2025-07-07
Ornella Muti: «Sono un’artista grazie a mia mamma»
Ornella Muti (Getty Images)
L’attrice: «Mi ha trasmesso una grande spiritualità, era profonda come tutti i russi. Vivo con due maiali, sei cani e cinque gatti. Credo che gli animali abbiano un’anima, ma umanizzarli troppo è sbagliato». Ornella Muti, nome d’arte di Francesca Rivelli, è l’ultima diva del cinema italiano. Come lei, persona d’animo gentile e con quell’enigma negli occhi e nel modo di manifestarsi che forse un po’ sfugge anche a lei stessa, non ce ne sono più state. Il regista Marco Ferreri la sottopose a dura prova per tirarle fuori l’anima e il risultato fu una sconvolgente poesia. Quest’anno le è stato assegnato il David di Donatello e i rendez-vous cinematografici e televisivi se la contendono. Il suo rapporto affettivo con gli animali è speciale e anche attraverso questo racconta sé stessa.Francesca, tua mamma era russa. C’è qualcosa del carattere russo nella tua personalità? «I russi hanno una grande cultura, sono profondi. Lei mi ha trasmesso una grande spiritualità, un grande amore per l’arte - perché mia mamma era anche lei un’artista. Le donne dell’est sono forti e io sono una donna forte». Nell’impatto iniziale, cosa deve avere un uomo per attirare la tua attenzione?«Roberto, ormai sono single da moltissimi anni eh?».Le vie del Signore sono sconosciute.«Penso sia un’alchimia. Intanto dev’essere sicuramente un uomo interessante, culturalmente interessante. Io sono una donna che in tutti questi anni… Ho viaggiato, ho fatto… Per cui, alla fine, non posso avere uno a cui non interessi niente di niente. E comunque tra un uomo e una donna può accadere un’alchimia».Potresti avere una storia con un uomo, diciamo, non esteticamente bello?«La bellezza è un fatto soggettivo, nel senso che di un uomo che potrebbe piacere a me un’altra potrebbe dire “mah…”. Ma deve avere il look di un uomo forte». Nelle relazioni sentimentali con il tempo si può scoprire che c’è qualcosa che di quella persona proprio non piace…«Dipende dal carattere della persona ma io, a volte, non ho visto bene. Puoi succedere che s’idealizzi, no?». Senza dubbio. Con una persona come il regista Marco Ferreri, personalità profonda e originalissima, sarebbe potuto succedere di avere una storia?«No. Lui era più grande di me. Era un uomo grosso. No, non sarebbe potuto accadere». Sulla Rete gira un breve reel molto popolare dove, a un evento, si vede Alain Delon seduto accanto a te. Tu sei assorta a seguire l’evento. Lui richiama la tua attenzione appoggiandoti sul braccio una rosa rossa. Poi te la offre e fa il suo tipico sguardo da seduttore.«Io questo fatto non me lo ricordavo ma l’ho visto anch’io questo reel. D’altra parte accanto a me era seduto il mio fidanzato». Ma Delon, con cui hai lavorato in vari film, ad esempio Morte di una carogna (1977), ti ha corteggiata? «No, non mi ha corteggiata. O forse non me ne sono accorta. Può anche essere eh? Se quando uno è innamorato… Io ero molto innamorata di Federico e quando Delon è apparso non riusciva a mettere in ombra il mio Federico, no». Il tuo rapporto con gli animali. Quanti ne hai? «Ho due maiali, uno grigio-nero e uno pezzato. Quello scuro, il vietnamita, è grande, è un signor maiale e l’altra è un pochino più piccola. Di cani, in questo momento, ne ho sei perché sono appena nati 4 cuccioli meravigliosi. E poi 5 gatti compresi i cuccioli. Spero di farne adottare qualcuno».Inevitabilmente torniamo a Ferreri, sempre molto interessato a fare paralleli tra la società umana e quella animale. Nell’episodio Prime nozze, in Marcia nuziale (1966), con Tognazzi, due coppie borghesi si trovano da un notaio con i rispettivi cagnolini, Camilla e Lutero, di puro pedigree, per farli sposare e accoppiare. Una parodia. Gli animali domestici sono oggetto di proiezioni psicologiche dei loro proprietari? «Penso che ognuno di noi proietti sugli animali il proprio carattere. Ad esempio a casa mia, spesso, gli animali sono trattati come dei bambini e gli si dà un’umanizzazione che probabilmente non hanno. Mi chiedo sempre se questo sia giusto o sbagliato, perché, tendenzialmente, lo facciamo. Ad esempio in chi non ha figli lo comprendo bene che un cane o un gatto… Poi, ho visto che Melanie Griffith ha il leone… Però l’animale va anche rispettato nel suo modo di essere e secondo me si sbaglia a umanizzarlo troppo, perché poi anche loro si confondono. Ho paura a prenderne altri perché sono una che viaggia e per fortuna ci alterniamo molto con Naike, attentissima a non lasciarli soli. Vedevo i filippini andare in giro con i cani, ma il tuo cane è il tuo cane e il tuo gatto è il tuo gatto. Se prendi un animale te ne devi occupare tu». Attori o registi che hai conosciuto con un rapporto molto stretto con i loro animali? «Katia Ricciarelli aveva il cane e lo portava, Tognazzi aveva i pastori tedeschi nella villa, Emilio Bonucci si portava il cane, Pino Quartullo - con cui abbiamo fatto teatro - ha i cani che spesso lo seguono». Nella tua infanzia avevi degli animali?«Da bambina ho avuto due pappagalli ma mio papà, essendo napoletano, non amava le piume, pensava portassero sfortuna. E li ha dati via. Io da bambina, in casa, non avevo animali. Appena sono uscita di casa, sono entrati. Avevo un Irish Wolfhound, poi gli ho preso una compagna, poi gatti… Perché io sono molto gattara, eh. Praticamente sempre avuto animali. E, purtroppo, è sempre triste vederli andare via…». Moltissimo. Dei gatti, cosa più ti attrae?«Forse il fatto che non sono piccoli schiavi. Sono indipendenti e, quando vengono, è speciale, perché il gatto non si piega, è libero. Avevo una gattina, morta quasi un anno fa, era speciale…». Mesi fa mi scrivesti che quando, purtroppo, ti muore un gatto, cosa dolorosamente accaduta anche al sottoscritto, te ne arriva un altro. Ritieni, genericamente, che esistano analogie tra la personalità del gatto e quella della donna?«(risata, ndr.) Non lo so questo. Spero di essere più un gatto che un cane, perché il cane senza di te sta male. Il gatto è libero, o comunque ha meno bisogno della tua costante presenza e rassicurazione…». Una volta Carl Gustav Jung scrisse che chi ama più i cani avrebbe una personalità più insicura e autoritaria e chi invece ama più i gatti una più libera e meno insicura. Che ne pensi?«Mi viene da pensare che non sono d’accordo. Io sono una persona insicura eppure amo i gatti».Ferreri, nel film La cagna, del 1972, con Mastroianni e la Deneuve, racconta la storia di un uomo andato a vivere in un’isola deserta con il suo cane Melampo. Poi giunge una donna. Tra i due nasce una relazione ma la donna, gelosa, vedendo che l’uomo dà più valore al rapporto con il proprio cane, uccide l’animale, facendolo nuotare fino all’annegamento. Ha un senso che una donna provi gelosia del rapporto che il suo partner ha con il suo cane o gatto, o anche il contrario?«Per me è impossibile pensarlo. Anzi, ammiro molto l’uomo che ama gli animali. Non è normale avere una gelosia, perché vorrebbe dire che non stai bene... Poi non puoi uccidere un animale…». Quindi non ti è mai accaduto di avere esperienze di questo genere?«Ma io non ho avuto partner che avevano animali. Io li avevo e nessuno si è sentito geloso». Si sentono storie di persone che decidono di convivere e prendersi un gatto o un cane e che poi si lasciano e finiscono davanti al giudice litigando per l’assegnazione delle creature. «Penso che questa sia una cosa complessa perché quando due persone prendono un cane o un gatto e lo amano altrettanto, eh, lì è tosta perché qualcuno deve essere capace di dire “vabbe’, lo lascio a te perché con te sta meglio”, devi essere razionale e sensibile e capire, separandosi, chi si deve tenere l’animale. I genitori spesso litigano per i figli…». Ancora Ferreri, nel film del 1963 Una storia moderna, assimilava la donna all’ape regina. «Servita e riverita. Tutto gira attorno a lei». In una coppia, dopo aver avuto il figlio, inesorabilmente la consorte si disinteressa completamente del marito, Ugo Tognazzi, che finisce per morire. Un’esagerazione? «Io ho sentito di storie che, quando nasce un bambino… Forse perché l’attenzione in quel momento giustamente va tutta verso il neonato e l’uomo si sente come messo in ombra… Succede… È un istinto della donna, ma la concentrazione sul neonato è giustificabile per i primi sei mesi, poi dovrebbe cominciare a integrare il bambino nella famiglia. Dopo i primi mesi devi però tornare perché altrimenti vuol dire che non amavi tuo marito e l’hai solo usato per inseminarti».Secondo te gli animali hanno un’anima? Una parte della Chiesa cattolica pensa di no ma un’altra parte ritiene di sì. Ciò si lega anche al tema del possibile ritrovamento ultraterreno tra persone e creature animali. «Come fai a sapere che un animale non abbia un’anima? Come possiamo decidere che noi sì e loro no? Io penso che gli animali abbiano un’anima, come ce l’abbiamo noi. Può essere diversa dalla nostra, ma un’anima ce l’hanno, sono esseri viventi. Tra l’altro quello che hanno gli animali e noi no è che loro vivono il presente sempre. Sono sempre in quel momento. Poi se li ritroveremo… Io spero de ritrova’ un sacco de roba… (ride, ndr)». Francesca, i tuoi ultimi lavori…«Ho appena partecipato a un film che s’intitola Il filo rosso, che mi sembra molto interessante, e poi al film Roma elastica, italo-francese, e poi ho un sacco di progetti». Da ragazza, a Roma, quale canzone italiana hai ascoltato di più? «La sera dei miracoli di Lucio Dalla».
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