2021-06-24
Ora si rischia la vittoria di Pirro del contentino alle scuole cattoliche
In caso di compromesso al ribasso, che esenterebbe soltanto gli istituti paritari dall'obbligo di celebrare la Giornata contro l'omofobia, la mossa pontificia si rivelerebbe controproducente.Vorrei sbagliare, ma ho la netta sensazione che gli oppositori del ddl Zan abbiano ben poco da rallegrarsi del fatto nuovo costituito dalla nota verbale del Vaticano che a esso si riferisce e, soprattutto, della disponibilità ad accoglierne, almeno in parte, le osservazioni critiche, mostrata, in prima battuta, dal segretario del Partito democratico, Enrico Letta; quello stesso Letta che, fino a pochi giorni fa, faceva fuoco e fiamme contro qualsiasi ipotesi di modifica del testo licenziato dalla Camera e attualmente in discussione al Senato. Una sola, infatti, può essere la ragione di una tale improvvisa metamorfosi: quella costituita dall'aver compreso che la nota vaticana, lungi dall'ostacolale la marcia del ddl verso la trasformazione in legge, le spiana invece (forse volutamente) la strada; una strada che avrebbe facilmente potuto rivelarsi sbarrata nell'ipotesi, tutt'altro che irrealistica, che in sede di votazione finale, il ddl, nella sua attuale formulazione, non avesse ottenuto la maggioranza dei voti; laddove, al modico prezzo di una qualche modifica poco più che formale, nel senso richiesto da Oltretevere, quella maggioranza sarebbe quasi sicuramente ottenuta e il successivo, necessario passaggio di una nuova votazione della Camera sul testo modificato sarebbe, con ogni probabilità, rapido e indolore. Tutto sommato, infatti, che cosa sembra chiedere, in sostanza, il Vaticano? Soltanto l'esenzione delle scuole di indirizzo cattolico dall'obbligo di celebrazione della istituenda Giornata nazionale contro l'omofobia, quale previsto dall'art. 7 del ddl, e una qualche maggiore garanzia sulla «libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione», riconosciuta alla Chiesa cattolica dall'art. 2 dell'accordo di revisione del Concordato stipulato nel 1984; garanzia che dovrebbe, però, essere appunto destinata a operare solo in favore della Chiesa e, pertanto, potrebbe essere facilmente realizzabile con qualche opportuno aggiustamento che, ad esempio, si limitasse a escludere espressamente soltanto la configurabilità come «istigazione alla discriminazione» di affermazioni e dichiarazioni espresse da esponenti ecclesiastici nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali e in conformità alla dottrina cattolica, fermo restando che le stesse non dovrebbero comunque trascendere in manifestazioni di odio o in incoraggiamenti alla violenza. Il risultato sarebbe che la spada di Damocle dell'incriminazione penale per la non meglio definita «istigazione alla discriminazione», pur quando questa non sia caratterizzata da minaccia o violenza, continuerebbe comunque a pendere sulla testa del comune cittadino, il quale ben potrebbe, tra l'altro, avere ragioni diverse da quelle costituite dall'adesione alla dottrina cattolica per esprimere contrarietà, ad esempio, al riconoscimento del diritto all'adozione di minori da parte di coppie omosessuali o alla eliminazione del divieto, vigente in Italia ma non in altri Paesi, di ricorrere alla pratica della cosiddetta «maternità surrogata», mediante la quale anche le coppie omosessuali potrebbero avere accesso a qualcosa di assimilabile alla genitorialità. D'altra parte, non si può neppure far carico al Vaticano di non aver preso espressamente posizione in favore della libertà di manifestazione del pensiero «tout court» e non di quella soltanto che è garantita alla Chiesa dal Concordato del 1984, dal momento che, se lo avesse fatto, ben a ragione gli si sarebbe potuto rimproverare di volersi occupare di cose che non lo riguardano, ponendo in essere in tal modo quella che si sarebbe potuta quindi definire come una indebita interferenza negli affari interni dello Stato italiano. Deve infatti ricordarsi che il bene supremo da salvaguardare, per la Chiesa cattolica, è quello costituito dalla salvezza delle anime («salus animarum»), e solo in funzione di questo bene essa ha titolo per reclamare, per sé e non per altri, la libertà di manifestazione del pensiero; quella stessa libertà che, invece, per uno Stato che si dice democratico, dovrebbe essere un bene di per sé stessa, al cui sacrificio si dovrebbe giungere solo in casi estremi, quando cioè siano in gioco i fondamenti stessi della ordinata e pacifica convivenza civile; condizione, questa, che ben difficilmente si presta a essere invocata dai sostenitori del ddl Zan.
Manfred Weber e Ursula von der Leyen (Ansa)
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)
Ursula von der Leyen (Ansa)
content.jwplatform.com
L’area tra Varese, Como e Canton Ticino punta a diventare un laboratorio europeo di eccellenza per innovazione, finanza, sviluppo sostenibile e legalità. Il progetto, promosso dall’associazione Concretamente con Fabio Lunghi e Roberto Andreoli, prevede un bond trans-frontaliero per finanziare infrastrutture e sostenere un ecosistema imprenditoriale innovativo. La Banca Europea per gli Investimenti potrebbe giocare un ruolo chiave, rendendo l’iniziativa un modello replicabile in altre regioni d’Europa.