2023-10-18
La mamma di Maya prega il mondo: «Riportate a casa la mia bambina»
Keren Sherf Shem parla a nome di tutti i familiari: «È in corso un crimine contro l’umanità». A guidare i parenti c’è l’ex capo dello Shin Bet, che chiede ai miliziani: «Dovete dirci qual è il prezzo».«Non sapevo se fosse viva o morta. Prego il mondo di riportare a casa la mia bambina». La disperazione dei familiari degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas è racchiusa nelle parole di questa donna: il suo nome è Keren Sherf Shem ed è la madre di Maya, 21 anni, il primo ostaggio di Hamas di cui è stato rilasciato un video. La ragazza quel maledetto sabato 7 ottobre si trovava nel Sud di Israele, alle porte di Sderot, doveva partecipare a una festa. È lei stessa a raccontarlo nel video diffuso dai terroristi: «Sono rimasta gravemente ferita alla mano. Mi hanno portato a Gaza, all’ospedale e si sono presi cura di me. Ora riportatemi a casa il più presto possibile». La madre ora chiede aiuto. Ieri con l’aiuto del Forum delle famiglie degli ostaggi ha indetto una conferenza stampa: «Questo è un crimine di guerra. Maya ha bisogno di cure mediche, ma è una guerriera, è una combattente. So che non mollerà e che sta incoraggiando gli altri ostaggi». Infine Keren scoppia in lacrime: «Maya ti amo tanto e mi manchi».Israele considera la liberazione dei 199 ostaggi israeliani detenuti a Gaza «priorità massima. È parte centrale di ogni discussione sull’aiuto umanitario», ha detto il Consigliere per la sicurezza nazionale, Tzachi Hanegbi, il quale non ha negato né smentito l’esistenza di negoziati per liberare gli ostaggi. Hanegbi ha comunque assicurato che l’esercito eliminerà ogni singolo membro di Hamas che ha preso parte all’attacco omicida del 7 ottobre scorso. Hamas nelle ultime ore ha chiesto il rilascio di 6.000 prigionieri palestinesi in cambio della liberazione degli ostaggi. La richiesta è stata avanzata da Khaled Meshaal, capo dell’ufficio della diaspora di Hamas. Tra i prigionieri del gruppo ci sarebbero anche «ufficiali di alto livello» delle Forze di difesa israeliane. Per quanto riguarda gli stranieri, Hamas li libererà «quando le circostanze lo permetteranno». A dirlo ad Al Jazeera, Abu Ubaida, rappresentante del gruppo Izz ed-Din al-Qassam. Si sa poco di questa brigata, se non che è una costola di Hamas e che ha in mano gli ostaggi. Mohammed Deif, forse un nome di battaglia è alla guida dell’unità che, secondo Joe Truzman, un’analista di Fdd (The Foundation for defence of democracies) non avrebbe i mezzi per gestire un così grande numero di prigionieri. A ogni modo all’interno dell’opinione pubblica israeliana comincia a montare la polemica sulla gestione dell’emergenza. Sabato scorso, a Tel Aviv, alcune delle famiglie degli ostaggi rapiti da Hamas hanno manifestato per il rilascio dei loro cari. Lo stesso è accaduto a New York, dove centinaia di volantini sono apparsi come dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Ritraggono foto e nome degli israeliani presi in ostaggio da Hamas. Invitano a scattare una foto, a condividere sui social i volti e i nomi, per dare una mano a «riportarli a casa».Sono 800 le famiglie israeliane che aspettano i loro familiari. Si sono organizzati, la loro associazione si chiama «Forum delle famiglie degli ostaggi e dei dispersi nell’attacco del 7 ottobre». A guidarli c’è Yaakov Peri, ex capo dello Shin Bet, il potente servizio di sicurezza interna. L’uomo si è messo autonomamente a capo delle negoziazioni. «Abbiamo chiesto dei corridoi per riportare a casa gli ostaggi», ma senza offrire una contropartita. «Hamas ci deve dire che sono pronti e qual è il prezzo. Non abbiamo ancora avuto una risposta». L’uomo nei giorni scorsi aveva profondamente criticato la gestione degli attuali vertici di Israele ,dicendo chiaramente: «Questa disfatta non è frutto delle capacità di Hamas ma è stata resa possibile dal fallimento israeliano. È colpa nostra. Ora è necessario eliminare l’organizzazione jihadista. Attaccheremo la Striscia e distruggeremo Hamas. Siamo in grado di farlo». Peri, oltre ad aver ricoperto la carica di numero uno dello Shin Bet per sei anni fino al 1994, è stato anche ministro della Scienza, Tecnologia e dello Spazio nel 2014 e a lungo membro della Knesset per il partito liberale Yesh Atid.
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