2020-09-13
Paola Cortellesi si trasforma in detective nel nuovo show di Sky
Petra Delicato non è un'eroina, e nemmeno ha in sé quell'originalità davanti alla quale sbalordire. Eppure, nel novero di un racconto televisivo spesso paludato, ha carattere quanto basta per rivoluzionare gli stereotipi di genere, femmina («Ma non femminista») nel Paese dei Montalbano. Petra Delicato, scaturita dal genio letterario della spagnola Alicia Giménez-Bartlett, è una detective di fortuna, protagonista, su Sky, della serie che ne porta il nome. La produzione, la prima per la cui regia sia stata assoldata Maria Sole Tognazzi, ha un incedere particolare. Le puntate non sono episodi, ma piccoli film, capaci di trovare conclusione nell'ora e più che chiedono a chi guardi. Perciò, Sky ha scelto di trasmetterla su canali altri rispetto a quelli canonici. Petra, prodotta da Cattleya e Sky Italia in associazione con Bartlebyfilm, è in onda su Sky Cinema, dalla prima serata di lunedì 14 settembre. «Petra risponde al desiderio di lavorare su prodotti più larghi, dove largo non significhi basico», ha spiegato Nicola Maccanico, Executive Vice President Programming di Sky Italia, mettendo in luce un vizio nostrano. «In Italia, si ha la tendenza a confondere ciò che può piacere ad un pubblico vasto con ciò che punti al basso», ha detto, «Gomorra è la serie più popolare che ci sia ed è un prodotto di eccellenza. Non è nato, però, per essere largo. Lo è diventato. Petra vorremmo, invece, fosse pop da subito». Ragione, questa, per la quale è stato ingaggiato uno dei volti che più incarnano il prestigio nazionalpopolare, il talento formato famiglia.
Paola Cortellesi, la cui fisicità discreta ha suscitato l'approvazione della Giménez-Bartlett («È bella», ha detto, «Senza essere Barbie»), è stata scelta come interprete di Petra Delicato, un avvocato genovese che il caso ha voluto diventasse ispettore.
Donna di mezza età, con due divorzi alle spalle, Petra Delicato ha lasciato il foro per l'archivio della questura locale. Stava bene, sottoterra, tra le scartoffie di vecchi e nuovi casi. Ci stava tanto bene che, un dì all'alba, quando le è stato chiesto di interrogare una ragazza vittima di stupro ha rifiutato. «Vado a casa», ha detto, prima che un moto della coscienza le imponesse di restare. La Mobile sotto organico e la necessità di chiudere un'indagine di violenze seriali hanno fatto il resto. Petra Delicato è stata promossa alla Omicidi e delle sue investigazioni, al fianco di un vice ispettore più anziano, l'Antonio Monte di Andrea Pennacchi, ha preso ha raccontare l'autrice spagnola, i cui libri, dati alle stampe nella seconda metà degli anni Novanta, sono arrivati in Italia con Sellerio, a partire dal 2002.
Barcellona, terzo polo del racconto letterario, è stata, però, soppiantata, e una Genova di carruggi e zone industriale l'ha rimpiazzata. «C'è una corrispondenze emotiva tra Genova e Barcellona, due città in cui il mare si perde tra i mille colori delle periferie, degli scorci urbani», ha spiegato Furio Andreotti, sceneggiatore insieme a Giulia Calenda e Ilaria Macchia del Petra televisivo. Andreotti, insieme alle colleghe, ha riadattato la storia della Giménez-Bartlett alle esigenze dell'epoca presente. Ma Petra Delicato, quella, non l'ha cambiata.
«Petra Delicato è una donna profondamente distante da me, ed è la donna che avrei voluto essere almeno un giorno nella mia vita», ha detto Paola Cortellesi, raccontando di una libertà senza manifesti, «Vera, spontanea, una libertà che non si cura del giudizio altrui». «Perciò, dico che Petra Delicato non è femminista. Perché delle sue scelte», che televisione ci ha insegnato essere maschili, «Non fa mai un manifesto. Quando è una donna a cambiare più partner, ad essere sboccata e solitaria ci si stupisce. Ma Petra dello scalpore non si cura. Ogni sua scelta è per sé, Petra non porta bandiere. Sicuramente, non porta bandiere per le altre donne», ha spiegato oltre l'attrice, che nella serie, della quale è già stata messa in lavorazione una seconda stagione, si allontana dal tracciato comico al quale si è abituati ad associarla.
Dura, di una durezza che cela sentimento e, a tratti, grande ironia, è straordinaria nella parte di una donna solitaria che sappia bastare a se stessa, senza perciò sfociare nei tratti macchiettistici di una Lisbeth Salander. Paola Cortellesi, con Petra, ha dato l'ennesima prova di una versatilità che in Italia non ha pari, nemesi assolutamente godibile del vero Montalbano.
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Dal 14 settembre arriva su Sky Cinema Petra, una produzione Sky Original prodotta con Cattleya in associazione con Bartlebyfilm che ha come protagonista il personaggio creato dalla penna di Alicia Giménez-Bartlett: Petra Delicato.Petra Delicato non è un'eroina, e nemmeno ha in sé quell'originalità davanti alla quale sbalordire. Eppure, nel novero di un racconto televisivo spesso paludato, ha carattere quanto basta per rivoluzionare gli stereotipi di genere, femmina («Ma non femminista») nel Paese dei Montalbano. Petra Delicato, scaturita dal genio letterario della spagnola Alicia Giménez-Bartlett, è una detective di fortuna, protagonista, su Sky, della serie che ne porta il nome. La produzione, la prima per la cui regia sia stata assoldata Maria Sole Tognazzi, ha un incedere particolare. Le puntate non sono episodi, ma piccoli film, capaci di trovare conclusione nell'ora e più che chiedono a chi guardi. Perciò, Sky ha scelto di trasmetterla su canali altri rispetto a quelli canonici. Petra, prodotta da Cattleya e Sky Italia in associazione con Bartlebyfilm, è in onda su Sky Cinema, dalla prima serata di lunedì 14 settembre. «Petra risponde al desiderio di lavorare su prodotti più larghi, dove largo non significhi basico», ha spiegato Nicola Maccanico, Executive Vice President Programming di Sky Italia, mettendo in luce un vizio nostrano. «In Italia, si ha la tendenza a confondere ciò che può piacere ad un pubblico vasto con ciò che punti al basso», ha detto, «Gomorra è la serie più popolare che ci sia ed è un prodotto di eccellenza. Non è nato, però, per essere largo. Lo è diventato. Petra vorremmo, invece, fosse pop da subito». Ragione, questa, per la quale è stato ingaggiato uno dei volti che più incarnano il prestigio nazionalpopolare, il talento formato famiglia. Paola Cortellesi, la cui fisicità discreta ha suscitato l'approvazione della Giménez-Bartlett («È bella», ha detto, «Senza essere Barbie»), è stata scelta come interprete di Petra Delicato, un avvocato genovese che il caso ha voluto diventasse ispettore. Donna di mezza età, con due divorzi alle spalle, Petra Delicato ha lasciato il foro per l'archivio della questura locale. Stava bene, sottoterra, tra le scartoffie di vecchi e nuovi casi. Ci stava tanto bene che, un dì all'alba, quando le è stato chiesto di interrogare una ragazza vittima di stupro ha rifiutato. «Vado a casa», ha detto, prima che un moto della coscienza le imponesse di restare. La Mobile sotto organico e la necessità di chiudere un'indagine di violenze seriali hanno fatto il resto. Petra Delicato è stata promossa alla Omicidi e delle sue investigazioni, al fianco di un vice ispettore più anziano, l'Antonio Monte di Andrea Pennacchi, ha preso ha raccontare l'autrice spagnola, i cui libri, dati alle stampe nella seconda metà degli anni Novanta, sono arrivati in Italia con Sellerio, a partire dal 2002. Barcellona, terzo polo del racconto letterario, è stata, però, soppiantata, e una Genova di carruggi e zone industriale l'ha rimpiazzata. «C'è una corrispondenze emotiva tra Genova e Barcellona, due città in cui il mare si perde tra i mille colori delle periferie, degli scorci urbani», ha spiegato Furio Andreotti, sceneggiatore insieme a Giulia Calenda e Ilaria Macchia del Petra televisivo. Andreotti, insieme alle colleghe, ha riadattato la storia della Giménez-Bartlett alle esigenze dell'epoca presente. Ma Petra Delicato, quella, non l'ha cambiata. «Petra Delicato è una donna profondamente distante da me, ed è la donna che avrei voluto essere almeno un giorno nella mia vita», ha detto Paola Cortellesi, raccontando di una libertà senza manifesti, «Vera, spontanea, una libertà che non si cura del giudizio altrui». «Perciò, dico che Petra Delicato non è femminista. Perché delle sue scelte», che televisione ci ha insegnato essere maschili, «Non fa mai un manifesto. Quando è una donna a cambiare più partner, ad essere sboccata e solitaria ci si stupisce. Ma Petra dello scalpore non si cura. Ogni sua scelta è per sé, Petra non porta bandiere. Sicuramente, non porta bandiere per le altre donne», ha spiegato oltre l'attrice, che nella serie, della quale è già stata messa in lavorazione una seconda stagione, si allontana dal tracciato comico al quale si è abituati ad associarla. Dura, di una durezza che cela sentimento e, a tratti, grande ironia, è straordinaria nella parte di una donna solitaria che sappia bastare a se stessa, senza perciò sfociare nei tratti macchiettistici di una Lisbeth Salander. Paola Cortellesi, con Petra, ha dato l'ennesima prova di una versatilità che in Italia non ha pari, nemesi assolutamente godibile del vero Montalbano.
Michele Emiliano (Ansa)
Fino ad oggi, però, nessun risultato. Forse la comunicazione non è stata così «forte» come fu la lettera che proprio l’allora governatore dem inviò a tutti i dirigenti e dipendenti della Regione, delle sue agenzie e società partecipate, invitandoli a interrompere i rapporti con il governo di Netanyahu «a causa del genocidio di inermi palestinesi e con tutti quei soggetti ad esso riconducibili che non siano apertamente e dichiaratamente motivati dalla volontà di organizzare iniziative per far cessare il massacro nella Striscia di Gaza».
Ora, dopo l’addio di Emiliano e l’arrivo del neo governatore Antonio Decaro, gli sprechi non sarebbero stati eliminati dalle sette società nel mirino, parzialmente o interamente controllate dalla Regione Puglia: Acquedotto spa, InnovaPuglia, Aeroporti di Puglia, Puglia valore immobiliare, Terme di Santa Cesarea, Puglia sviluppo e Aseco. Infatti, secondo il report approdato in giunta regionale nel corso dell’ultima seduta, è stato evidenziato che non c’è stata riduzione di spesa di funzionamento in nessuna di queste, anzi in tre hanno addirittura superato i limiti per consulenze (Puglia sviluppo, Acquedotto e Terme di Santa Cesarea), mentre il dato peggiore è sulle spese di acquisto, manutenzione, noleggio delle auto o di acquisto di buoni taxi. Quattro società non hanno comunicato alcun dato, mentre Aeroporti ha certificato lo sforamento. Nel dettaglio, Acquedotto pugliese, anziché contenere le spese di funzionamento, le ha incrementate di 17 milioni di euro rispetto al 2024. La giustificazione? Il maggior costo del personale «riconducibile al rinnovo del contratto collettivo nazionale», ma pure «l’incremento delle risorse in forza alla società, spese legali, assicurazioni, convegni, pubblicità e marketing, buoni pasto, costi postali non ribaltabili all’utenza nell’ambito della tariffa del Servizio idrico integrato».
Per quanto riguarda le consulenze, invece, Aqp sostiene che, essendo entrati i Comuni nell’assetto societario, nella fase di trasformazione sono stati necessari 639.000 euro per le consulenze.
Aeroporti di Puglia attribuisce l’aumento di spese all’organizzazione del G7, anche se l’incremento dell’8,44%, secondo la società, «è comunque inferiore all’aumento del traffico registrato nel 2024 rispetto al 2023 (+10,51%) e quindi dei ricavi. Spese superate, alla faccia del risparmio, anche per auto e taxi: 120.000 euro in più. Costi lievitati anche per InnovaPuglia, la controllata che si occupa di programmazione strategica a sostegno dell’innovazione: 12 milioni di euro nel 2024 a fronte dei 7 milioni del 2023, passando, in termini percentuali sul valore della produzione, dal 18,21% al 43,68%. Di Aseco, la società in house controllata da Aqp e Ager che si occupa di smaltimento di fanghi e frazione organica dei rifiuti urbani, non si hanno dati aggiornati al punto che è stata sollecitata dalla stessa Regione a comunicarli.
Insomma, secondo la Regione, se aumentano i costi vanno ridotti i servizi poiché il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica prevede quella di contenere le spese di funzionamento individuando specifici obiettivi di spesa come quelli per il personale e quelli per consulenze, studi e ricerche. E la stessa Regione, che ha potere di vigilanza e di controllo, dove accerta «il mancato e ingiustificato raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa» può «revocare gli incarichi degli organi di direzione, amministrazione e controllo nominati nelle società». La palla passa a Decaro.
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iStock
Inizialmente, la presentazione della strategia della Commissione avrebbe dovuto avvenire mercoledì, ma la lettera di Friedrich Merz del 28 novembre diretta a Ursula von der Leyen ha costretto a ritardare la comunicazione. In quel giorno Merz, appena ottenuto dal Bundestag il via libera alla costosa riforma delle pensioni, si era subito rivolto a Von der Leyen chiedendo modifiche pesanti alle regole sul bando delle auto Ice al 2035. Questa contemporaneità ha reso evidente che il via libera alla richiesta di rilassamento delle regole sulle auto arrivava dalla Spd come contropartita al sì della Cdu alla riforma delle pensioni, come spiegato sulla Verità del 2 dicembre.
Se il contenuto della revisione dovesse essere quello circolato ieri, vorrebbe dire che la posizione tedesca è stata interamente accolta. I punti di cui Bloomberg parla, infatti, sono quelli contenuti nella lettera di Merz.
Non è ancora chiaro quale sarà la quota di veicoli ibridi plug-in e ad autonomia estesa che potranno essere immatricolati dopo il 2035, né se la data del 2040 sarà mantenuta. Anche i dettagli tecnici chiave sugli e-fuel e sui biocarburanti avanzati non ci sono. Resta poi ancora da precisare (da anni) quale metodo sarà utilizzato per il Life cycle assessment (Lca), ovvero i criteri con cui si valutano le emissioni nell’intero ciclo di vita dei veicoli elettrici. Non si tratta di un banale dettaglio tecnico, ma dell’architrave delle nuove regole, da cui dipenderanno tecnologie e modelli in futuro. Un Lca avrebbe già dovuto essere definito entro il 31 dicembre di quest’anno dalla Commissione, ma ancora non si è visto nulla. Contabilizzare l’acciaio green nella produzione di veicoli significa dotarsi di un metodo Lca condiviso, così finalmente si saprà quanto emette davvero un veicolo elettrico (sempre se il Lca è fatto bene).
Qualche giorno fa, sei governi Ue, tra cui quello italiano, affiancato da Polonia, Ungheria, Slovacchia, Bulgaria e Repubblica Ceca, in scia alla Germania, avevano chiesto alla Commissione di proporre un allentamento delle regole sulle auto, consentendo gli ibridi plug-in e le auto con autonomia estesa anche dopo il 2035. In una situazione in cui l’assalto al mercato europeo da parte dei marchi cinesi è appena iniziato, le case del Vecchio continente faticano a tenere il passo. L’incertezza normativa è però anche peggio di una regola fatta male. L’industria europea dell’auto si sta preparando a mantenere in produzione modelli con il motore a scoppio anche dopo il 2035, con la relativa componentistica, ma tutta la filiera, che coinvolge milioni di lavoratori in Europa e fuori, ha bisogno di certezze.
Intanto, l’applicazione al settore auto della norma «made in Europe», che dovrebbe servire a proteggere l’industria europea stabilendo quote minime di componenti fatti al 100% in Europa, è stata rinviata a fine gennaio. La regola, fortemente voluta dalla Francia ma che lascia la Germania fredda, si intreccia con la richiesta di dazi sulle merci cinesi fatta da Macron. Avanti (o indietro) in ordine sparso.
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Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Un concetto già smentito da Fdi che in un dossier sulle fake news relative proprio all’oro di Bankitalia, ha precisato l’infondatezza dell’allarmismo basato sulla errata idea di volersi impossessare delle riserve auree per ridurre il debito. E nello stesso documento si ricordava invece come questa idea non dispiacesse al governo di sinistra di Romano Prodi del 2007. Peraltro nel dossier si precisa che la finalità dell’emendamento è di «non far correre il rischio all’Italia che soggetti privati rivendichino diritti sulle riserve auree degli italiani».
Per due volte la Banca centrale europea ha puntato i piedi, probabilmente spinta dal retropensiero che il governo voglia mettere le mani sull’oro detenuto e gestito da Bankitalia, per venderlo. Ma anche su questo punto da Fdi hanno tranquillizzato. Nel documento esplicativo precisano che «al contrario, vogliamo affermare che la proprietà dell’oro detenuto dalla Banca d’Italia è dello Stato proprio per proteggere le riserve auree da speculazioni». Il capitale dell’istituto centrale è diviso in 300.000 quote e nessun azionista può detenere più del 5%. I principali soci di Via Nazionale sono grandi banche e casse di previdenza. Dai dati pubblicati sul sito Bankitalia, primo azionista risulta Unicredit (15.000 quote pari al 5%), seguono con il 4,93% ciascuna Inarcassa (la Cassa di previdenza di ingegneri e architetti), Fondazione Enpam (Ente di previdenza dei medici e degli odontoiatri) e la Cassa forense. Del 4,91% la partecipazione detenuta da Intesa Sanpaolo. Al sesto posto tra gli azionisti, troviamo la Cassa di previdenza dei commercialisti con il 3,66%. Seguono Bper Banca con il 3,25%, Iccrea Banca col 3,12%, Generali col 3,02%. Pari al decimo posto, con il 3% ciascuna, Inps, Inail, Cassa di sovvenzioni e risparmio fra il personale della Banca d'Italia, Cassa di Risparmio di Asti. Primo azionista a controllo straniero è la Bmnl (Gruppo Bnp Paribas) col 2,83% seguita da Credit Agricole Italia (2,81%). Bff Bank (partecipata da fondi italiani e internazionali) detiene l’1,67% mentre Banco Bpm (i cui principali azionisti sono Credit Agricole con circa il 20% e Blackrock con circa il 5%) ha l’1,51%.
Un motivo fondato quindi per esplicitare che le riserve auree sono di proprietà di tutti gli italiani. Il che, a differenza di quanto sostenuto da politici e analisti di sinistra, «non mette in discussione l’indipendenza della Banca d’Italia, né viola i trattati europei. Non si comprende quindi la levata di scudi di queste ore nei confronti della proposta di Fdi. A meno che, ed è lecito domandarselo, chi oggi si agita non abbia altri motivi per farlo».
C’è poi il fatto che «alcuni Stati, anche membri dell’Ue, hanno già chiarito che la proprietà delle riserve appartiene al popolo, nella propria legislazione, mettendolo nero su bianco, a dimostrazione del fatto che ciò è perfettamente compatibile con i Trattati europei». Pertanto si tratta di un emendamento «di buon senso».
La riformulazione della proposta potrebbe essere presentata oggi, come annunciato dal capogruppo di Fdi in Senato, Lucio Malan. «Si tratta di dare», ha specificato, «una formulazione che dia maggiore chiarezza». Nella risposta alle richieste della presidente della Bce, Christine Lagarde, il ministro Giorgetti, avrebbe precisato che la disponibilità e gestione delle riserve auree del popolo italiano sono in capo alla Banca d’Italia in conformità alle regole dei Trattati e che la riformulazione della norma trasmessa è il frutto di apposite interlocuzioni con quest’ultima per addivenire a una formulazione pienamente coerente con le regole europee.
Risolto questo fronte, altri agitano l’iter della manovra. L’obiettivo è portare la discussione in Aula per il weekend. Il lavoro è tutto sulle coperture. Ci sono i malumori delle forze dell’ordine per la mancanza di nuovi fondi, rinviati a quando il Paese uscirà dalla procedura di infrazione, e ieri quelli dei sindacati dei medici, Anaao Assomed e Cimo-Fesmed, che hanno minacciato lo stato di agitazione se saranno confermate le voci «del tentativo del ministero dell’Economia di bloccare l’emendamento, peraltro segnalato, a firma Francesco Zaffini, presidente della commissione Sanità del Senato con il sostegno del ministro della Salute», che prevede un aumento delle indennità di specificità dei medici, dirigenti sanitari e infermieri. In ballo, affermano le due sigle, ci sono circa 500 milioni già preventivati. E reclamano che il Mef «licenzi al più presto la pre-intesa del Ccnl 2022-2024 per consentire la firma e quindi il pagamento di arretrati e aumenti».
Intanto in una riformulazione del governo l’aliquota della Tobin Tax è stata raddoppiata dallo 0,2% allo 0,4%.
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