2022-03-19
Giancarlo Parretti: «Lo zar si è armato fino ai denti mentre in Occidente dormivamo»
Giancarlo Parretti (Ansa)
L’ex patron (unico italiano) della Mgm: «La politica estera non si fa con i «vaffa» Biden? Spara soltanto frasi a effetto, persino Trump avrebbe fatto meglio di lui. Non vedo in giro leader come Kennedy in grado di evitare una guerra nucleare».Mi è venuto in mente quando ho visto le agenzie battere il via libera definitivo all’acquisizione della Metro Goldwin Mayer (Mgm) da parte di Amazon. Nuova vita per l’antica major del cinema, che con il suo ruggito che introduceva ogni film ha sbranato in tanti decenni non so più quanti Oscar e Golden Globe. M’è venuto in mente pure che ci fu un tempo in cui Mgm era diventata italiana: alla fine degli anni Ottanta. L’aveva acquistata quello che da quel giorno fu chiamato «il leone di Orvieto»: Giancarlo Parretti, ex cameriere che in quegli anni di strada ne aveva fatta tanta si disse anche grazie all’amicizia con Gianni De Michelis, un potente politico socialista, e a quella con Silvio Berlusconi. Parretti aveva messo su negli anni con il socio Florio Fiorini, ex direttore finanziario dell’Eni (che si era messo in proprio con una finanziaria svizzera, la Sasea) un piccolo impero economico, diventato il primo immobiliarista di Spagna grazie all’acquisizione del gruppo Melia, e anche produttore cinematografico con l’acquisizione della Pathè Cinema e della Cannon. Fiorini raccontò di avere mandato un giorno il suo socio dal Credit Lyonnaise per vendere la Pathè e alleggerire un po’ il peso dei debiti. Lui tornò di fatto con un finanziamento in dollari pari a 1.500 miliardi delle allora lire con cui acquistare la Mgm, dove restò in sella per un paio di anni buttandosi nella grande piscina di Hollywood, conoscendo attori, attrici e produttori che aveva visto solo sullo schermo e poi fu buttato giù dal magico trono dal colosso francese che rischiava di fallire nell’avventura e con cui per decenni si è impegnato in guerre legali forse ancora non terminate.Il leone di Orvieto oggi lontano dai riflettori sta proprio ad Orvieto: «Sì, ho letto di Amazon», dice Parretti, «sono felice, mica sono invidioso. Ho subito scritto le mie congratulazioni a Jeff Bezos, che mi ha pure risposto in modo molto gentile». Vi conoscevate già? «No, ma sa in tutta la storia della Mgm solo quattro imprenditori l’hanno avuta nelle mani. Il terzo fui io, e il quarto è Bezos. Si crea subito un legame». Ma lei è stato davvero pochi mesi sul trono della major... «Due anni dal 1989. E sono stati sufficienti a vincere 6 Oscar, 5 Golden Globe e una Palma d’Oro, mica bruscolini». Anni in cui Parretti girava con un jet personale in grado di fare voli oceanici che poi volle comprare anche Berlusconi, e andava a cena con Meryl Streep o Sean Connery: «Il cinema oggi è una cosa diversa, senza dubbio», racconta l’ex finanziere di Orvieto, «e Bezos di sicuro è adatto alla competizione con Netflix che già avviene con Prime Video. Ma questo come tutti gli affari dipende da come si mette questa sciagurata guerra. E vedo ogni giorno che passa che si mette sempre peggio, sfiorando davvero un conflitto mondiale».Addirittura? «Sì, non è che si sta giocando una partita di Risiko. E io non ho mai visto nemmeno nelle grandi guerre mondiali leader di Paesi che si insultano e offendono personalmente come avviene ora. Non si può avere rapporti fra Stati con la logica del Vaffa. Anche nelle grandi guerre bisogna avere un contegno che salvi la possibilità di diplomazia. Non si possono sparare frasi ad effetto come sta facendo Joe Biden pensando alla sua campagna elettorale di mid term. Così dalla crisi non si può venire fuori».Anche Putin va giù pesante a parole «Certo, e soprattutto con le armi. Ma non stiamo discutendo di questo. Bisogna essere realisti: i popoli in Occidente non vogliono la guerra, nemmeno gli americani. Ma se si scherza con il fuoco ce la troviamo in casa all’improvviso. Non è che Putin debba chiedere a Parlamento, fare passare in consiglio dei ministri, avere autorizzazioni: se decide di spingere prende e fa. Bisogna tenerlo presente. E avere presenti gli errori fatti qui: per 8 anni nessuno in Occidente vedeva e capiva. Fregati tutti della guerra sanguinosa che si stava svolgendo in Donbass, con migliaia di vittime. Non voglio discutere delle ragioni, ma c’era qualcuno che pensava avrebbe fatto sempre spallucce o si sarebbe mosso per difendere 10 milioni di russi? Non si è capito che la Russia in questi anni si è armata fino ai denti? O pensavamo che gli esperimenti nucleari li facesse davvero il dittatore coreano del Nord con tecnologia autoctona?».Crede che fossero missili russi? «Ma certo che sì. E Putin ha fatto vedere anche negli esperimenti sottomarini russi di grande profondità che si muovono a velocità tale da potere essere in un’ora davanti a New York senza possibilità alcuna di essere intercettato. Insomma si rischia grosso e nessuno pensa a soluzioni realistiche...».Si tentano mediazioni, ma la Russia non sembra ascoltarle.«Le sembra una mediazione la sola cosa da cui si parte in Occidente? E cioè che prima la Russia si ritiri? È evidente che non è una mediazione. Ci vuole realismo, e non c’è. Lascia sgomenti l’irrealismo americano ed europeo. Perfino Donald Trump che io non ho mai sopportato era più pratico di Biden: non saremmo a questo punto oggi. Non si sottovaluti il rischio Putin e l’arsenale atomico che ha...».Lei crede davvero si rischi la guerra nucleare? «Il rischio c’è stato tante altre volte nella storia. Non dimentichiamoci la crisi di Cuba con John Kennedy e gli americani che sono stati a un passo dal provocarla. Allora fu sventata grazie a papa Giovanni XXIII e a politici di altro spessore e cervello come Nikita Kruscev e - pochi se lo ricordano - anche l’italiano Amintore Fanfani che proprio per questa capacità poco dopo sarebbe approdato alla guida dell’Onu. Loro evitarono la terza guerra mondiale, ma in questo momento non vedo leader internazionali in grado di farlo. Biden e Macron vivono con lo sguardo rivolto meschinamente alle loro campagne elettorali, il resto di Europa sembra partecipare più che alla guerra a un video gioco con l’eroe buono Zelensky che fino a due mesi fa pareva buono solo come attore. Non faccio un discorso morale su giustizia e ingiustizia, non risolviamo le cose dicendo che quello è cattivo - ed è vero - e che la vittima è quell’altro. Ma realisticamente Putin sono dieci anni che sperimenta armi e organizza quello che stiamo vedendo in atto e che non si fermerà. Dall’altra parte ha gente così che lo affronta? Sono molto preoccupato. E c’è da esserlo tutti».