2025-08-30
Pazzia Ue: droni di guerra guidati dai bimbi
Friedrich Merz ed Emmanuel Macron (Ansa)
La «minaccia russa» dà alla testa: nei Baltici preparano a combattere gli alunni delle elementari, la Von der Leyen si compiace. E la Germania pensa di risolvere i problemi di disoccupazione con la leva militare.Lo speciale contiene due articoli.«Cara Evika Silina, il tuo Paese sta diventando una vera potenza nel campo dei droni». Il post di X che Ursula von der Leyen ha dedicato al ministro presidente lettone, in occasione della sua visita «negli Stati di frontiera dell’Ue», è un manifesto della nuova Commissione europea. Un piano politico destinato a mettere l’elmetto in testa persino ai bambini. Cosa sta succedendo? Cominciamo dal sottolineare che, a Bruxelles, sono ben felici di assecondare l’ossessione dei baltici per il babau russo. Probabilmente, al di là della postura aggressiva e dei proclami sulle truppe da spedire al fronte per garantire la sicurezza di Kiev, sperano di delocalizzare il più possibile quello che considerano l’inevitabile scontro di civiltà con Mosca. In questo modo, daranno tempo agli Stati centrali di riorganizzare la difesa del continente. E pure di catechizzare l’opinione pubblica, visto che, per il momento, nel Paese che si candida a costruire l’esercito più potente dopo quello americano - la Germania - vanno di moda i libri di un blogger che si compiace di dichiarare: «Meglio occupati che morti».In questa operazione di marketing bellico, i droni svolgeranno un ruolo fondamentale. Sia perché sono una risorsa efficace e a buon mercato, che infatti tanto i russi quanto gli ucraini, ormai capaci di sfornarne in gran numero, hanno impiegato in quantità massicce. Sia perché essi alleggeriscono un po’ la percezione della brutalità dei combattimenti: eliminando il contatto fisico tra esseri umani, rendono moralmente meno problematica l’uccisione del nemico. Gli unici ad accorgersi che sono scoppiate delle bombe, alla fine, sono quelli che ci rimangono sotto. Ed è qui che nasce la tentazione di tirare in ballo i bimbi. Proprio dalla frontiera dell’Ue, quella che praticamente si sente già in trincea contro Vladimir Putin, stanno infatti partendo vari progetti per insegnare ai più piccoli come si fabbricano e come si usano i velivoli da guerra senza pilota.Ne ha parlato anche La Stampa ieri: tra pochi giorni, gli alunni delle elementari in Lituania, di ritorno sui banchi di scuola, si ritroveranno a frequentare lezioni dedicate alla costruzione e alla guida dei droni. «Ormai sono diventati una parte integrante non solo della scienza e dell’industria», ha spiegato a metà agosto il direttore dell’agenzia di educazione Linesa, Valdas Jankauskas, «ma anche della vita di tutti i giorni». Il progetto, ha giubilato il funzionario, darà alle giovani generazioni «la possibilità di conoscere questo settore dalla tenera età». Per fortuna, nella «vita di tutti i giorni», i droni al massimo vengono usati per scattare suggestive foto dall’alto di attività sportive, concerti o serate danzanti. C’è una bella differenza tra i giocattoli con le eliche che ogni tanto vediamo svolazzare in spiaggia oppure in discoteca e gli apparecchi, imbottiti di esplosivo, che piombano sui civili nelle città dell’Ucraina e sulle regioni di confine in Russia. Forse, in alcuni Stati europei si stanno portando avanti? L’idea è che, sin dalla «tenera età», i ragazzini debbano abituarsi a concepire la guerra come un aspetto della «vita di tutti i giorni»? I giovanissimi lituani chiamati a raccolta non saranno mica pochi: si tratta di 7.000 bambini dai 9 anni di età, parte di un corso che coinvolgerà in totale 22.000 connazionali. Costoro, entro il 2028, acquisiranno «abilità di controllo dei droni», anche attraverso «esperimenti pratici e giochi». Niente di più moderno e tecnologico che spingere i piccini a concepire la morte alla stregua di un videogame, quasi uguale a quello con cui già si divertono il pomeriggio, mentre siedono davanti a una qualche consolle. Anche se, dal punto di vista delle tattiche propagandistiche, resta minima la distanza dalle omelie dei professori ultranazionalisti che, nel 1914, incitavano gli studentelli ad arruolarsi nell’esercito del Secondo Reich, descritte da Erich Maria Remarque in Niente di nuovo sul fronte occidentale. Niente di nuovo, appunto. Tant’è che pure i balilla, in assenza di bombardieri pilotabili da remoto, in classe imparavano a montare e smontare il moschetto.Alle porte della Federazione russa, si stanno organizzando parecchie iniziative simili: c’è il caso «pedagogico» della Lituania; c’è la Lettonia, «potenza dei droni» che fa gongolare la Von der Leyen e che ha già addestrato 32 giovani cadetti nelle specialità della guerra elettronica, lo scorso luglio; e non poteva mancare l’Estonia di Kaja Kallas, ex premier, oggi Alto rappresentante dell’Unione. Soprattutto, falco antirusso ispirata dalle persecuzioni dell’Urss subite dalla nonna e dalla madre, che vennero deportate in Siberia, mentre il babbo, Siim, faceva carriera nelle banche statali e nella gerarchia amministrativa sovietica, da iscritto al Partito comunista. Ebbene: entro la metà del 2026, Tallinn avvierà un programma di educazione all’impiego di droni, che addirittura rientra nell’accordo di coalizione della maggioranza al governo e che includerà l’invio di appositi «kit» alle scuole.Sarà pur vero che, per mantenere la pace, è sempre meglio prepararsi alla guerra. Ma chi si illude di poterla rendere seducente, o magari divertente, sta incappando in un errore pericoloso. Anche quei bambini lituani di 9 anni, un domani, capiranno che ammazzare un uomo non è come fare una partita alla Playstation.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pazzia-ue-droni-bimbi-2673942504.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="loccupazione-tedesca-e-ai-minimi-storici-e-merz-crea-lavoro-al-fronte-per-i-giovani" data-post-id="2673942504" data-published-at="1756542983" data-use-pagination="False"> L’occupazione tedesca è ai minimi storici e Merz crea lavoro al fronte per i giovani «Abbiamo sbagliato transizione». Se fossero onesti e trasparenti i decisori delle principali economie del Vecchio continente dovrebbero ammettere che il passaggio «forzato» dalle forme di energia più inquinanti a quelle «pulite» si sta dimostrando un flop epocale. E che per rimediare a quel fallimento (in termini di crescita del Pil, degli utili delle imprese e quindi di occupazione) si stanno creando i presupposti per un’altra forma di transizione, eticamente meno irreprensibile, quella che ci porterà verso un’economia di guerra.I segnali sono evidenti – ieri abbiamo parlato dell’emissione del primo bond (ad opera di una banca francese) per finanziare l’escalation militare del Vecchio continente – ma il piano annunciato qualche ore fa dal governo Merz (il disegno di legge è atteso al vaglio del parlamento) mostra plasticamente quello che potrebbe succederci nei prossimi anni. Certo, il cancelliere ha salvato la faccia evitando di introdurre subito la leva obbligatoria (era stata abolita nel 2011), ma il piano è studiato in modo che poi, se non verranno raggiunti i risultati sperati è lì che si andrà a parare, nella leva forzata.E quali sono questi risultati? A oggi la Bundeswehr (le forze armate tedesche) possono contare su circa 180.000 soldati e poco meno di 50.000 riservisti. Nella prospettiva del governo solo quando i militari avranno superato quota 250.000 unità e i riservisti avranno toccato la soglia dei 200.000 uomini si potranno dormire sonni più tranquilli. Non semplice, perché si tratta di ricreare un sistema, parte dalle caserme e arriva fino agli istruttori, che è stato quasi completamente smantellato negli anni in cui nessuno pensava che la pace potesse essere messa in discussione. Insomma, il progetto va un po’ spinto. E infatti i giovani tedeschi che a inizio 2026 riceveranno un questionario informativo (gli uomini saranno obbligati a compilarlo, le donne no), per capire la loro propensione all’avventura militare, saranno tentati da una discreta serie di benefit.Stipendio minimo di 2.300 euro al mese, vitto, alloggio ed assistenza sanitaria gratuita oltre ad altre «attenzioni» particolari. Basterà? Difficile dirlo. Quello che invece si può dire senza timore di smentita è che l’economia tedesca è costantemente sull’orlo della recessione. I timidi segnali di ripresa di gennaio, febbraio e marzo (+0,3% del Pil) sono stati vanificati dalla contrazione dello 0,3% del secondo trimestre 2025, anche perché la stima iniziale indicava un calo contenuto dello 0,1%. E i recentissimi dati sul tasso di disoccupazione confermano ad agosto le percentuali di luglio (il 6,3%), cioè il dato peggiore dal 2020 (i disoccupati hanno superato i 3 milioni). Tanto per intenderci, secondo l’ultimo Industry Barometer di Ernst & Young che analizza l’andamento delle vendite e dell’occupazione nell’industria tedesca, le imposizioni del Green deal hanno portato alla perdita di 51.000 posti solo nell’automotive. Se poi l’analisi si allarga e arriva a ricomprendere il periodo pre-Covid, arrivando al 2019, scopriamo che sono venuti a mancare circa 112.000 occupati. Dire che la crisi del modello tedesco sia esclusivamente colpa dell’ideologia green, che a un certo punto ha stravolto le strategie di buona parte dei colossi dell’industria, sarebbe sbagliato e limitativo. Ma di certo i diktat ambientalisti che vogliono costringere le case europee a dire addio ai motori termici entro il 2035 hanno avuto un ruolo fondamentale nella crisi di Berlino.E quindi torniamo a bomba sui piani di Merz e Macron: quello che il Green deal ha distrutto tocca riprenderselo con l’industria bellica. Non è un caso che nelle stesse ore in cui il cancelliere annunciava il piano per la leva militare, Rheinmetall (la maggiore azienda tedesca degli armamenti) stesse inaugurando quella che diventerà la più grande fabbrica di munizioni d’Europa. Il sito è ad Hannover, ma l’ad Armin Papperger è pronto a costruire altri stabilimenti in diversi Paesi della Nato. Perché quando la Germania si muove lo fa sempre per porsi alla guida del progetto e mai a ricasco.Certo, che in questo piano manca la voce dei diretti interessati. Sarebbe utile sapere cosa ne pensano i ragazzi e le ragazze tedesche. Sono contenti di scoprire il brivido della vita al fronte per prepararsi ad affrontare il pericolo russo? O farebbero volentieri a meno della nuova avventura? Un recente sondaggio dell’istituto YouGov, condotto per l’agenzia di stampa tedesca Dpa, rivela che tra i tedeschi c’è un sentimento abbastanza variegato. Il 54% degli intervistati si è espresso a favore del ritorno al servizio militare obbligatorio. Ma se poi si analizzano questi numeri dividendoli per fascia di età, si scopre che tra gli ultrasettantenni la percentuale di favorevoli è del 66%, mentre nella fascia compresa tra i 18 e i 29 anni solo un terzo (35%) sposa il sì.C’era da aspettarselo, ma siamo certi che a Berlino come a Bruxelles di quello che vogliono i diretti interessati importa poco o nulla.
(Guardia di Finanza)
In particolare, i Baschi verdi del Gruppo Pronto Impiego, hanno analizzato i flussi delle importazioni attraverso gli spedizionieri presenti in città, al fine di individuare i principali importatori di prodotti da fumo e la successiva distribuzione ai canali di vendita, che, dal 2020, è prerogativa esclusiva dei tabaccai per i quali è previsto il versamento all’erario di un’imposta di consumo.
Dall’esame delle importazioni della merce nel capoluogo siciliano, i finanzieri hanno scoperto come, oltre ai canali ufficiali che vedevano quali clienti le rivendite di tabacchi regolarmente autorizzate da licenza rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ci fosse un vero e proprio mercato parallelo gestito da società riconducibili a soggetti extracomunitari.
Infatti, è emerso come un unico grande importatore di tali prodotti, con sede a Partinico, rifornisse numerosi negozi di oggettistica e articoli per la casa privi di licenza di vendita. I finanzieri, quindi, seguendo le consegne effettuate dall’importatore, hanno scoperto ben 11 esercizi commerciali che vendevano abitualmente sigarette elettroniche, cartine e filtri senza alcuna licenza e in totale evasione di imposta sui consumi.
Durante l’accesso presso la sede e i magazzini sia dell’importatore che di tutti i negozi individuati in pieno centro a Palermo, i militari hanno individuato la presenza di poche scatole esposte per la vendita, in alcuni casi anche occultate sotto i banconi, mentre il grosso dei prodotti veniva conservato, opportunamente nascosto, in magazzini secondari nelle vicinanze dei negozi.
Pertanto, oltre al sequestro della merce, i titolari dei 12 esercizi commerciali sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria e le attività sono state segnalate all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, per le sanzioni accessorie previste, tra le quali la chiusura dell’esercizio commerciale.
La vendita attraverso canali non controllati e non autorizzati da regolare licenza espone peraltro a possibili pericoli per la salute gli utilizzatori finali, quasi esclusivamente minorenni, che comprano i prodotti a prezzi più bassi ma senza avere alcuna garanzia sulla qualità degli stessi.
L’operazione segna un importante colpo a questa nuova forma di contrabbando che, al passo con i tempi, pare abbia sostituito le vecchie “bionde” con i nuovi prodotti da fumo.
Le ipotesi investigative delineate sono state formulate nel rispetto del principio della presunzione d’innocenza delle persone sottoposte a indagini e la responsabilità degli indagati dovrà essere definitivamente accertata nel corso del procedimento e solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.
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