2025-08-10
Il Pd va a Bibbiano per vendicarsi dei suoi accusatori. Ma scorda qualcosa
Luca Gauccio al Festival d'Enza di Bibbiano
Dopo le assoluzioni in primo grado, alla festa dem nel paese emiliano si canta vittoria. Ma quel modello era un disastro.Un tempo prendevano le distanze in ogni modo, querelavano alla velocità della luce quanti osassero accostare il buon nome del Partito democratico alla cittadina di Bibbiano, in provincia di Reggio Emilia, e al caso dei bambini tolti alle famiglie che esplose con l’inchiesta denominata Angeli e demoni. Un tempo rispondevano rabbiosi al movimento 5 stelle che li accusava di essere «il partito di Bibbiano», invocavano - anche giustamente - sanzioni durissime per chi fosse eventualmente stato riconosciuto colpevole di atti spregevoli. Ora invece il Pd non perde occasione per ribadire di essere il partito di Bibbiano. Rivendica le scelte prese anni fa in Val d’Enza, celebra alcuni dei protagonisti di quella vicenda, anzi addirittura si intesta il compito di raddrizzare i torti, prendendo le parti del paese ingiustamente martoriato. E dire che quando Andrea Carletti, sindaco di Bibbiano in quota dem, fu indagato nell’ambito di Angeli e demoni, fu quasi immediatamente lasciato solo, giusto i compagni del paese stavano dalla sua. Adesso, al contrario, si organizzano bagni di folla. In questi giorni, proprio a Bibbiano, si tiene il Festival d’Enza, cioè la festa del Pd. Tra i primissimi grandi eventi in programma c’era la presentazione del libro La giustizia non è una dea bendata. Contro l’inganno di Bibbiano, un bel volume firmato dall’avvocato Luca Bauccio, ovvero il difensore di Nadia Bolognini e di Claudio Foti del centro Hansel e Gretel. «Sono nel luogo in cui si è verificato lo scempio reputazionale ai danni di un paese, di una cittadinanza, una cultura sociale e civica; sono nel luogo in cui la sofferenza si è materializzata e cristallizzata in questi sei lunghi anni. Considero un privilegio e un onore essere stato invitato nel giorno inaugurale», ha detto Bauccio salutando il pubblico bibbianese. «In questo caso c’è stata una messa in scena delle accuse, una messa in scena mediatica e politica che in un’alleanza perversa e diabolica ha trasformato le accuse per verità, le ipotesi in assiomi che non potevano essere contrastati. La vita degli imputati si è fermata, il loro lavoro è andato perduto; i progetti di vita, i sogni, la reputazione: è andato tutto in fumo. Adesso deve succedere qualcosa di nuovo, deve riattivarsi la macchina della reputazione, di una immagine, di una credibilità e di una onorabilità che è stata scempiata dalla congiura politica e mediatica che si è messa in moto». Alla Gazzetta di Reggio, il giorno dopo la presentazione, Bauccio si è mostrato entusiasta: «Ieri abbiamo celebrato assieme un riscatto collettivo», ha detto. «Nel mio libro espongo le ragioni dell’innocenza e ricostruisco una storia di gogna durata sei anni. Ho voluto che le mie parole di avvocato diventassero un libro perché indipendentemente da quanto scriverà nella sentenza il tribunale, la cui opera rispettiamo, volevo che i lettori riscoprissero il valore della difesa, della presunzione di innocenza e del rispetto delle persone. Un processo come questo inevitabilmente determina un coinvolgimento particolare dove si mescolano le emozioni, la pressione dell’opinione pubblica, la sofferenza degli imputati. Quando alla legittima accusa si somma la gogna dell’opinione pubblica e dei social l’avvocato deve portare inevitabilmente tutto quel peso. Ma difendere significa anche astrarsi e concentrarsi sulle prove, sui fatti. Forse proprio per questo ne ho tratto due libri: per trovare un luogo, diverso dal processo, dove condensare e condividere tutto quel grumo di emozioni, pensieri, retroscena e fatti che inevitabilmente restano fuori dal processo ma che non si può negare che ci siano e che abbiamo comunque un grande significato e valore».Tutto molto bello e persino commovente. Però nel racconto dell’avvocato c’è qualche buco. Intendiamoci: come noto, sia lo psicoterapeuta Foti sia la sua collega e compagna Bolognini sono usciti indenni dal processo sui fatti di Bibbiano (del resto la posizione di Foti era marginale nell’inchiesta). Dunque hanno tutto il diritto di rivendicare la propria innocenza, di scrivere libri e di ispirare saggi. E lo stesso vale per Bauccio. Tuttavia raccontare il caso Bibbiano come una sorta di complotto della destra contro una cittadina sinistrorsa significa costruire un falso. A Bibbiano dei problemi c’erano eccome, e anche gravi. Il processo Angeli e Demoni si è concluso in primo grado con undici assoluzioni e solo tre condanne, e di certo non è stato un successo dell’accusa e degli inquirenti. Ma ciò non significa che il sistema di gestione dei minori funzionasse bene. Giova ricordare che tutti i bambini tolti ai genitori e affidati ad altri furono prontamente riportati in famiglia per decisione del tribunale. Alcuni di loro, che non avevano subito abusi in casa, ne subirono nelle famiglie affidatarie. In qualche caso, per evitare che i piccoli fossero riportati ai genitori biologici, furono falsificati dei documenti (lo ha ammesso una assistente sociale che per questo ha patteggiato ormai qualche anno fa). Ebbene, di tutti questi non secondari elementi - che comunque hanno prodotto tre condanne, anche se lievi - non si parla mai. Il Pd e i media di corte sorvolano allegramente sui particolari imbarazzanti e come al solito cercano di mistificare e modificare la realtà, costruendo una contro narrazione in cui Bibbiano è l’epicentro di una oscura trama nera. Il Pd che un tempo se la dava a gambe non appena sentiva evocare la Val d’Enza e gli affidi, ora si intesta il modello Bibbiano come se fosse stata un’eccellenza distrutta dai nemici politici. La verità è che quel modello meritava di essere azzerato, demolito, al di là dei reati e delle inchieste. E oggi la priorità non dovrebbe essere «risarcire Bibbiano» ma vigilare affinché non si ripetano gli errori commessi lì, lavorare per migliorare il sistema di gestione dei minori. Ma di questo, ovviamente, alle feste del Pd non si parla.
c
La consulenza super partes parla chiaro: il profilo genetico è compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio. Un dato che restringe il cerchio, mette sotto pressione la difesa e apre un nuovo capitolo nell’indagine sul delitto Poggi.
La Casina delle Civette nel parco di Villa Torlonia a Roma. Nel riquadro, il principe Giovanni Torlonia (IStock)
Dalle sue finestre vedeva il Duce e la sua famiglia, il principe Giovanni Torlonia. Dal 1925 fu lui ad affittare il casino nobile (la villa padronale della nobile casata) per la cifra simbolica di una lira all’anno al capo del Governo, che ne fece la sua residenza romana. Il proprietario, uomo schivo e riservato ma amante delle arti, della cultura e dell’esoterismo, si era trasferito a poca distanza nel parco della villa, nella «Casina delle Civette». Nata nel 1840 come «capanna svizzera» sui modelli del Trianon e Rambouillet con tanto di stalla, fu trasformata in un capolavoro Art Nouveau dal principe Giovanni a partire dal 1908, su progetto dell’architetto Enrico Gennari. Pensata inizialmente come riproduzione di un villaggio medievale (tipico dell’eclettismo liberty di quegli anni) fu trasformata dal 1916 nella sua veste definitiva di «Casina delle civette». Il nome derivò dal tema ricorrente dell’animale notturno nelle splendide vetrate a piombo disegnate da uno dei maestri del liberty italiano, Duilio Cambellotti. Gli interni e gli arredi riprendevano il tema, includendo molti simboli esoterici. Una torretta nascondeva una minuscola stanza, detta «dei satiri», dove Torlonia amava ritirarsi in meditazione.
Mussolini e Giovanni Torlonia vissero fianco a fianco fino al 1938, alla morte di quest’ultimo all’età di 65 anni. Dopo la sua scomparsa, per la casina delle Civette, luogo magico appoggiato alla via Nomentana, finì la pace. E due anni dopo fu la guerra, con villa Torlonia nel mirino dei bombardieri (il Duce aveva fatto costruire rifugi antiaerei nei sotterranei della casa padronale) fino al 1943, quando l’illustre inquilino la lasciò per sempre. Ma l’arrivo degli Alleati a Roma nel giugno del 1944 non significò la salvezza per la Casina delle Civette, anzi fu il contrario. Villa Torlonia fu occupata dal comando americano, che utilizzò gli spazi verdi del parco come parcheggio e per il transito di mezzi pesanti, anche carri armati, di fatto devastandoli. La Casina di Giovanni Torlonia fu saccheggiata di molti dei preziosi arredi artistici e in seguito abbandonata. Gli americani lasceranno villa Torlonia soltanto nel 1947 ma per il parco e le strutture al suo interno iniziarono trent’anni di abbandono. Per Roma e per i suoi cittadini vedere crollare un capolavoro come la casina liberty generò scandalo e rabbia. Solo nel 1977 il Comune di Roma acquisì il parco e le strutture in esso contenute. Iniziò un lungo iter burocratico che avrebbe dovuto dare nuova vita alle magioni dei Torlonia, mentre la casina andava incontro rapidamente alla rovina. Il 12 maggio 1989 una bimba di 11 anni morì mentre giocava tra le rovine della Serra Moresca, altra struttura Liberty coeva della casina delle Civette all’interno del parco. Due anni più tardi, proprio quando sembrava che i fondi per fare della casina il museo del Liberty fossero sbloccati, la maledizione toccò la residenza di Giovanni Torlonia. Per cause non accertate, il 22 luglio 1991 un incendio, alimentato dalle sterpaglie cresciute per l’incuria, mandò definitivamente in fumo i progetti di restauro.
Ma la civetta seppe trasformarsi in fenice, rinascendo dalle ceneri che l’incendio aveva generato. Dopo 8 miliardi di finanziamenti, sotto la guida della Soprintendenza capitolina per i Beni culturali, iniziò la lunga e complessa opera di restauro, durata dal 1992 al 1997. Per la seconda vita della Casina delle Civette, oggi aperta al pubblico come parte dei Musei di Villa Torlonia.
Continua a leggereRiduci
Oltre quaranta parlamentari, tra cui i deputati di Forza Italia Paolo Formentini e Antonio Giordano, sostengono l’iniziativa per rafforzare la diplomazia parlamentare sul corridoio India-Middle East-Europe. Trieste indicata come hub europeo, focus su commercio e cooperazione internazionale.
È stato ufficialmente lanciato al Parlamento italiano il gruppo di amicizia dedicato all’India-Middle East-Europe Economic Corridor (IMEC), sotto la guida di Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione Affari esteri, e di Antonio Giordano. Oltre quaranta parlamentari hanno già aderito all’iniziativa, volta a rafforzare la diplomazia parlamentare in un progetto considerato strategico per consolidare i rapporti commerciali e politici tra India, Paesi del Golfo ed Europa. L’Italia figura tra i firmatari originari dell’IMEC, presentato ufficialmente al G20 ospitato dall’India nel settembre 2023 sotto la presidenza del Consiglio Giorgia Meloni.
Formentini e Giordano sono sostenitori di lunga data del corridoio IMEC. Sotto la presidenza di Formentini, la Commissione Esteri ha istituito una struttura permanente dedicata all’Indo-Pacifico, che ha prodotto raccomandazioni per l’orientamento della politica italiana nella regione, sottolineando la necessità di legami più stretti con l’India.
«La nascita di questo intergruppo IMEC dimostra l’efficacia della diplomazia parlamentare. È un terreno di incontro e coesione e, con una iniziativa internazionale come IMEC, assume un ruolo di primissimo piano. Da Presidente del gruppo interparlamentare di amicizia Italia-India non posso che confermare l’importanza di rafforzare i rapporti Roma-Nuova Delhi», ha dichiarato il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea.
Il senatore ha spiegato che il corridoio parte dall’India e attraversa il Golfo fino a entrare nel Mediterraneo attraverso Israele, potenziando le connessioni tra i Paesi coinvolti e favorendo economia, cooperazione scientifica e tecnologica e scambi culturali. Terzi ha richiamato la visione di Shinzo Abe sulla «confluenza dei due mari», oggi ampliata dalle interconnessioni della Global Gateway europea e dal Piano Mattei.
«Come parlamentari italiani sentiamo la responsabilità di sostenere questo percorso attraverso una diplomazia forte e credibile. L’attività del ministro degli Esteri Antonio Tajani, impegnato a Riad sul dossier IMEC e pronto a guidare una missione in India il 10 e 11 dicembre, conferma l’impegno dell’Italia, che intende accompagnare lo sviluppo del progetto con iniziative concrete, tra cui un grande evento a Trieste previsto per la primavera 2026», ha aggiunto Deborah Bergamini, responsabile relazioni internazionali di Forza Italia.
All’iniziativa hanno partecipato ambasciatori di India, Israele, Egitto e Cipro, insieme ai rappresentanti diplomatici di Germania, Francia, Stati Uniti e Giordania. L’ambasciatore cipriota ha confermato che durante la presidenza semestrale del suo Paese sarà dedicata particolare attenzione all’IMEC, considerato strategico per il rapporto con l’India e il Medio Oriente e fondamentale per l’Unione europea.
La presenza trasversale dei parlamentari testimonia un sostegno bipartisan al rapporto Italia-India. Tra i partecipanti anche la senatrice Tiziana Rojc del Partito democratico e il senatore Marco Dreosto della Lega. Trieste, grazie alla sua rete ferroviaria merci che collega dodici Paesi europei, è indicata come principale hub europeo del corridoio.
Il lancio del gruppo parlamentare segue l’incontro tra il presidente Meloni e il primo ministro Modi al G20 in Sudafrica, che ha consolidato il partenariato strategico, rilanciato gli investimenti bilaterali e discusso la cooperazione per la stabilità in Indo-Pacifico e Africa. A breve è prevista una nuova missione economica guidata dal vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Tajani.
«L’IMEC rappresenta un passaggio strategico per rafforzare il ruolo del Mediterraneo nelle grandi rotte globali, proponendosi come alternativa competitiva alla Belt and Road e alle rotte artiche. Attraverso la rete di connessioni, potrà garantire la centralità economica del nostro mare», hanno dichiarato Formentini e Giordano, auspicando che altri parlamenti possano costituire gruppi analoghi per sostenere il progetto.
Continua a leggereRiduci