2022-05-10
Pochi tank e niente voli acrobatici. L’Armata sfila ma col silenziatore
Vladimir Putin: «La Nato ci avrebbe invaso, però va evitato un conflitto globale». Parata sottotono: sulla piazza Rossa mancano molti blindati. Segno delle perdite sul campo e anche di un’apertura a soluzioni diplomatiche.Alzi la mano chi ieri mattina non ha cercato di ascoltare il discorso di Vladimir Putin durante le celebrazioni della Giornata della vittoria, la festa nazionale in Russia in memoria della capitolazione della Germania nazista. Chi si aspettava dichiarazioni di guerra totale, o minacce dirette alla Nato o ad altri soggetti, è rimasto deluso, perché il presidente russo non ha fatto nessun annuncio roboante. Putin è che apparso in buone condizioni fisiche, ha utilizzato la solita retorica anti occidentale. Tra le cose più significative c’è la «giustificazione» dell’invasione all’Ucraina, fatta passare come «preventiva». «I Paesi della Nato non volevano ascoltarci, il che significa che in realtà avevano piani completamente diversi. E l’abbiamo visto. Apertamente, erano in corso i preparativi per un’altra operazione punitiva nel Donbass, per un’invasione delle nostre terre storiche, compresa la Crimea. A Kiev hanno annunciato la possibile acquisizione di armi nucleari. Il blocco Nato ha avviato lo sviluppo militare attivo dei territori a noi adiacenti. Così, una minaccia per noi assolutamente inaccettabile è stata sistematicamente creata, direttamente ai nostri confini». Putin, comunque, ci ha tenuto a sottolineare che non vuole un’escalation: «L’orrore della guerra globale non deve ripetersi». Lo zar, ripercorrendo a ritroso la storia (naturalmente a modo suo), ha attaccato la Nato e gli Stati Uniti, che sono, a suo dire, sono complici del «regime nazista di Kiev»: «Tutto indicava che uno scontro con i neonazisti, su cui puntavano gli Stati Uniti e i loro partner, sarebbe stato inevitabile. Ripeto, abbiamo visto come si sta sviluppando l’infrastruttura militare, come hanno iniziato a lavorare centinaia di consulenti stranieri, ci sono state consegne regolari delle armi più moderne dai Paesi della Nato. Il pericolo cresceva ogni giorno. La Russia ha rifiutato preventivamente l’aggressione. È stata una decisione forzata, tempestiva e l’unica giusta. La decisione di un Paese sovrano, forte, indipendente. Gli Stati Uniti d’America, soprattutto dopo il crollo dell’Unione sovietica, hanno iniziato a parlare della sua esclusività, umiliando così non solo il mondo intero, ma anche i suoi satelliti, che devono fingere di non accorgersi di nulla e accettare docilmente tutto. Ma siamo un Paese diverso. La Russia ha un carattere diverso. Non rinunceremo mai all’amore per la patria, alla fede e ai valori tradizionali, ai costumi dei nostri antenati, al rispetto per tutti i popoli e le culture. E in Occidente, questi valori millenari, a quanto pare, hanno deciso di cancellarsi». Tanta le retorica anche sul Donbass, dove i russi avanzano, seppur molto lentamente. Ma perché il capo del Cremlino non ha scatenato la guerra totale? Le ragioni sono diverse: ormai è chiaro anche che la Russia non ha risorse infinite, le sanzioni stanno facendo effetto, tanto che anche la filiera degli armamenti è bloccata per mancanza di pezzi; ci sono le difficoltà che l’esercito russo ha incontrato sul terreno e che non si sono risolte nemmeno con la nomina dello «zar della guerra», il generale Alexander Dornikov, poi ci sono le perdite sul campo, che sarebbero arrivate a 25.000 soldati, ai quali vanno aggiunti i generali russi morti in battaglia. Tutti elementi che hanno depresso le forze armate, e lo stesso vale per la navi russe affondate e i carri armati distrutti dai micidiali droni. E sapere di aver perso la battaglia dello spazio, ovvero quella dei satelliti, non aiuta di certo a pianificare le operazioni militari. A tutto questo vanno sommate le purghe all’interno dei servizi di sicurezza e nell’esercito e il malcontento degli oligarchi, che vedono i loro patrimoni miliardari andare in fumo. E Putin lo sa. In realtà, c’è stata pure una trattativa, andata avanti fino a domenica notte, per evitare che lo zar facesse dichiarazioni incendiarie. In tal senso vanno interpretate le parole di Emmanuel Macron di ieri: «L’Unione europea non è in guerra contro la Russia perché in realtà siamo impegnati a preservare l’integrità territoriale dell’Ucraina e per il ritorno della pace nel continente». Da punto di vista militare, che parata è stata? Innanzitutto, va detto che la cancellazione dell’esibizione aerea è stata necessaria, viste le condizioni meteo dei luoghi da dove provenivano gli aerei (pioveva), anche se è stata provvidenziale, visto che molti velivoli sono andati persi in guerra e altri sono in Siria e in Libia. Secondo Franco Iacch, analista strategico, «quanto visto riflette inequivocabilmente il pesante scotto pagato in Ucraina. Il numero complessivo degli asset schierati, secondo il programma ufficiale diffuso dal ministero della Difesa russo, è stato ridotto rispetto a quello dello scorso anno. Assenti, ad esempio, le forze pesanti “artiche”, mentre resta esiguo il numero dei proiettili d’argento come il T14 Armata ed il Sukhoi Su57 Felon. E mentre numerosi video ingegnerizzati come quello del Poseidon e del Sarmat colpiscono con forza e senza filtro una comunità occidentale profondamente scossa dagli eventi, la maestosa manifestazione di ieri ha posto l’attenzione sulle già note criticità dell’industria della Difesa russa. La colonna meccanizzata è stata strutturata su 25 sistemi di combattimento rappresentati da 131 veicoli. Lo scorso anno furono 35 su 198 asset. Nessun carro armato T80, ad esempio, ha sfilato sulla piazza Rossa. Oltre 100 T80 sarebbero stati distrutti in Ucraina, compreso l’unico carro armato sperimentale T80UM2 prodotto da Mosca. La Russia sembrerebbe essere incapace di aumentare il numero dei suoi sistemi d’arma più avanzati come il veicolo da combattimento della fanteria Kurganets25 e il corazzato ruotato per il trasporto del personale Boomerang». Il grande spettacolo sulla Piazza Rossa ha dimostrato al mondo che le risorse belliche di Mosca non sono inesauribili e che la guerra in Ucraina non sta procedendo nel modo in cui la raccontano i media del regime.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)
Il valico di Rafah (Getty Images)