- Da Alessandra Moretti a Pina Picierno all’ex ministro Paolo De Castro: gli europarlamentari dem hanno dato in blocco l’ok alla direttiva green. Via libera pure dai grillini, compreso il fuoriuscito Dino Giarrusso, da indipendenti di sinistra come Giuliano Pisapia e dall’ex renziano Sandro Gozi, eletto in Francia.
- Il voto era l’occasione per testare il Ppe. Così più difficile un accordo con Ecr nel 2024.
Da Alessandra Moretti a Pina Picierno all’ex ministro Paolo De Castro: gli europarlamentari dem hanno dato in blocco l’ok alla direttiva green. Via libera pure dai grillini, compreso il fuoriuscito Dino Giarrusso, da indipendenti di sinistra come Giuliano Pisapia e dall’ex renziano Sandro Gozi, eletto in Francia.Il voto era l’occasione per testare il Ppe. Così più difficile un accordo con Ecr nel 2024.Lo speciale contiene due articoli.Quando tra una manciata di anni gli italiani saranno costretti a spendere una fortuna per adeguare le proprie case alla severissima e miope direttiva green, potranno inviare una lettera o magari il conto della ditta di ristrutturazioni a chi l’ha votata. Il documento, infatti, è passato ieri in plenaria al Parlamento Ue con 343 voti favorevoli, 216 contrari e 78 astenuti, suscitando ancora una volta le rimostranze di quanti, soprattutto nel nostro Paese, avevano fatto presente che si tratta di un obiettivo insostenibile per chi, come in Italia, ha un’altissima percentuale di immobili privati e per giunta di elevato valore storico o di pregio. A poco è valso il tentativo dei giorni scorsi degli eurodeputati dei partiti che sostengono il governo Meloni, di cercare di portare alla ragione quanti si erano accodati pedissequamente al diktat di Bruxelles, per ribaltare un esito che appariva scontato e purtroppo lo è stato. Entro il 2030, dunque, tutte le case dovranno rientrare nella categoria energetica E, per poi passare alla categoria D entro il 2033, alimentando una delle tante chimere partorite dai tecnocrati Ue, e cioè l’obiettivo case a zero emissioni per il 2050. E che si trattasse di una direttiva slegata dalla realtà e dal buonsenso lo si è capito anche dal fatto che il Ppe, dalle cui indicazioni si era sfilata immediatamente Forza Italia, si è diviso in tre tronconi, mentre il Terzo Polo (fatta eccezione per Sandro Gozi, passato alla storia per essere stato il primo politico italiano a farsi eleggere in Francia e a lavorare per il governo transalpino e ieri fautore del sì) si è astenuto sottolineando la mancanza di flessibilità nel dispositivo della direttiva, e qualche mal di pancia è arrivato anche dai parlamentari fedeli al presidente francese Emmanuel Macron. Fatto sta, però, che il blocco di potere che governa l’Ue praticamente da quando è stata fondata ha tenuto, e dalla maggior parte dei rappresentanti dei cittadini italiani si sono dimostrati refrattari alle specificità che presenta in questo ambito il nostro patrimonio immobiliare.A scorrere la lista di chi si è allineato all’eco-diktat ritroviamo vecchie e nuove conoscenze, ovviamente partendo dal gruppo dei Socialdemocratici, quello che ha dato in blocco il via libera alla direttiva: ci troviamo, tra gli altri, il dem rampante e capogruppo Brando Benifei, reduce dalla scoppola delle primarie Pd, per il quale aveva coordinato la mozione dello sconfitto Stefano Bonaccini. Poi c’è l'ex-sindaco di Milano Giuliano Pisapia, l’exvicesegretaria del Pd Irene Tinagli, Alessandra Moretti, astro nascente della stagione renziana tramontato rapidamente, Pietro Bartolo, divenuto famoso quando era medico a Lampedusa, l’ex ministro delle Politiche agricole Paolo De Castro, l’altra sconfitta al congresso e renziana decaduta Pina Picierno, l’esponente dell’ala sinistra Massimiliano Smeriglio e l’ex procuratore antimafia Franco Roberti. A completare il quadro dei socialdemocratici tricolore che hanno avallato la direttiva sulle case green, abbiamo tra gli altri l’economista Elisabetta Gualmini, Caterina Chinnici e la transfuga grillina Daniela Rondinelli.Scontato il voto favorevole dei Verdi, che annoverano tra le proprie fila tre eurodeputati italiani: i tre transfughi grillini Ignazio Corrao, Rosa D’Amato e Piernicola Pedicini. E a proposito di transfughi grillini, nel gruppo dei non iscritti (una sorta di gruppo Misto europeo) si segnala il sì alla direttiva dell’ex Iena Dino Giarrusso, che vota per le case green mentre è in cerca di una casa politica, come testimonia il goffo tentativo di aderire al Pd sostenendo Bonaccini all’ultimo congresso, sfociato in una sollevazione dei militanti che non ha certo portato bene al governatore dell’Emilia-Romagna. Altri non iscritti italiani che hanno votato sì sono stati i pentastellati Tiziana Beghin, Fabio Massimo Castaldo, Maria Angela Danzì, Laura Ferrara, Mario Furore, e Sabrina Pignedoli. L’iter della direttiva prevede ora una laboriosa fase di contrattazione tra le istituzioni europee e i governi nazionali. La scorsa settimana il nostro Parlamento ha approvato una mozione che impegna il governo Meloni a chiedere una profonda revisione dei contenuti del provvedimento.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pd-5-stelle-nomi-colpevoli-2659598164.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-popolari-si-spaccano-in-tre-pezzi-il-capo-weber-e-col-fronte-del-no" data-post-id="2659598164" data-published-at="1678847597" data-use-pagination="False"> I popolari si spaccano in tre pezzi. Il capo Weber è col fronte del «no» Se si dovesse giudicare dai tabulati di ieri della plenaria dell’Europarlamento che ha dato il via libera alla direttiva-capestro sulle case green, si potrebbe dire che i tecnocrati targati sinistra dormono tra due guanciali. L’elemento politico che emerge con più chiarezza, è che il Ppe si è frantumato addirittura in tre tronconi, annoverando nelle proprie fila eurodeputati che hanno votato sia contro, sia a favore che astenuti. Tra i contrari, ovviamente, gli esponenti di Forza Italia, i quali da tempo avevano annunciato – in primis il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin – la loro contrarietà alla direttiva e la loro piena sintonia con Lega e Fdi, a ribadire la compattezza della maggioranza che sostiene il governo Meloni. Ma la cosa bella è che ad andare in dissenso con la posizione ufficiale del Partito popolare europeo è stato, tra gli altri, il capogruppo Manfred Weber, che ha votato contro, al pari dei suoi compagni di gruppo italiani. Ciò non è bastato, evidentemente, a far gettare il cuore oltre l’ostacolo ai popolari eletti a Strasburgo e Bruxelles, sbarrando una strada a un provvedimento che ha suscitato un’infinità di critiche non solo in Italia ma in tutte le 27 nazioni Ue. Sarebbe stato un primo laboratorio di quell’alternativa al blocco di potere del centrosinistra europeo, che molti politici liberali e moderati hanno affermato di voler sperimentare nella prossima legislatura. Se infatti gli eurodeputati Ppe avessero portato fino in fondo le proprie perplessità sulla direttiva, avrebbero potuto contare sul sostegno di Ecr e di Id (più qualche esponente non iscritto ad alcun gruppo) non solo avendo ottime possibilità di stoppare il documento, ma avendo la quasi certezza di costringere Bruxelles a delle correzioni. Inoltre, si sarebbero gettate le basi di quel «ribaltone» al timone dell’Unione che molti additano come auspicabile. Un’occasione mancata, dunque, che in ogni caso rappresenta plasticamente l’ennesimo fallimento della cosiddetta «coalizione Ursula», già ampiamente archiviata come suggestione nel nostro paese. Si vedrà nei prossimi mesi, con dossier altrettanto importanti e controversi che arriveranno sui banchi dell’Europarlamento, se il disegno di un centrodestra europeo potrà maturare. Ciò che è accaduto ieri, lascia intuire che la strada è ancora lontana. Il dato numerico, intanto, dice che sono stati di più gli europarlamentari popolari che hanno votato contro la direttiva (58) di quelli che hanno votato a favore (51). La portata politica del voto di ieri non è sfuggita alle forze politiche che da subito si erano schierate per il no, che hanno approfittato dell’occasione per incalzare il Ppe. Tra queste ovviamente la Lega, la cui delegazione europea in seno al gruppo Id, ha osservato che «persino il presidente del Ppe Manfred Weber ha votato contro la direttiva sull’efficientamento degli edifici, altro che pericolosi sovranisti...». «Mentre Pd e M5s si arrampicano sugli specchi per difendere il loro voto a favore di un provvedimento che colpisce aziende, lavoratori e famiglie italiane», hanno aggiunto fonti del Carroccio, «questo dato evidenzia le forti criticità della direttiva, che andava rigettata senza se e senza ma. Anziché attaccare il centrodestra che governa l’Italia, forse la sinistra farebbe meglio a chiarirsi con gli altri componenti di quella maggioranza Ursula che, di fatto, oggi non esiste più».
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