2024-01-23
Parenti degli ostaggi in Parlamento «Netanyahu ora deve dimettersi»
Si fa sempre più critica la posizione del primo ministro, che è in calo nei sondaggi e incassa un nuovo attacco di Joseph Borrell (Ue): «Non si può cacciare la gente da Gaza, Israele si farà odiare per generazioni».Alta tensione ieri in Israele quando decine di parenti degli ostaggi ancora detenuti da Hamas nella Striscia di Gaza hanno fatto irruzione in una riunione della Commissione finanze del Parlamento israeliano. Hanno urlato: «Non vi siederete qui mentre loro stanno morendo là!». I manifestanti hanno interrotto la sessione invocando le dimissioni del primo ministro Benjamin Netanyahu e chiedendo nuove elezioni. Poco dopo, il premier israeliano ha incontrato a Gerusalemme i familiari delle 15 persone tenute in ostaggio da Hamas e a loro ha detto: «Contrariamente a quanto è sostenuto, non c’è una proposta sincera da parte di Hamas. Voglio dirlo nella maniera più esplicita, anche perché ci sono molte notizie non corrette che di sicuro vi causano dolore». Poi davanti alla Knesset, decine di manifestanti hanno chiesto nuove elezioni, accusando i partiti della coalizione al potere di essere «traditori che hanno rinunciato agli ostaggi». Merva Michaeli, presidente uscente dei laburisti, ha dichiarato che «la restituzione dei sequestrati non è un tema, è l’obbligo numero uno di questo governo. Gli ostaggi sono stati abbandonati e rapiti sotto il suo controllo e quindi deve fare di tutto per restituirli». Un’accusa senz’altro ingenerosa, perché nessuno può realisticamente credere che un governo (qualunque sia) possa lavarsene le mani dei propri cittadini rapiti da una organizzazione terroristica. Tuttavia, quanto accade è comprensibile perché si tratta di disperazione. Quella vera. Durante la notte tra domenica e lunedì, un gruppo di familiari degli ostaggi si era accampato fuori dalla residenza di Netanyahu a Gerusalemme, esortandolo a trovare un accordo che garantisca il ritorno a casa dei 136 sequestrati ancora nelle mani di Hamas. Ma il premier israeliano, poco prima, aveva respinto categoricamente le richieste del Movimento islamico, considerandole «condizioni per una resa». Ieri pomeriggio Netanyahu ha detto che «Israele ha una proposta sugli ostaggi a Gaza», aggiungendo però di non poter dare dettagli. Di certo c’è che il tempo non è il miglior alleato di Netanyahu, così come è evidente che la strategia del capo militare di Hamas Yahya Sinwar, che usa gli ostaggi israeliani come scudi umani, almeno fino a oggi sta pagando. Nel pomeriggio i laburisti, con 4 seggi su 120, hanno presentato alla Knesset una mozione di sfiducia contro il governo a causa del suo presunto fallimento nel riportare a casa gli ostaggi. È stata approvata con 18 voti a favore e zero contro, ma non ha superato la soglia dei 61 necessari per mettere in crisi l’esecutivo. Tuttavia, il significato politico è rilevante. Detto questo, secondo un sondaggio condotto dall’emittente Channel 13, se oggi si tenessero le elezioni in Israele, il Partito di unità nazionale di Benny Gantz conquisterebbe 37 seggi, più del triplo rispetto agli attuali 12. Questo metterebbe il partito in una posizione di notevole vantaggio rispetto all’attuale primo partito alla Knesset, il Likud di Netanyahu, che perderebbe la metà dei seggi, fermandosi a 16. In una giornata drammatica sul fronte della politica interna, con le molte speculazioni sulla vita degli ostaggi, non potevano mancare le nuove esternazioni dell’alto rappresentante Ue Josep Borrell, che ha nuovamente attaccato Israele: «Non è il modo di condurre un’operazione militare, e lo dico nel rispetto delle vittime del 7 ottobre. D’ora in poi si deve parlare di soluzione a due Stati e non di processo di pace, le parole sono importanti. So che Israele non è d’accordo ma è inaccettabile, come ha detto il segretario generale dell’Onu. Quindi dobbiamo discutere. Qual è la loro soluzione? Cacciare la gente da Gaza? Ucciderli tutti? Israele sta suscitando odio per generazioni». Borrell ha pronunciato la parola Hamas, ma solo per dire che «è uno degli ostacoli alla soluzione a due Stati, ma non il solo. Dobbiamo lavorare con il mondo arabo e discutere gli approcci per fare passi avanti». Poi Borrell, a margine del Consiglio Affari esteri, al quale partecipano anche in momenti diversi i ministri degli Esteri di Israele, Egitto, Giordania, Arabia Saudita e Autorità nazionale palestinese, oltre al segretario generale della Lega araba, è tornato a tuonare contro lo Stato ebraico: «Abbiamo bene in mente che cosa ha fatto Hamas, e di certo lo condanniamo e respingiamo. Ma pace e stabilità non possono essere ottenute solo con mezzi militari». In ogni caso qualcosa si muove, tanto che, secondo il New York Times, l’inviato americano per il Medio Oriente, Brett McGurk, nei prossimi giorni è atteso in Egitto e poi in Qatar, dove dovrebbe mettere a punto un nuovo piano per una tregua e relativo rilascio di ostaggi. Intanto ieri, durante il suo intervento al Consiglio dell’Unione europea dove si discute anche della soluzione dei «due Stati», il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz ha proposto nuovamente l’idea di costruire un’isola artificiale di fronte a Gaza. Questa isola sarebbe destinata a ospitare un porto e altre infrastrutture cruciali, e il ministro ha sottolineato la sua proposta mostrando ai colleghi dei video illustrativi accolti dal gelo dell’uditorio. Pronta la risposta del ministro degli Esteri palestinese, Riyad al-Malki, che ha respinto l’idea: «Coloro che desiderano trasferirsi su isole, che siano artificiali o naturali, sono liberi di farlo. Noi, i legittimi proprietari di questa terra, resteremo saldi e resisteremo per difendere i nostri diritti e per raggiungere la creazione di uno Stato palestinese con Gerusalemme Est come sua capitale». Alla fine del vertice Borrell ha affermato: «La maggioranza ha ricordato che la loro posizione è per la difesa di un accordo a favore dei due Stati».
Jose Mourinho (Getty Images)