giorni è in programma l'ultima puntata. «Ora è urgente fare sintesi politica, vorrei portare il Recovery plan in Consiglio dei ministri nei primi giorni di gennaio»: Giuseppi, nel corso della conferenza stampa di fine anno, ha fissato il termine dello showdown. In Cdm arriverà il testo del Recovery plan nella versione aggiornata dopo le consultazioni tra il premier e i partiti di maggioranza. A quel punto, le due ministre di Italia viva, Teresa Bellanova ed Elena Bonetti, non potranno far altro che approvarlo oppure dimettersi. Nel primo caso, l'ex rottamatore sarà costretto a inventarsi qualche acrobazia propagandistica per tentate di convincere gli italiani di aver vinto il braccio di ferro con Giuseppi: sarà molto difficile per Renzi, Boschi e compagnia Bella(nova) evitare di essere considerati i soliti chiacchieroni. Nel secondo caso, le dimissioni di Bellanova e Bonetti (e del sottosegretario Ivan Scalfarotto) costringeranno Conte a chiedere la fiducia in parlamento: se la otterrà, provvederà alla loro sostituzione.Come finirà? Conte è convinto di ottenere comunque la fiducia: secondo quanto stanno facendo credere al premier, infatti, i parlamentari di Italia viva saranno sostituiti da un nutrito gruppetto di «responsabili». A quanto apprende La Verità, Palazzo Chigi sta tenendo i contatti direttamente con l'entourage di Silvio Berlusconi, che, nelle intenzioni (o meglio nei sogni) del premier ciuffato dovrebbe dare riservatamente la sua benedizione alla fuoriuscita da Forza Italia dei parlamentari necessari a tenere in piedi il governo. Ma c'è un ma, un enorme ma: tra i parlamentari del M5s, in particolare nell'ala «ortodossa», questa operazione viene considerata indigeribile.«Conte», sussurra un esperto deputato pentastellato, «farebbe bene a iniziare a lavorare, invece di pensare a fare campagna acquisti di deputati e senatori, in termini politici, e accordi sottotraccia con Berlusconi. La campagna vaccinale sta andando malissimo e il governo avrebbe fatto bene a premunirsi come ha fatto la Germania, acquistando dosi di vaccino in autonomia. Se il premier pensa di galleggiare solo perché i parlamentari hanno paura del voto, sbaglia di grosso: di presidenti del Consiglio possiamo trovarne quanti ne vogliamo».I malumori rispetto alla somministrazione del siero iniziano a serpeggiare anche nel Pd, mentre si segnala un Nicola Zingaretti letteralmente infuriato con il premier sulla vicenda dei servizi segreti. Non c'è solo la tigna con la quale Conte insiste a tenersi stretta la delega ai servizi di intelligence a imbestialire i dem, oltre al solito Renzi e a una buona parte di parlamentari M5s: l'inserimento nel Recovery plan del progetto del Centro nazionale di ricerca e sviluppo in cyber security o Istituto italiano di cyber sicurezza (Iic) è una grana che rischia di far saltare il banco (traduzione: il governo). Conte aveva già provato a inserire il finanziamento di questa struttura, controllata da una Fondazione che farebbe capo direttamente al presidente del Consiglio, nella manovra di bilancio, ma ha dovuto fare marcia indietro, e ora ci riprova con il Recovery plan.Siamo in grado di prevedere che se il Recovery plan arriverà in Consiglio dei ministri con al suo interno questa struttura, anche il Pd e forse qualche ministro del M5s stopperà la discussione e per Conte saranno dolori. Del resto, anche l'Unione europea si sta interrogando su dove voglia andare a parare l'agente segreto James Cont: le strutture di intelligence, e tanto più quelle sulla sicurezza informatica, si muovono infatti a livello internazionale, e questa voglia matta di Giuseppi di farsi il suo servizio segreto personale fa storcere il naso a molte cancellerie.Dunque, per Conte inizia la settimana decisiva, stavolta sul serio. Il premier è a un bivio: o smette di credersi Napoleone, si ricorda di non essere mai stato votato neanche in un'assemblea di condominio, e quindi molla sia sul Recovery che sui servizi segreti, oppure è la volta buona che il Forrest Gump della politica italiana se ne torna a fare l'avvocato.Non solo: il premier ciuffato, se dovesse continuare a guidare sostanzialmente a sua insaputa l'Italia, dovrà anche rassegnarsi a un bel rimpastone di governo. Ahilui, dovrà sostituire, tra gli altri, il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, grazie al quale si trova a sedere sulla poltrona di capo del governo. Bonafede è ormai stato scaricato dalla stragrande maggioranza del M5s: lo sostiene solo Vito Crimi, il che fa capire immediatamente in quali condizioni si trova. Al suo posto dovrebbe approdare, anzi tornare, un ex Guardasigilli, Andrea Orlando, attuale vicesegretario del Pd. In uscita, sul fronte M5s, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Riccardo Fraccaro, e il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo. I dem vorrebbero sostituire il ministro dei Trasporti, Paola De Micheli, con il capogruppo alla Camera, Graziano Delrio.Dunque, il 2021 per Conte si apre esattamente come si è chiuso il 2020: la sua poltrona a Palazzo Chigi traballa come quella di un allenatore di Serie A abbandonato da mezza squadra e dagli azionisti della società. Giuseppi, tra una capriola e l'altra, è riuscito a mangiare il panettone, ma non è detto che arrivi all'Epifania, che il premier porta via, come sogghignano diversi addetti ai lavori.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.