2018-07-11
Il Papa chiama Vattimo, lui diventa cattolico
Francesco telefona al filosofo, che gli aveva inviato un suo saggio nel quale definisce la Chiesa la nuova Internazionale comunista. Per il pensatore, che ora si proclama «credente», il cristianesimo sembra l'ultima infatuazione improbabile, dopo Beppe Grillo e Antonio Di Pietro.«A volte mi si chiede: “Ma come fai a credere in certe cose?". Con questo Papa non ho alcun imbarazzo a dire che ci credo». Se non altro, papa Francesco il suo primo miracolo lo ha fatto: ha portato la fede nel cuore di Gianni Vattimo, uno che fino a qualche anno fa si era al massimo limitato a «credere di credere», per citare il titolo di un suo libro degli anni Novanta. Ma con Bergoglio tutto cambia, tanto che è persino possibile che i due, il filosofo e il Pontefice, si mettano a fare quattro chiacchiere al telefono come due anziani che si mettono d'accordo per la partita a briscola del pomeriggio. Galeotto fu Essere e dintorni, l'ultimo saggio del pensatore torinese: lui l'ha spedito al Papa, questi gli ha telefonato per ringraziarlo. Chissà se avranno anche discusso del passaggio in cui Vattimo scrive: «Se oggi pensiamo alla possibilità di un'Internazionale comunista, l'unica direzione in cui guardare è la Chiesa cattolica di papa Francesco». Del resto uno che ha fatto passare Friedrich Nietzsche e Martin Heidegger per sinceri democratici, può anche tentare di spacciare il Vaticano per il Komintern. Tanto più se il capo della ditta gli dà spago. Ma, persino in tempi di bergoglismo, forse ci vuole ancora un po' troppa fantasia prima di scambiare Francesco con Baffone. O forse per Lev Trotsky, se è vero che, sempre nel testo in oggetto, leggiamo che «le parole di Francesco sul dovere di hacer lío non sono un'esortazione a costruire un ordine statuale “buono"; sono una specie di appello alla rivoluzione permanente». La direzione, comunque, è chiara: per Vattimo, «la religione, e cioè, nel nostro discorso, il cristianesimo cattolico e non solo, diventa emancipativa nella misura in cui si emancipa essa stessa. Anzitutto rinunciando alla sua “tradizionale" funzione conservatrice, di difesa dei cosiddetti valori non negoziabili: famiglia, proprietà, sessualità ecc». Forse, fino a ora, i cattolici, e anche i papi, hanno frainteso un po' tutto, quindi. Non sarebbero i primi autofraintendimenti di cui si occupa Vattimo, che nel 1974 cercò addirittura di convincerci di aver capito Nietzsche meglio di quanto il tedesco stesso avesse fatto con se stesso. Eccolo, allora, a denunciare i «pericoli di fraintendimento (e di autofraintendimento) della “dottrina" nietzscheana». In questo modo, il pensatore che aveva adottato per sé la categoria del «radicalismo aristocratico» poteva essere arruolato con il Pci e salvato dal fascismo senza tanti complimenti. Negli anni Novanta, il filosofo torinese, bontà sua, aggiungeva di ritenere «più problematico» l'incontro «tra eredità nietzscheana e “movimento rivoluzionario del proletariato"». Il marxista coerente Domenico Losurdo, recentemente scomparso, smontò anni dopo l'operazione parlando di un «processo di trasfigurazione e sublimazione che ha del vertiginoso». Se Nietzsche aveva potuto autofraintendersi parlando contro la democrazia, forse poteva averlo fatto anche Heidegger, iscrivendosi con convinzione al Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi. E infatti ecco Vattimo vagheggiare di una «sinistra heideggerriana» di cui si cercherebbero invano fondamenti nei testi del filosofo tedesco. Per il torinese, però, Heidegger era un alfiere del «pensiero debole», fortunata formula che dà il titolo a un volume collettaneo del 1983 curato insieme a Pier Aldo Rovatti. Sostanzialmente, si tratta di affermare che «la fine della metafisica, in politica, ha […] il suo autentico parallelo nell'affermarsi della democrazia» (La società trasparente). Nel passaggio dall'un piano all'altro, tuttavia, era lo stesso Vattimo a essere sedotto dalle ebbrezze di un approccio forte. Troppo forte. Come quando, sotto Berlusconi, spiegava che «l'Italia è (ri)diventata un paese fascista», chiedendosi se «può una tornata elettorale ordinaria valere come base di legittimità per il cambio della Costituzione?». Cosa distinguesse una «tornata elettorale ordinaria» da una «straordinaria» non era granché chiaro, forse la differenza tra le due è che in quella straordinaria vince il partito di Vattimo. E forse non basta nemmeno quello, dato che la sua ultima infatuazione politica per i 5 stelle, per esempio, non è finita benissimo. Il suo entusiasmo pentastellato è stato infatti così debordante da mettere a disagio persino Beppe Grillo, costretto a twittare impietoso: «Vattimo non è candidato né candidabile alle elezioni europee con il Movimento 5 stelle». Il filosofo rimbalzato dal comico: che amarezza. Ma comunque meglio così, almeno abbiamo evitato l'imbarazzo di vedere l'alfiere del «comunismo postmoderno» che, «con uno stile un po' più ironico e anarchico», prepara «nuove forme di esistenza» (così alla Stampa) alle prese con la luna di miele grilloleghista. Prima del Movimento 5 stelle, aveva intravisto baluginare sprazzi di comunismo postmoderno nei radicali e persino nei dipietristi, con cui era stato eletto al Parlamento europeo. Poi, a un certo punto, aveva messo temporaneamente da parte il comunismo, per concentrarsi solo sulla postmodernità. Pure troppo, come quando aveva confessato a Vanity Fair di amare un cubista ventenne, che però non ricambiava. Chissà che ne pensa papa Francesco.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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