2019-04-17
Parigi sigilla i confini: «Ora pericolo Isis». Peccato che la causa siano i suoi traffici
La Francia ci chiede di blindare le frontiere per altri 6 mesi. Comodo, dopo l'ennesimo conflitto innescato per i propri affari.Enzo Moavero Milanesi incontra la delegazione di senatori vicini a Donald Trump. Sul tavolo la richiesta di mediare tra curdi e turchi. Washington garantirebbe intelligence in Tripolitania. Intanto il rappresentante di Misurata Ahmed Maitig minaccia: «400 jihadisti pronti a fuggire».Lo speciale contiene due articoli.Nei giorni scorsi, il vicepremier Luigi Di Maio se l'è presa con gli alleati europei della Lega «che fanno i sovranisti con le frontiere italiane». A quanto risulta, però, non sono i sovranisti (veri e presunti) a fare i furbetti con i confini altrui. Al solito, i primi a giocare sporco sono proprio i nostri cari, democratici e liberali vicini di casa francesi. Ieri fonti del Viminale hanno fatto sapere che la Francia ha chiesto ufficialmente di prorogare la chiusura delle frontiere con l'Italia per altri sei mesi. La richiesta è arrivata da Christophe Castaner, il ministro dell'Interno di Parigi. Il compagno di partito di Emmanuel Macron ha spiegato che le frontiere vanno serrate per via di una «emergenza nazionale» legata al terrorismo. Meraviglioso: qui si perde tempo a dibattere se sia il caso o meno di tenere i porti chiusi (per Di Maio è una «misura occasionale», niente meno), e intanto i francesi si blindano. In effetti, come conferma il Viminale, centinaia di jihadisti ora presenti in Libia potrebbero approfittare della guerra per lasciare il Paese diretti in Europa (e, ovviamente, in Italia). Le indicazioni in questo senso non mancano, anche se talvolta la minaccia dei barconi viene brandita in modo strumentale. Fayez Al Serraj, il leader del governo di Tripoli, ha dipinto un quadro inquietante: «Non ci sono solo gli 800.000 migranti pronti a partire», ha detto a Repubblica, «ci sarebbero i libici in fuga da questa guerra e, nel Sud della Libia sono già ritornati in azione i terroristi dell'Isis che il governo di Tripoli con l'appoggio della città di Misurata aveva scacciato da Sirte tre anni fa». Giusto ieri, il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha incontrato Ahmed Maitig, vicepremier libico schierato con Al Serraj e considerato - come abbiamo scritto ieri - il rappresentante de facto di Misurata. Maitig ha sostanzialmente confermato l'allarme, spiegando che nelle carceri della sua città sono detenuti circa 480 ex combattenti dello Stato islamico. Come è facile comprendere, se la situazione da quelle parti dovesse degenerare (o se l'Italia dovesse in qualche modo scontentare gli amichetti di Misurata...) le porte delle galere potrebbero aprirsi e i combattenti islamici non avrebbero altro da fare che prendere il largo. Ora, è evidente che i vari leader libici hanno tutto l'interesse a mostrare una situazione la più fosca possibile. Ma è vero anche che le loro affermazioni non sono poi così lontane dalla verità. E infatti a Parigi le prendono molto, molto sul serio e hanno deciso - in attesa di sviluppi - di premurarsi. Come? Beh, come hanno sempre fatto: chiudendo i portoni a doppia mandata. Sono circa 4 anni che la Francia ha reintrodotto i controlli alla frontiere, sospendendo Schengen e la libera circolazione. La chiusura è arrivata dopo i primi, micidiali attacchi islamici, da Charlie Hebdo al Bataclan. Da allora, come noto, i gendarmi hanno continuato a tenere sotto controllo i confini. Talvolta, mostrando ben poca diplomazia e molta arroganza, hanno pure deciso di passare dal nostro lato per scaricarci immigrati sgraditi. Adesso ci fanno sapere che i chiavistelli rimarranno per altri sei mesi. Fanno molto bene, i capoccia di Parigi, a guardarsi le spalle. Ma è troppo comodo farlo a spese nostre. Forse vale la pena di rammentare che il carnaio libico l'hanno prodotto, prima di tutti gli altri, i cari francesi. Hanno cominciato nel 2011 con la rimozione brutale di Muammar Gheddafi, che ha destabilizzato la Libia e l'ha lasciata in balia di jihadisti, trafficanti e criminali di varia natura. Ma anche oggi i cuginastri d'Oltralpe non hanno perso il vizio, anzi. Facciamo un esempio? Domenica scorsa, al confine tunisino, sono state fermate 13 persone provenienti dalla Libia. Cittadini francesi, che le fonti vicine al Qatar identificano come consiglieri militari del generale Khalifa Haftar. Difficile pensare che i gentiluomini in questione si trovassero da quelle parti per godersi una bella gita turistica, no? È evidente che la Francia, da anni, conduce maneggi in Libia, continuano a gettare benzina sul fuoco degli scontri e delle rivolte. Per altro, i gioviali vicini hanno brigato a lungo per danneggiare il nostro Paese e per tagliarlo fuori da qualsiasi affare in Cirenaica e dintorni. Adesso, tuttavia, sono così premurosi da annunciarci che sigilleranno i confini per un altro po' di tempo. Come a dire: amici italiani, intanto che cerchiamo di farvi le scarpe in Libia, se ci scappa qualche jihadista incarognito è meglio se ve lo prendete voi... Tanto «siamo tutti europei», no? <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/parigi-sigilla-i-confini-ora-pericolo-isis-peccato-che-la-causa-siano-i-suoi-traffici-2634815881.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="gli-usa-hanno-ribadito-la-loro-offerta-andate-in-siria-e-vi-diamo-una-mano" data-post-id="2634815881" data-published-at="1758064639" data-use-pagination="False"> Gli Usa hanno ribadito la loro offerta: «Andate in Siria e vi diamo una mano» Mentre l'eco del ministro degli esteri del Qatar, Mohamed Al Thani, ancora si aggira per Roma, il rappresentante di Misurata, Ahmed Maitig, utilizza la capitale per lanciare alcuni avvertimenti. «Con la guerra in Libia in corso centinaia di migliaia di migranti potranno raggiungere facilmente le coste europee. Ma può succedere anche di peggio», ha detto il vicepremier libico e link tra Tripoli e Doha rilasciando dichiarazioni alla stampa estera, ricordando che «i circa 400 prigionieri dell'Isis detenuti tra Tripoli e Misurata potrebbero fuggire approfittando del caos». Non si comprende se sia un avvertimento e una minaccia. In ogni caso Maitig dopo aver telefonato anche al ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha ricordato che il suo governo «ha lavorato con la comunità internazionale per tenere prigionieri questi terroristi». E nonostante questo, «oggi vediamo che alcuni partner supportano l'offensiva di Haftar». Il messaggio è diretto alla Francia, ma indirettamente anche ad elementi della compagine di maggioranza italiana. C'è infatti chi media e vorrebbe una Libia spaccata in due. Esattamente il contrario di quanto sperano le tribù di Misurata e il Qatar stesso che sa di poter fare forti pressioni sull'esecutivo di Giuseppe Conte. Il terzo incomodo tra il governo di Fayez Al Serraj e quello del generale khalifa Haftar, pernottando ancora un giorno a Roma, ha potuto assistere da lontano a un nuovo elemento diplomatico che si sta riaffacciando sullo scacchiere: gli Stati Uniti. Maitig non apprezza l'eventuale ritorno dell'intelligence Usa e al tempo stesso sta cercando di muoversi perché il governo italiano non si muova in tale direzione. Ieri invece il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha accolto una folta quanto importante delegazione del Congresso americano. Le questioni più rilevanti dell'attualità internazionale, con particolare attenzione alla situazione in Libia e nel bacino del Mediterraneo, oltre che ai rapporti con la Cina e con la Russia, sono state al centro di una riunione alla Farnesina con il senatore americano Lindsey Graham, presidente della Commissione Giustizia del Senato, delegato agli esteri del Partito repubblicano e ascoltatissimo consigliere di Donald Trump. Il senatore era accompagnato da una delegazione composta dai senatori John Barrasso, Chris Coons, Ben Sasse e dal deputato Michael McCaul. «L'articolata discussione durante la riunione ha permesso anche di ribadire la valenza strategica per l'Italia delle consolidate relazioni transatlantiche», si legge in una velina filtrata dalle agenzie di stampa. In realtà, i rappresentanti del Congresso in comune hanno una posizione chiara sul ruolo dell'Italia in Siria. Più volte Graham ha spiegato quanto sia importante gestire la transizione con le milizie dei curdi. Il senatore rappresenta l'ala repubblicana che non vuole mollare la presa. Ecco perché ieri è venuto a perorare la causa del ruolo italiano di cuscinetto tra i turchi e i curdi. I nostri militari e soprattutto i carabinieri godono di grande stima per l'attività svolta nei Balcani e in Iraq. Il messaggio è stato: aumentare la nostra presenza in Siria in cambio della riapertura del desk Usa in Libia e un sostegno attivo di intelligence. A quanto risulta alla Verità, Moavero avrebbe aperto allo scenario di impegno crescente in Siria, anche dovrà fare i conti con la componente 5 stelle. Il numero uno della Difesa, Elisabetta Trenta, lo scorso ottobre aveva dichiarato ufficialmente il contrario, spiegando che la presenza a Mosul vedrà un alleggerimento progressivo. Smentirla non sarà facile, ma nemmeno troppo complicato. Dal momento che, rispetto alla fine del 2018, gli equilibri sono cambiati. Sia tra i capi di stato maggiore sia tra il ministro e il partito di Di Maio. D'altronde l'opzione avrebbe una serie di vantaggi. La presenza Usa in Libia porterebbe il ridimensionamento del Qatar e la possibilità di imporre a Haftar un cessate il fuoco. In fondo, l'uomo forte della Cirenaica sarebbe disposto a una trattativa solo diventando azionista del petrolio libico e ottenendo una quota del fondo sovrano Lia. Al momento Bengasi non può esportare greggio se non per vie illecite. I beni riconducibili a Mohammar Gheddafi sono ancora congelati in giro per il mondo. Recentemente a Roma sono state liberate le proprietà immobiliari e presto toccherà alle azioni e agli altri asset. La Cirenaica non vuole rinunciare al bottino. Solo la Casa Bianca può imporsi perché è in grado di dialogare direttamente con i sauditi. Speriamo che la diplomazia acceleri e trovi una soluzione prima che Haftar conquisti tutta la capitale, nonostante la frenata di ieri. Al quel punto sarebbe più difficile per noi italiani ritornare in pista e mantenere un posto al sole (anche se in seconda fila).