2021-09-22
Pass appena scaduto? Lezioni interrotte e insegnanti cacciati
Ormai nelle scuole è guerra aperta ai docenti con il tampone. Si moltiplicano i casi di allontanamenti plateali dalle aule.Dicevano saggiamente i latini: «Summum ius, summa iniuria», nel senso che un'applicazione ottusa ed eccessivamente rigida di una norma può solo produrre ingiustizia. Venendo all'attualità, la sensazione è che in questi giorni si stia esagerando addirittura tre volte. Una prima volta, perché le norme sul green pass sono stupide di per sé, dal momento che - di tutta evidenza - non sono in grado di offrire alcuna garanzia sanitaria. Una seconda volta, perché c'è sempre qualcuno più realista del re, qualche esecutore troppo zelante, a cui non pare vero di applicare le norme aggiungendovi un ulteriore tasso di rigidità. E una terza volta, ma questo è solo un sospetto, perché si ha la sensazione che nei confronti di chi sceglie la via del tampone per ottenere la carta verde ci sia forse un sovrappiù di vigilanza occhiuta.Ecco tre storie che lasciano francamente esterrefatti. La prima viene dal Lazio, ed è stata raccontata dal Messaggero. Una docente che ha scelto di non vaccinarsi ma di fare due tamponi a settimana per coprire i suoi orari settimanali di lezione sarebbe stata allontanata dalla classe alla scadenza esatta delle 48 ore di validità del tampone, nel mezzo di una lezione. Il tampone era stato effettuato lunedì alle 8.40. E il mercoledì mattina? «Ho iniziato la mia lezione alle 8.10», racconta l'insegnante. «Dopo mezz'ora, entra la fiduciaria. Mi chiede di andare dalla vicepreside». Lì, è successo il resto: telefonata della dirigente scolastica, verifica dell'avvenuta scadenza delle 48 ore, ed emissione dell'ordine di uscita. Dice l'interessata: «Sono stata immediatamente allontanata dalla classe. Ho avuto solo il tempo di entrare e prendere la borsa, ho lasciato tutti i libri aperti sulla cattedra. I miei alunni mi guardavano senza capire cosa stesse succedendo. Avrei voluto parlare con una collega in un'altra classe, non mi è stato consentito. Mi sono sentita umiliata, discriminata, frustrata». E ancora: «Fatto sta che il mio diritto alla privacy è stato leso così come quello allo studio dei miei studenti, lasciati con un collaboratore scolastico». La domanda sorge spontanea: era proprio necessario interrompere una lezione, cronometro alla mano? E questa drammatizzazione, con tanto di lezione interrotta, a chi e a che cosa è servita?Stessa storia a Riccione: qui l'episodio è ancora più grottesco, perché ha riguardato una docente di sostegno costretta a lasciare l'alunna epilettica di cui si stava occupando. È il Corriere di Romagna a dare conto delle parole della docente: «Dovevo lavorare sino a mezzogiorno, ma all'improvviso, mentre ero in classe, sono stata convocata dal preside. Invitata ad esibire il mio certificato verde, dopo i controlli del caso, sono stata invitata ad uscire, in quanto risultava appena scaduto. Erano circa le 9.30 e in una decina di minuti ho dovuto raccogliere le mie cose ed andarmene. Nell'ora successiva la docente curricolare non era in presenza, ma in collegamento da casa. Perciò di fatto la mia allieva è rimasta sola con i compagni, sotto la vigilanza di un adulto, che fa parte del personale non docente, ma solo io sono in grado di gestire le crisi epilettiche, di cui purtroppo la studentessa soffre». Non occorrono molti commenti, per quanto l'insegnante abbia tenuto a giustificare la decisione del preside. L'ultimo capitolo di questa serie è stato scritto ad Ariano Irpino, in provincia di Avellino. Qui un green pass di una docente è risultato prima «verde» e poi «non utilizzabile», ad una successiva verifica. E così, da quanto si è potuto ricostruire, l'insegnante ha iniziato le lezioni programmate in base all'orario stabilito, ma poi è stata allontanata. La cronaca del Mattino fa capire tutto: «La docente (…) ha subito cominciato ad avviare la didattica prevista nella sua classe. Ma dopo qualche ora, come da prassi appena consolidata, sono stati ripetuti i controlli. Alla docente, che solo qualche ora prima il green pass risultava verde, questa volta non lo era più. Era praticamente scaduto perché faceva riferimento ad un tampone eseguito poco più di 48 ore prima. A questo punto, di fronte all'invito dei vertici della scuola a sospendere le lezioni e a recarsi presso un qualsiasi altro centro per sottoporsi a nuovo tampone, la docente ha cominciato a contestare la procedura e a sostenere di non dover fare nulla in quanto solo qualche ora prima il suo green pass era perfettamente in regola. E vedendosi invitata nuovamente ad abbandonare la scuola, ha preteso che arrivassero sul posto i carabinieri per dirimere la questione». La discussione è finita con la constatazione della scadenza delle 48 ore di validità del tampone. Certo, al di là di questi tre episodi, resta la sensazione di un plus di rigidità (delle norme e a volte anche di chi le applica) verso i soli «tamponati». E questo lascia francamente basiti. In primo luogo, perché un tampone fresco offre un grado di garanzia che tutti dovrebbero apprezzare. In secondo luogo, perché è errato continuare a descrivere il tampone come un escamotage, come un modo per sottrarsi al vaccino. E in terzo luogo, perché, anziché adottare una visione punitiva, paternalistica, quasi «ortopedica» rispetto agli altri, occorrerebbe adottare il tampone come strumento generalizzato di screening. E se lo si facesse, come la Verità suggerisce da mesi, nella forma meno invasiva del tampone salivare a risposta rapida, sarebbe un traguardo positivo per tutti, anziché stare con il cronometro a contare i minuti dopo le 48 ore. Tranne ovviamente per chi si fosse invece «affezionato» all'emergenza permanente, in qualche palazzo romano.