2024-12-15
Il Papa tuona contro l’eutanasia: «I malati fanno paura e li eliminano»
Papa Francesco (Getty Images)
Francesco riceve l’associazione per la lotta alle leucemie: «I sofferenti vengono scartati in alcune culture». Come in Canada, dove la «dolce morte» è stata la scelta di un defunto su 20. Casi in aumento da cinque anni.«Si scartano i malati in nome dell’efficienza, si emargina la sofferenza perché ostacola i progetti». Nell’aula Paolo VI del Vaticano, Papa Francesco torna a parlare di eutanasia, a bocciare senza appello ogni forma di suicidio assistito. Lo fa davanti ai rappresentanti più nobili e silenziosi dell’aiuto alla gestione della sofferenza: medici, volontari, finanziatori dell’Ail (Associazione italiana contro le leucemie, i linfomi e il mieloma), in prima linea da 55 anni non solo nella ricerca scientifica ma soprattutto nel supportare pazienti e famigliari di malati sul territorio.È un’occasione per spaziare oltre l’orizzonte di una tematica etica molto sentita e per ribadire i punti cardinali dell’aiuto alla vita dentro la società dello scarto, della superficialità, dell’autodeterminazione che diventa autodistruzione. «La malattia è spesso percepita come una sconfitta, qualcosa da nascondere, eliminare. Si eliminano i malati e questo è brutto», afferma il pontefice. «Quindi è urgente rimettere al centro la persona malata, con la sua storia, le sue relazioni, quelle famigliari, quelle amicali, quelle terapeutiche per trovare senso al dolore. E dare risposte ai tanti perché».Il Papa parla a loro e pensa a chi, come l’Associazione radicale Luca Coscioni, modellando a suo vantaggio due sentenze della Corte Costituzionale, ha tentato in tutta Italia la spallata politica per far passare il suicidio assistito, la regola della pillola letale da somministrare con la fattiva complicità del Servizio sanitario nazionale. Parla a loro e pensa al turismo della «buona morte» che rischia di convogliare pretendenti all’eutanasia da una Regione all’altra. Ma soprattutto Francesco - sottolineando che «è fondamentale mettere al centro la persona malata» - si rivolge ai cattolici, anche a coloro che per un malinteso senso di emancipazione, o peggio di appartenenza politica, ritengono di sciogliere nell’acido concetti alti come rispetto della vita, accoglienza nel dolore, accompagnamento con le cure palliative. In sintesi, la cultura della vita che supera cupe pulsioni di morte. Perché, è sempre lui che parla, «anche quando tutto sembra perduto è possibile sperare».È esattamente il contrario di ciò che accade nell’Occidente secolarizzato e travolto dal sabba dei diritti progressisti senza morale. È l’opposto rispetto alla statistica che arriva dal Canada, dove i casi di eutanasia sono aumentati per il quinto anno consecutivo (fonte Bbc). Il Paese ha legalizzato l’iniezione letale nel 2016 dopo averla mitizzata perfino al cinema con il film Le invasioni barbariche, dove il suicidio diventa una cena di gala davanti a panorami spettacolari, a libagioni e a imbarazzanti balbettii dei parenti, incapaci di ammettere il loro fallimento. L’anno scorso in Canada 15.300 persone hanno scelto l’eutanasia, pari al 4,7% dei decessi. Uno su 20, a quelle latitudini la cultura dello scarto è già una catena di montaggio. L’età media è di 77 anni, la malattia che più spesso conduce al vicolo cieco del corpo e dell’anima è il tumore allo stato terminale. A suscitare perplessità è l’ultimo dato. Se il 96% di richiedenti ha rifiutato di farsi accompagnare a una morte naturale, il 4% ha scelto la via più comoda anche se affetto da una malattia cronica che non prevedeva il decesso. Su di loro hanno funzionato la fragilità psicologica, la persuasione famigliare, il marketing mediatico della «buona morte», pubblicizzata in pompa magna nei pochissimi Paesi al mondo (12 su 194 più nove Stati americani su 50) che l’hanno adottata. Papa Francesco ritiene che uno dei motori dell’eutanasia sia l’egoismo. Lo spiega partendo da un complimento a donne e uomini dell’Ail: «Voi vivete la prossimità. E prossimità è una delle qualità di Dio: prossimo, compassionevole, tenero. Voi fate lo stesso: siete prossimi con tanta compassione e tanta tenerezza. La vostra è una testimonianza di solidarietà e di vicinanza, ancora più importante in un mondo segnato dall’individualismo. Una volta mi hanno domandato qual è la caratteristica di una certa associazione troppo individualistica e io ho detto: «La caratteristica non la conosco ma il motto è io, me, con me, per me». Questo è egoismo puro».Mentre agnostici, finti liberali e atei devoti ritengono che l’unica libertà sia nell’esaltazione dell’individuo (fino a raggiungere vette nichiliste che neppure Friedrich Nietzsche avrebbe mai immaginato), il pontefice sottolinea l’importanza del gesto di illuminare di calore e di affetto chi soffre. «La malattia fa precipitare la famiglia nel buio del dolore e dell’angoscia generando solitudine e chiusura. A livello sociale è spesso percepita come una sconfitta, qualcosa da nascondere, eliminare. Si scartano i malati in nome dell’efficienza, in altre culture si eliminano addirittura. Ecco perché è fondamentale rimettere al centro la persona malata per trovare senso al dolore e dare una risposta ai perché. Ma ci vuole qualcuno che porti un po’ di luce, una fiamma di speranza con l’amicizia, la vicinanza, l’ascolto».Una lectio magistralis che si conclude con il valore di altre due parole: dono e piazza. «I donatori portano la luce e il dono è il principale antidoto alla cultura dello scarto. La piazza è una destinazione e al tempo stesso è un impegno per non restare chiusi nel proprio orticello a coltivare i propri interessi». E ritenere che la soluzione a tutto sia un ultimo show da protagonisti. Con bicchiere, pillola e nuances da quadro fiammingo.