2024-02-15
Altro sì al patto Ue sui migranti, Ong deluse
La commissione Libertà civili dell’Europarlamento approva, anche con il voto dei conservatori, l’intesa che sconfessa la linea pro invasione dei socialisti. A vuoto l’appello delle associazioni. Il Pd: «Ha vinto Orbán». Ora serve l’ok della plenaria e poi del Consiglio.Lavoratori delle piattaforme digitali: domani il governo deve esprimersi. Tra i contrari, oltre ai taxisti, i venditori a domicilio.Lo speciale contiene due articoli.A giudicare dalla reazione delle sinistre e delle Ong, il nuovo Patto Ue su migrazione e asilo, che ha fatto un passo importante verso l’approvazione definitiva, una volta a regime rappresenterà un concreto giro di vite rispetto alla disinvoltura e alla facilità con sui si è concessa finora la protezione ai migranti. Dopo che, ieri mattina, l’accordo raggiunto nel Trilogo sul finire dell’anno scorso tra Stati nazionali ed istituzioni europee è stato confermato e approvato dalla commissione libertà civili del Parlamento europeo, per tutta la giornata si sono susseguite dichiarazioni al vetriolo di alcuni parlamentari dell’opposizione italiana e le proteste di numerose associazioni non governative. Le votazioni sui diversi regolamenti del nuovo Patto hanno evidenziato ciò che, con l’avvicinarsi delle elezioni Europee, è inevitabile, e cioè che anche le componenti moderate e liberali dell’Europarlamento si stanno distanziando dalle politiche immigrazioniste dei «rossoverdi» europei, come dimostrano anche le iniziative che governi nazionali a guida liberale (come ad esempio la Francia) stanno prendendo sul proprio territorio su questi temi. Già il fatto che, al momento dell’accordo di dicembre, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen aveva parlato di «tappa storica», la dice lunga sul cambiamento di clima politico. Se si prende in considerazione la proposta originaria avanzata a suo tempo dal Parlamento europeo, targata fondamentalmente Pse e zeppa di principi immigrazionisti, la mutazione è completa. Non si tratta, evidentemente, del testo che avrebbero voluto i gruppi conservatori e di destra presenti a Strasburgo, ma vi sono alcuni regolamenti contenuti nel patto che, nella votazione per parti separate che si è tenuta ieri in commissione, hanno ottenuto anche il voto delle opposizioni di centrodestra. Facciamo un passo indietro: di che cosa tratta e come è strutturato il Patto Ue su Migrazione e Asilo? Anzitutto, si tratta di un testo costituito da un pacchetto di regolamenti per diversi ambiti. Il regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione è passato con 41 voti a favore, 24 contrari e 2 astensioni. Questa parte del Patto prevede controlli più severi sui migranti che arrivano nell’Unione europea, con l’aumento delle strutture vicine alle frontiere atte a respingere più rapidamente chi non ha diritto all’asilo. Poi c’è la solidarietà obbligatoria per i Paesi dell’Ue riconosciuti come sottoposti a pressione migratoria. Gli Stati membri possono scegliere se ricollocare i richiedenti asilo sul proprio territorio, se fornire contributi finanziari o se fornire supporto operativo e tecnico, quando necessario. Su questi punti è rimasta forte l’opposizione dell’Ungheria. Il regolamento sulle situazioni di crisi ha ottenuto 37 voti a favore, 26 contrari e 4 astensioni, e tratta sostanzialmente di come aiutare gli Stati membri che si trovano ad affrontare un afflusso eccezionale di cittadini di Paesi terzi. Ok anche all’accordo sul regolamento sullo screening, che è stato approvato, così come il sistema centralizzato di informazioni sulle condanne, con 48 voti a favore, 16 contrari e 2 astensioni, In base al nuovo regolamento sullo screening, le persone che non soddisfano le condizioni per entrare nell’Ue saranno sottoposte a una procedura di screening pre ingresso, consistente nell’identificazione, raccolta di dati biometrici, controlli sanitari e di sicurezza, per un massimo di sette giorni. È passato anche l’accordo sulle procedure comuni in tutta l’Ue per la concessione e la revoca della protezione internazionale, che andranno a sostituire le diverse procedure utilizzate nei vari Stati. Il cambio di passo è evidente: ci sarà un meccanismo di «filtraggio» dei migranti e una procedura accelerata alla frontiera per coloro che hanno statisticamente meno probabilità di ottenere l’asilo. Questa procedura si applicherà ai cittadini dei Paesi in cui il tasso di riconoscimento dello status di rifugiato da parte dell’Ue è inferiore al 20%. Sarà applicata anche alle famiglie con bambini di età inferiore ai dodici anni. Un’altra parte dell’accordo che ha avuto il via libera dalla commissione e che di certo segna una stretta, è l’accordo sulla nuova banca dati Eurodac, concepita in modo da identificare più efficacemente chi arriva illegalmente sul territorio Ue. Alle impronte digitali, infatti, si aggiungeranno le immagini facciali anche per i bambini dai sei anni in su. Le autorità saranno anche in grado di registrare se qualcuno potrebbe rappresentare una minaccia alla sicurezza o è stato violento o armato. Per arrivare all’approvazione completa, manca ancora il via libera della plenaria e quindi l’ok definitivo del Consiglio. Sinistra e Ong, però, come detto sono già sul piede di guerra. Un’ottantina tra Ong e associazioni della società civile orientate a sinistra, avevano fatto circolare un appello contro l’accordo nelle ore precedenti al voto, per poi criticare il via libera della Commissione. Secondo queste, le nuove regole favoriranno la violazione dei diritti umani e le detenzioni. Sul fronte politico, il più duro è stato l’eurodeputato dem Pietro Bartolo, per il quale si tratta di un patto «inaccettabile», che «cede alle richieste di Orbán».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/patto-ue-migranti-2667286835.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="gualmini-rilancia-la-euro-direttiva-che-ingabbia-i-lavoratori-digitali" data-post-id="2667286835" data-published-at="1707991853" data-use-pagination="False"> Gualmini rilancia la euro direttiva che ingabbia i lavoratori digitali Sulla nuova direttiva per i lavoratori delle piattaforme digitali, domani sarà il giorno decisivo, e man mano che si appressa il momento della verità, alcune prese di posizione politiche lasciano intendere quale sia la posta politica in gioco. Nel corso della seduta della commissione per l’occupazione e gli affari sociali dell’Europarlamento che si è tenuta ieri, infatti, l’intervento della deputata del Pse Elisabetta Gualmini, molto vicina alla segretaria dem Elly Schlein, ha scoperto ulteriormente le carte dell’eurosinistra. Quest’ultima si è prodotta in una difesa a spada tratta della direttiva che – c’è da ricordare – è stata concepita, messa da parte e poi resuscitata con un timing pre-elettorale quantomeno sospetto da una triade socialista composta dal Commissario Ue al Lavoro, il lussemburghese Nicolas Schmit, dalla ministra del lavoro spagnola Yolanda Diaz e dalla stessa Gualmini. «È giunto il momento», ha detto, «che gli Stati membri si assumano le proprie responsabilità e approvino questo accordo», aggiungendo di sperare in un voto positivo domani. «Sono coinvolti», ha detto ancora, «più di 30 milioni di lavoratori e 5,5 milioni sono falsi lavoratori autonomi». In realtà il testo frutto dell’accordo della settimana scorsa, lungi dal suscitare un apprezzamento unanime per i benefici che apporterà alle condizioni dei lavoratori della cosiddetta gig economy, ha provocato una levata di scudi di numerose categorie di lavoratori, le quali hanno protestato con diverse sfumature, contestando però nella sostanza un punto fondamentale. Secondo loro, infatti, la direttiva, se approvata, calerebbe dall’alto un corpus di obblighi e regolamenti, che determinerebbe una colossale e non necessaria sottoposizione di decine di milioni lavoratori a un’unica disciplina. Una vera e propria irreggimentazione di massa, anche in settori dove c’è una lunga tradizione di rappresentanza, di contrattazione. A fare sentire per primi la propria voce, i rappresentati dei tassisti a livello europeo, «Chiediamo», hanno affermato in una nota distribuita lunedì scorso, «che venga mantenuta una chiara distinzione tra taxi e piattaforme esclusivamente digitali», poiché «i taxi sono altamente regolamentati e garantiscono la mobilità per tutti in ogni momento. Di conseguenza», hanno aggiunto, «un approccio unico per tutti rischia di eliminare le chiamate stradali e la disponibilità di taxi in luoghi chiave, come gli ospedali». Anche i rappresentanti italiani degli Ncc, attraverso Anitrav, hanno criticato la direttiva, rivolgendosi direttamente al governo italiano e facendo presente che, di fronte a un pressing sul Consiglio Ue così forte da parte dei socialisti, forse è il caso che l’Italia riveda il consenso fornito alla direttiva nelle precedenti occasioni di confronto. Il testo che andrà in votazione, infatti, pone anche un problema di sovranità sui temi legati alle politiche di lavoro e salariali dei governi nazionali, così come l’operazione politica condotta dalle opposizioni italiane sul salario minimo era stata criticata dal governo Meloni per la sua strumentalità politica e per il fatto che aboliva la contrattazione. Non è un caso che, nelle ultime ore, altre categorie si stanno aggiungendo a quelle che hanno manifestato contrarietà alla direttiva: dopo taxi e Ncc, ci sono da registrare le proteste di Univendita, l’associazione maggiormente rappresentativa delle grandi aziende della vendita diretta, secondo le quali il testo in questione determinerebbe la fuga di tutti quegli operatori che hanno interesse a rimanere autonomi.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)