2024-05-29
Se tocca i gay il Papa pop non piace più
Chi osannava Bergoglio per il suo parlare schietto, adesso lo mette alla gogna perché sbarra la porta dei seminari agli omosessuali usando un’espressione volgare. Ma quello che non piace è il concetto ratzingeriano. Tanti vorrebbero sdoganare i preti arcobaleno. Fin troppo prevedibilmente è esploso lo scandalo e si riempiono carriole di indignazione per le frasi di Papa Francesco sulla «frociaggine» a suo dire già troppo diffusa nei seminari. Le parole papali avrebbero dovuto restare sepolte nel segreto di un incontro con i vescovi, eppure sono sgattaiolate fuori e hanno costretto i media italiani a dibattersi in una palude di imbarazzo e risentimento. Alcuni, in particolare quelli che hanno contribuito negli anni a costruire l’immagine di un Pontefice progressista facendo di Francesco una icona liberal (vedi Repubblica), hanno maldestramente cercato di sorvolare l’ostacolo senza particolare successo. Quelli appena più spinti a sinistra (tipo La Stampa) hanno indossato l’elmo dello sdegno gridando all’omofobia.Massimo Gramellini, sul Corriere della Sera, ha chiamato in causa Bombolo e il linguaggio sguaiato, cercando di liquidare il tutto come una pessima caduta di stile. Un po’ come ha tentato di fare Marco Tarquinio, ex direttore di Avvenire e oggi candidato dem, che ieri cercava disperatamente di ridurre la faccenda a uno scivolone, una svista da dimenticare il prima possibile. Come a dire: insabbiamo e passiamo oltre per carità.Il fatto è che le uscite sulla frociaggine hanno fatto suppurare il bubbone delle contraddizioni che da parecchio tempo avvolgono la figura di Bergoglio. Il quale, a ben vedere, si è sempre espresso con una certa disinvoltura: dal celebre «Buonasera» al curioso «Buon appetito» passando per le dissertazioni sui pugni, il memorabile papagno. Mentre i cattolici, abituati ad altro stile e ad altro e più elevato linguaggio, rimanevano un filo perplessi di fronte a certe esternazioni, i giornali le adoravano, volendo a tutti i costi celebrare il papa «che parla come il popolo». Anzi, a dire il vero non erano solo i giornali a eccitarsi: in questi anni è stato tutto un fiorire di saggi celebrativi sul legame fra l’attuale vicario di Cristo e «la gente».Solo che il popolo non si può prendere solo in parte: va accolto tutto. Se è popolare dire che è giusto mollare un papagno a chi ti insulta la mamma, è popolare anche l’uso di vocaboli coloriti come «frociaggine». Ergo, tocca farsene una ragione: non si può applaudire Francesco solo quando si esprime con l’accetta su questioni che non sono sensibili per la sinistra. Non si può venerarlo quando dice «Chi sono io per giudicare i gay» e poi accusarlo di omofobia per una parola un po’ colorita.Eppure è esattamente quel che accade di continuo. Di Francesco il cosiddetto mainstream divora volentieri ciò che è politicamente spendibile sul versante liberal e oscura il resto. E se, come in questo caso, non si può fare finta di niente e bisogna commentare, allora si dà la stura all’ipocrisia. Prendiamo Alessandro Zan del Pd: quando il Papa sembrava aprire alle unioni civili, ne faceva una sorta di eroe civile, lo indicava come modello, lo guardava con una ammirazione degna di un chierichetto. Ieri, invece, non ha aspettato un secondo a scatenarsi e a parlare di astio verso gli omosessuali. Mette tristezza ma non stupisce: da sempre il doppiopesismo è la specialità della casa, in area liberal.Il risultato è che ieri, dalla sala stampa vaticana, si sono dovuti profondere in scuse infinite. «Papa Francesco è al corrente degli articoli usciti di recente circa una conversazione, a porte chiuse, con i vescovi della Cei», si legge in una nota della Santa sede. «Come ha avuto modo di affermare in più occasioni, “nella Chiesa c’è spazio per tutti, per tutti! Nessuno è inutile, nessuno è superfluo, c’è spazio per tutti. Così come siamo, tutti”. Il Papa non ha mai inteso offendere o esprimersi in termini omofobi, e rivolge le sue scuse a coloro che si sono sentiti offesi per l’uso di un termine, riferito da altri».Non ci possono essere dubbi sul fatto che Francesco non intendesse offendere ed è chiaro a chiunque che egli non sia omofobo, viste tra l’altro le aperture e le dichiarazioni fatte nel corso degli anni sui temi arcobaleno. Tuttavia, pure l’imbarazzo vaticano è piuttosto curioso. Comprendiamo bene (pur non scusandola) la necessità di temperare gli umori bollenti della sinistra e di correre rapidamente ai ripari per non indispettire troppo la stampa amica. Epperò è ben difficile sostenere che Bergoglio non abbia toccato un nervo scoperto, pur nel suo modo scomposto. Di sicuro Benedetto XVI non si sarebbe mai sognato di usare termini analoghi, sui gay come su qualsiasi altro argomento. Ratzinger si esprimeva come un intellettuale, eppure è stato ugualmente attaccato e contestato, descritto come un perfido e intollerante conservatore. Il popolare e «sinistrorso» Bergoglio, in ogni caso, ha espresso un concetto non troppo diverso, nella sostanza, da quello che Benedetto ha voluto inserire nel suo libro uscito postumo, intitolato Che cos’è il cristianesimo.In quel volume, Benedetto ha toccato con decisione lo stesso tasto su cui, a modo suo, ha battuto Bergoglio: «Nell’ambito dell’incontro dei presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo con papa Francesco, sta a cuore soprattutto la questione della vita sacerdotale e inoltre quella dei seminari», ha scritto Ratzinger citando non a caso il suo successore. «Riguardo al problema della preparazione al ministero sacerdotale nei seminari, si constata in effetti un ampio collasso della forma vigente di questa preparazione. In diversi seminari si formarono “club” omosessuali che agivano più o meno apertamente e che chiaramente trasformarono il clima nei seminari. In un seminario nella Germania meridionale i candidati al sacerdozio e i candidati all’ufficio laicale di referente pastorale vivevano insieme. Durante i pasti comuni, i seminaristi stavano insieme ai referenti pastorali coniugati in parte accompagnati da moglie e figli e in qualche caso dalle loro fidanzate. Il clima nel seminario non poteva aiutare la formazione sacerdotale. La Santa Sede sapeva di questi problemi, senza esserne informata nel dettaglio».Dice ancora Ratzinger: «Un vescovo, che in precedenza era stato rettore, aveva permesso di mostrare ai seminaristi dei film pornografici, presumibilmente con l’intento di renderli in tal modo capaci di resistere contro un comportamento contrario alla fede. Vi furono singoli vescovi e non solo negli Stati Uniti che rifiutarono la tradizione cattolica nel suo complesso mirando nelle loro diocesi a sviluppare una specie di nuova, moderna “cattolicità”».Con tutta evidenza, non c’è un grammo di omofobia nel discorso ratzingeriano. Benedetto era preoccupato dal clima creatosi nei seminari, decisamente inadatto a un luogo in cui ci si dovrebbe prima di tutto concentrare sulle questioni dell’anima lasciando la carne da parte. Non dissimile, per quanto ben più sommario, è stato il ragionamento di Bergoglio. A quanto pare, però, il Papa «popolare» piace soltanto se esonda in una direzione e non nell’altra.Ci sarebbe, poi, un ultimo particolare da notare. Le parole più scandalose pronunciate recentemente da Bergoglio non sono certo quelle sui gay, bensì quelle sulla guerra. Su quel tema Francesco è stato limpido, mai volgare e lucidissimo. Nonostante ciò, la gran parte di giornali e dei politici si è limitata a ignorarlo. Se ci si indignasse per la violenza vera quanto ci si indigna per l’omofobia inesistente il mondo sarebbe un posticino appena migliore.
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Giancarlo Tancredi (Ansa)