2019-03-13
Orafi, disabili e tabaccai. Storie di chi si è rovinato solo per salvarsi la pelle
Il gioielliere Robertino Zancan protesse la figlia di 4 anni, nei processi ha perso 1 milione. Ermes Mattielli morì d'infarto: doveva ai banditi 135.000 euro di risarcimento.Africano tenta di svaligiare un minimarket di altri immigrati. Loro reagiscono, lui muore nella colluttazione.Lo speciale contiene due articoli ll gioielliere Robertino Zancan ha perso 1 milione di euro. Il tabaccaio Franco Birolo, invece, ha già investito 120.000 euro in spese legali e ora sulla sua testa pende la spada di Damocle di un risarcimento da 325.000. Benvenuti nel mondo della legittima difesa alla rovescia, dove le vittime sono costrette a pagare per aver protetto sé stessi e la propria attività dall'assalto dei ladri. In attesa del via libera alla legge, Panorama racconta le storie di chi è costretto a spendere cifre enormi per avere giustizia. Come, appunto, Robertino Zancan, 41 anni, gioielliere di Ponte di Nanto - nel Vicentino - che a inizio dicembre 2005 si ritrova sotto sequestro di una banda di slavi. Non pensa al proiettile che potrebbe fargli saltare il cranio, ma a moglie e figli in piedi davanti a sé: un ragazzino di 8 anni e una bimba di 4 aggrappata alla gamba della mamma. Quattro scassinatori l'hanno già immobilizzato a forza di pugni allo stomaco. Sono gli stessi che 20 giorni prima entrarono nel cortile di casa durante la notte. Lui, spaventato, per farli scappare aveva sparato in aria con la pistola regolarmente posseduta. Chiamò i carabinieri che trovarono i bossoli nel cortile ma non i segni di scasso, così gli tolsero l'arma e finì su tutti i giornali locali per un «comportamento da Far West». Grazie alla notizia, i ladri sanno che non è più armato e così tornano. «Non abbiamo nulla qua», grida Zancan con la faccia a terra. Prende altri pugni, poi in tre mettono sottosopra la casa non trovando quello che cercano e insistono: «O ci dai quello che vogliamo o vi ammazziamo tutti». Uno di loro va verso la moglie e gli strappa la figlioletta scaraventandola per aria. «Non c'ho visto più», racconta Zancan, «anche gli animali reagiscono se gli tocchi i cuccioli. Mi sono lanciato contro l'uomo urlando “fermo!"». Ma un altro da dietro gli torce il braccio e gli rompe una spalla. Come furie si scaraventano su di lui e lo massacrano. Resta a terra. Dopo ore gli slavi trovano una vecchia cassetta di sicurezza nascosta in casa, Zancan dà loro le chiavi e vanno via con la refurtiva. Si tratta dell'ennesimo assalto. Anni dopo si sono presentati in azienda in otto, sparando 70 colpi di kalashnikov contro le pareti del locale. Nel tempo, tra attività che ha dovuto chiudere, danni collaterali e avvocati, Zancan ha perso più di 1 milione. In grande o in piccolo è il classico incubo in cui piomba chi subisce un furto. Se non sei morto la tua vita è stravolta, con traumi psicologici devastanti che ti segnano per sempre [...] Molti hanno provato a difendere la propria vita, quella dei familiari e i propri averi come il meccanico di Bologna Quinto Orsi, 72 anni, che per evitare il furto dell'auto di un cliente è finito in una bara. È il pomeriggio del 21 febbraio 2013 e, nell'officina di famiglia, con il figlio Fabio vede una Punto blu muoversi da sola. Sopra c'è Sonic Halilovic, bosniaco di 23 anni, che la sta rubando. Fabio lo insegue a mani nude. Halilovic accelera furiosamente in retromarcia e investe Quinto, uccidendolo. Poi scappa. «Ogni mattina che vado al lavoro la mente corre sempre lì» spiega con la voce rotta Fabio. [...] Il vicepremier Matteo Salvini ha fatto visita in carcere al piacentino Angelo Peveri, condannato a 4 anni e 6 mesi per il tentato omicidio di un ladro romeno entrato nella sua azienda a rubare gasolio il 5 ottobre 2011. «Ho sempre lavorato, mi hanno derubato 90 volte e vado in galera. Mi sento un coglione», ha detto prima di entrarci. [...] Ermes Mattielli, disabile con una gamba di legno, fa il rigattiere, ha 62 anni e vive ad Arsiero, tra le montagne vicentine. Il 13 giugno 2006 spara contro due ladri nomadi, sorpresi a rubare nel suo deposito e li ferisce. Nove anni dopo viene condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione e a risarcire i ladri con 135.000 euro. Uno choc. Traumatizzato, senza denaro per sé e neanche per pagare il legale, un mese dopo la condanna muore di infarto. Non c'erano neanche i soldi per il suo funerale.La notte del 26 aprile del 2012 Igor Ursu, moldavo di 23 anni, e altri tre uomini sfondano con un'auto la vetrina della tabaccheria di Franco Birolo, 47 anni, a Civé nel Padovano. Lui dorme al piano di sopra con moglie e figlia. Sente il trambusto e scende preoccupato che possano entrare in casa. Si ritrova con la pistola in mano in mezzo ai malviventi e mentre sta per essere aggredito alle spalle, spara uccidendo Ursu. Il tabaccaio viene condannato in primo grado a 2 anni e 8 mesi per eccesso colposo di legittima difesa e a risarcire 325.000 euro. Nel marzo 2017 la Corte d'appello lo assolve. E a luglio 2018 la Cassazione dichiara inammissibile la richiesta di risarcimento da parte della famiglia del morto. Però Birolo ha speso in legali più di 120.000 euro: «Ho venduto l'attività perché non avevo più soldi. Ora faccio l'agricoltore, guadagno molto meno, ma vorrei stare tranquillo. Non ne posso più. Assisto meglio i miei genitori anziani». Di recente ha ricevuto una richiesta di mediazione dai parenti del rapinatore ucciso. Atto che preannuncia una probabile causa civile con richiesta danni. [...] Il 24 novembre 2015 tre albanesi incappucciati e armati di pistola sequestrano nella cantina della sua villetta a Rodano (Milano) il gioielliere Rodolfo Corazzo di 59 anni, la moglie e la figlia. Corazzo collabora per più di un'ora, gli albanesi gli portano via più di 100.000 euro, ma vogliono di più. E passano alle maniere forti: puntano un coltello alla gola della figlia. Ne nasce uno scontro e Corazzo tira fuori la pistola che aveva nascosto in tasca, uccidendo uno dei tre. «La vita è stravolta. Non sei più quello di prima» ripete. Indagato per eccesso colposo di legittima difesa, viene archiviato a marzo 2017. «Siamo stati fortunati, l'avvocato e il medico legale ci hanno sostenuti, non ci hanno chiesto denaro», racconta. Oltre i 100 mila euro che gli sono stati rubati, ne ha dovuti spendere altri 15.000 per la sicurezza dell'abitazione e 1.500 per lo psicologo. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/orafi-disabili-e-tabaccai-storie-di-chi-si-e-rovinato-solo-per-salvarsi-la-pelle-2631430788.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="uccidono-rapinatore-due-negozianti-arrestati" data-post-id="2631430788" data-published-at="1758064960" data-use-pagination="False"> Uccidono rapinatore, due negozianti arrestati La scena del crimine è al civico 169 di via Maqueda, strada storica di Palermo un tempo denominata via Nuova, in pieno centro. Oltre la vetrina del Ronju Shop market - sigillata dagli agenti della polizia scientifica - ci sono i segni evidenti della colluttazione che durante la notte ha animato per qualche ora il quartiere. Alle 2.30 di martedì mattina un magrebino di circa 35 anni è entrato nel market di proprietà di un cittadino del Bangladesh brandendo una bottiglia rotta e pretendendo dal cassiere e da un altro uomo presente nel negozio l'incasso della giornata. La telecamera fissa del negozio ha ripreso gran parte della scena. Si vede il rapinatore che cerca di mettere le mani nella cassa e uno dei due negozianti sollevare un bastone. I tre, però, escono per qualche istante dall'inquadratura. Nella seconda scena i ruoli sono invertiti: c'è il magrebino faccia a terra, tenuto fermo da uno dei due che gli sta seduto sopra e gli stringe il torace con le ginocchia. L'altro uomo ha ancora tra le mani il bastone. Il magrebino scalcia, prova a reagire. Poi resta fermo. Teso. La terza scena è al di fuori dal market: i due salgono su una volante e il magrebino su un carro funebre. Al termine dell'interrogatorio negli uffici della Squadra mobile è scattata l'accusa di omicidio: Matin Abdul, 44 anni, e Humayun Kabir, 41 anni, entrambi del Bangadesh, incensurati e regolari in Italia, dipendenti del negozio di alimentari di proprietà di un loro connazionale, sono finiti ai domiciliari con un decreto di fermo firmato dal pubblico ministero di turno, il sostituto procuratore Giacomo Brandini. I due hanno fornito la stessa versione dei fatti: l'ingresso del magrebino con la bottiglia rotta e il tentativo di bloccarlo per impedirgli l'aggressione. Sostengono che il bastone non è stato usato (nelle immagini video si vede uno dei due uomini armato di bastone, ma non viene ripreso mentre colpisce) e che il magrebino sia morto d'infarto. Il procuratore aggiunto Ennio Petrigni ha disposto l'autopsia. Anche perché dall'ispezione cadaverica non è stato possibile accertare con precisione se la morte è stata provocata dalla colluttazione. Sulla salma non ci sono ferite evidenti. Il magrebino, che con molta probabilità era ubriaco, non portava con sé documenti e potrebbe essere un irregolare. Gli investigatori cercheranno di identificarlo tramite le impronte digitali. A chiamare il 113 è stato il proprietario del negozio, a sua volta avvisato dai dipendenti. Sul posto sono subito intervenuti gli agenti della Sezione volanti che hanno trovato il cadavere a terra e i due ancora nel negozio. La relazione di servizio delle Volanti, le dichiarazioni dei due indagati, i filmati della telecamera interna e di quelle presenti in strada, i rilievi della Scientifica e la relazione del medico legale che ha effettuato l'ispezione cadaverica sono sulla scrivania degli agenti della Sezione omicidi della Squadra mobile di Palermo, coordinata dal vicequestore aggiunto Rodolfo Ruperti. Per i poliziotti, stando ai primi sommari accertamenti, l'ipotesi della rapina finita tragicamente è quella più credibile. Anche perché quell'area della città è bersaglio continuo per delinquenza dello stesso tipo. I commercianti, perlopiù stranieri, sono esasperati. L'ultima aggressione risale a poco meno di due mesi fa. In un market di via Trabia, a due passi dall'isola pedonale di via Maqueda e dal Teatro Massimo, quattro giovani sono entrati col pretesto di comprare una birra. Quando il titolare del negozio - ancora una volta un uomo del Bangladesh - si è girato per prendere la bottiglia, uno dei quattro ha infilato le mani nella cassa arraffando una banconota da 100 euro. Anche in quel caso è nata una colluttazione. Il commerciante è finito con un panetto di ghiaccio su un occhio e uno dei tre giovani è stato arrestato. E ancora qualche mese prima, sempre in via Maqueda, è stato rapinato con la stessa modalità un negozio di abbigliamento indiano. «Sono stanco di fare finta di niente: del mio pestaggio sotto casa ovvero a 100 metri da piazza Garraffello, del mio amico a cui hanno puntato il coltello alla gola a piazza San Domenico, e adesso di nuovo sotto casa, il tabacchi sfondato e derubato», si è sfogato qualche giorno fa con Blog Sicilia uno dei commercianti del centro storico. La dinamica, insomma, è più o meno sempre la stessa: ma questa volta è finita male per l'aggressore. Qualora l'autopsia stabilisse che il magrebino è morto di infarto e non in seguito alla colluttazione o per le contusioni da bastonate, cadrebbe l'ipotesi dell'omicidio. Se invece venisse accertato un nesso tra il decesso e le resistenze opposte dall'uomo, i magistrati valuteranno se ci si trovi di fronte a un eccesso colposo o doloso di legittima difesa. Nel frattempo, dopo aver ricevuto una prima informativa riassuntiva dagli investigatori della Squadra mobile (che potrebbe arrivare già questa mattina), i magistrati dovranno avanzare al giudice per le indagini preliminari la richiesta di convalida del decreto di fermo.