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2023-05-28
L’opposizione crea il caso RaiNews24: «Trasmesso il comizio della destra»
Ansa
Una tempesta in un bicchier d’acqua: Pd e M5s attaccano la Rai per la trasmissione del comizio di chiusura della campagna elettorale del centrodestra per le comunali di Catania, che si è svolto venerdì sera con la presenza di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani, ma trattasi più che altro di «guerra preventiva», scatenata non a caso in un momento in cui la tv pubblica sta voltando pagina, con il pacchetto di nuove nomine ancora da completare. Il comizio è stato trasmesso su RaiNews24, il canale all news di Viale Mazzini, e l’opposizione si è immediatamente agitata, annunciando che del caso si interesserà la Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai: «Apprendo dalle segnalazioni di diversi gruppi parlamentari», dice la presidente della Commissione, Barbara Floridia del M5s, «che su RaiNews24 sarebbe andata in onda in diretta il comizio organizzato dal centrodestra a sostegno del candidato sindaco di Catania. La commissione di Vigilanza valuterà con estrema attenzione questo caso per tutti i profili di competenza. Si potrebbe profilare una violazione importante della par condicio», aggiunge la Floridia, «e del pluralismo che il servizio pubblico non si può assolutamente permettere».
«Quanto accaduto venerdì sera», scrivono in una nota i componenti Pd della commissione, «è preoccupante. Rainews24 ha trasmesso da Catania il comizio di chiusura della campagna elettorale del centrodestra in Sicilia. E le altre amministrative? Le altre città? Chiediamo che il direttore di RaiNews24, Paolo Petrecca, venga immediatamente a riferire in commissione. La tv all news pubblica non deve e non può in alcun modo essere la tv di regime», aggiungono i dem, «bensì deve rimanere servizio pubblico di tutta la collettività e quindi deve rispettare la par condicio e il pluralismo dell’informazione di tutte le forze politiche».
Interpellato sulla vicenda, il vicepremier Matteo Salvini risponde con pacatezza: «Io non faccio i palinsesti», commenta, «parlavo in piazza a Catania, non sapevo chi mandava in onda il comizio o chi lo ascoltava, quindi lascio ad altri il dibattito sulla Rai. Ricordo solo a me stesso che il merito deve prevalere ovunque, anche sulle radio e sulle tv pubbliche, visto che sono pagate dal contribuente italiano». «L’amministratore delegato della Rai, Roberto Sergio», informa l’azienda, «è stato prontamente informato e ha preso contatto con il direttore di RaiNews24 per ribadire l’importanza di una corretta rappresentazione del dibattito politico. Il direttore di RaiNews24 ha precisato che la testata nell’arco della giornata ha dato ampio spazio a tutte le forze politiche». A quanto apprende La Verità da fonti autorevoli, nell’arco delle 24 ore di venerdì, quindi prima che scattasse il silenzio elettorale, su RaiNews24 l’equilibrio tra le varie forze politiche è stato totale, e la copertura televisiva della manifestazione di Catania era stata prevista, su richiesta dei tg, per la presenza del presidente del Consiglio. La commissione di Vigilanza, se e quando ascolterà Petrecca, non farà altro che prendere atto di questo dato, oggettivo e impossibile da confutare in quanto verificabile da chiunque sia munito di un cronometro funzionante.
Sulla vicenda non poteva mancare la solita polemica dell’Usigrai, iperpoliticizzato sindacato dei giornalisti di Viale Mazzini che, come di consueto, attacca il centrodestra, anche se stavolta si spacca al suo interno: «L’Usigrai», recita una nota diffusa dall’esecutivo del sindacato, «esprime forte preoccupazione per quanto avvenuto venerdì sera su Rainews24. Il canale all news del servizio pubblico ha trasmesso l’intervista integrale alla presidente del Consiglio al Festival dell’economia di Trento e il comizio di chiusura della campagna elettorale del centrodestra in Sicilia, ignorando le iniziative delle altre forze politiche che contemporaneamente erano in programma in altre città. Se qualcuno pensa che il cambio del vertice aziendale, la recente tornata di nomine, possano garantire mani libere per trasformare il servizio pubblico in servizio di governo», prosegue la nota, «è sulla strada sbagliata. Se questi sono il pluralismo e la meritocrazia che ha in mente la presidente Meloni anche per la Rai, l’Usigrai è pronta ad attivarsi in tutte le sedi e con ogni forma per il rispetto del contratto di servizio e dei suoi principi fondanti». Come detto, però, all’interno stesso del sindacato c’è chi si dissocia dall’attacco politico dell’Usigrai. La componente di minoranza del sindacato, Pluralismo e libertà, azzanna: «Usigrai», scrive in un comunicato, «farebbe bene a occuparsi dei veri ammanchi, che non riguardano il pluralismo, ma i soldi degli iscritti misteriosamente spariti dai conti correnti. Per quanto riguarda la chiusura della campagna elettorale del centrodestra a Catania, RaiNews24 non ha trasmesso il comizio in maniera integrale, come capziosamente affermato, ma ha semplicemente trasmesso quelli che in gergo vengono definiti affacci di tre minuti a testa ai vicepremier Salvini e Tajani, e di quattro minuti per il premier Meloni. Interventi bilanciati, nel corso della giornata, per una durata complessiva pari a quella degli esponenti di centrosinistra», aggiunge la minoranza interna dell’Usigrai, «con i sonori trasmessi dei leader delle opposizioni Giuseppe Conte ed Elly Schlein. Non sarà che chi alza polveroni è a caccia di poltrone, data la partita ancora aperta sui vicedirettori?». A pensar male si fa peccato, ma quasi sempre si indovina.
Alle urne rischiano Schlein e Conte
Oggi (dalle 7 alle 23) e domani (dalle 7 alle 15) sono in programma i ballottaggi delle amministrative. Si torna alle urne nelle città dove, due settimane fa, nessun candidato a sindaco è riuscito a superare il 50% dei voti e a essere eletto. I ballottaggi riguardano un totale di 1.340.688 elettori. Si vota in 41 Comuni tra i quali un capoluogo di regione, Ancona, e sei capoluoghi di provincia: Vicenza, Massa, Pisa, Siena, Terni e Brindisi. Oggi e domani si vota anche per il primo turno in 118 Comuni siciliani, tra cui Trapani, Siracusa, Ragusa e Catania, e in Sardegna, dove gli elettori andranno alle urne per il primo turno delle comunali in 39 comuni. Gli eventuali ballottaggi, in Sicilia e Sardegna, sono in programma domenica 11 e lunedì 12 giugno.
Curiosità: in Sicilia per vincere al primo turno basta raggiungere il 40% dei voti, meccanismo elettorale che il centrodestra vorrebbe estendere a tutto il territorio nazionale. Due settimane fa, lo ricordiamo, il primo turno ha visto il centrodestra conquistare già quattro capoluoghi, Treviso, Sondrio, Imperia e Latina, mentre il centrosinistra ha prevalso a Brescia e Teramo.
Per quel che riguarda i ballottaggi di oggi e domani, ad Ancona la sfida è tra Ida Simonella (41% al primo turno) del centrosinistra e Daniele Silvetti (45%) del centrodestra. A Vicenza hanno raggiunto il ballottaggio il candidato del centrosinistra, Giacomo Possamai, (46,% al primo turno) e quello del centrodestra, Francesco Rucco (44%). A Massa si sfidano al secondo turno Francesco Persiani, sostenuto da Lega e Forza Italia (35%) ed Enzo Ricci del centrosinistra (30%). A Pisa duello tra Michele Conti, candidato del centrodestra, che al primo turno ha sfiorato la vittoria con il 49,96%, e Paolo Martinelli, candidato di centrosinistra e M5s, che si è fermato al 41%. A Siena ballottaggio al femminile, tra la candidata del centrodestra Nicoletta Fabio (30% due settimane fa) e quella del centrosinistra, Anna Ferretti (28%). A Terni in campo il candidato del centrodestra Orlando Masselli (35% due settimane fa) e Stefano Bandecchi, sostenuto da Alternativa popolare (28%). A Brindisi, al ballottaggio si affrontano il candidato del centrosinistra, Roberto Fusco (32%), e Giuseppe Marchionna del centrodestra (44%). Per quel che riguarda invece i Comuni al primo turno, attenzione massima su Catania, dove corrono sette candidati: Maurizio Caserta, sostenuto da Pd, M5s, Avs e tre liste civiche; Enrico Trantino (Lega, Fdi, Fi altri cinque movimenti); Vincenzo Drago (Socialismo democratico Psdi); Giuseppe Giuffrida (Catania risorse); Giuseppe Libera (Movimento popolare catanese); Gabriele Savoca (De Luca per Catania e Sud chiama Nord) e Lanfranco Zappalà (lista Lanfranco Zappalà).
Il significato politico delle amministrative è sempre limitato, ma è evidente che la tensione si respira per lo più nel campo delle opposizioni, mentre il centrodestra naviga tranquillo, con i sondaggi che premiano costantemente Giorgia Meloni e i partiti della coalizione. Elly Schlein, invece, si ritrova ad affrontare il primo test elettorale da quando ha assunto la leadership del Pd, e considerato che le comunali solitamente fanno registrare buoni risultati per le sinistre un flop sarebbe una sonora bocciatura per la segretaria.
Giuseppe Conte, da parte sua, ha già assistito, al primo turno, alla disfatta del M5s, anche se non c’è limite al peggio e un’ennesima batosta, soprattutto in Sicilia, un tempo granaio di voti pentastellati, sarebbe drammatica in termini politici.
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Bufera sulle immagini del palco di Catania. Il M5s: «La Vigilanza intervenga». L’Usigrai: «L’azienda non è al servizio del governo». Il sindacato però si spacca. La minoranza: «Polemica inutile, pluralismo garantito».Oggi oltre 1 milione di italiani torneranno a votare. Elly Schlein teme un flop alle sue prime elezioni, soprattutto ad Ancona. Giuseppe Conte perde consensi al Sud.Lo speciale contiene due articoli.Una tempesta in un bicchier d’acqua: Pd e M5s attaccano la Rai per la trasmissione del comizio di chiusura della campagna elettorale del centrodestra per le comunali di Catania, che si è svolto venerdì sera con la presenza di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani, ma trattasi più che altro di «guerra preventiva», scatenata non a caso in un momento in cui la tv pubblica sta voltando pagina, con il pacchetto di nuove nomine ancora da completare. Il comizio è stato trasmesso su RaiNews24, il canale all news di Viale Mazzini, e l’opposizione si è immediatamente agitata, annunciando che del caso si interesserà la Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai: «Apprendo dalle segnalazioni di diversi gruppi parlamentari», dice la presidente della Commissione, Barbara Floridia del M5s, «che su RaiNews24 sarebbe andata in onda in diretta il comizio organizzato dal centrodestra a sostegno del candidato sindaco di Catania. La commissione di Vigilanza valuterà con estrema attenzione questo caso per tutti i profili di competenza. Si potrebbe profilare una violazione importante della par condicio», aggiunge la Floridia, «e del pluralismo che il servizio pubblico non si può assolutamente permettere». «Quanto accaduto venerdì sera», scrivono in una nota i componenti Pd della commissione, «è preoccupante. Rainews24 ha trasmesso da Catania il comizio di chiusura della campagna elettorale del centrodestra in Sicilia. E le altre amministrative? Le altre città? Chiediamo che il direttore di RaiNews24, Paolo Petrecca, venga immediatamente a riferire in commissione. La tv all news pubblica non deve e non può in alcun modo essere la tv di regime», aggiungono i dem, «bensì deve rimanere servizio pubblico di tutta la collettività e quindi deve rispettare la par condicio e il pluralismo dell’informazione di tutte le forze politiche». Interpellato sulla vicenda, il vicepremier Matteo Salvini risponde con pacatezza: «Io non faccio i palinsesti», commenta, «parlavo in piazza a Catania, non sapevo chi mandava in onda il comizio o chi lo ascoltava, quindi lascio ad altri il dibattito sulla Rai. Ricordo solo a me stesso che il merito deve prevalere ovunque, anche sulle radio e sulle tv pubbliche, visto che sono pagate dal contribuente italiano». «L’amministratore delegato della Rai, Roberto Sergio», informa l’azienda, «è stato prontamente informato e ha preso contatto con il direttore di RaiNews24 per ribadire l’importanza di una corretta rappresentazione del dibattito politico. Il direttore di RaiNews24 ha precisato che la testata nell’arco della giornata ha dato ampio spazio a tutte le forze politiche». A quanto apprende La Verità da fonti autorevoli, nell’arco delle 24 ore di venerdì, quindi prima che scattasse il silenzio elettorale, su RaiNews24 l’equilibrio tra le varie forze politiche è stato totale, e la copertura televisiva della manifestazione di Catania era stata prevista, su richiesta dei tg, per la presenza del presidente del Consiglio. La commissione di Vigilanza, se e quando ascolterà Petrecca, non farà altro che prendere atto di questo dato, oggettivo e impossibile da confutare in quanto verificabile da chiunque sia munito di un cronometro funzionante. Sulla vicenda non poteva mancare la solita polemica dell’Usigrai, iperpoliticizzato sindacato dei giornalisti di Viale Mazzini che, come di consueto, attacca il centrodestra, anche se stavolta si spacca al suo interno: «L’Usigrai», recita una nota diffusa dall’esecutivo del sindacato, «esprime forte preoccupazione per quanto avvenuto venerdì sera su Rainews24. Il canale all news del servizio pubblico ha trasmesso l’intervista integrale alla presidente del Consiglio al Festival dell’economia di Trento e il comizio di chiusura della campagna elettorale del centrodestra in Sicilia, ignorando le iniziative delle altre forze politiche che contemporaneamente erano in programma in altre città. Se qualcuno pensa che il cambio del vertice aziendale, la recente tornata di nomine, possano garantire mani libere per trasformare il servizio pubblico in servizio di governo», prosegue la nota, «è sulla strada sbagliata. Se questi sono il pluralismo e la meritocrazia che ha in mente la presidente Meloni anche per la Rai, l’Usigrai è pronta ad attivarsi in tutte le sedi e con ogni forma per il rispetto del contratto di servizio e dei suoi principi fondanti». Come detto, però, all’interno stesso del sindacato c’è chi si dissocia dall’attacco politico dell’Usigrai. La componente di minoranza del sindacato, Pluralismo e libertà, azzanna: «Usigrai», scrive in un comunicato, «farebbe bene a occuparsi dei veri ammanchi, che non riguardano il pluralismo, ma i soldi degli iscritti misteriosamente spariti dai conti correnti. Per quanto riguarda la chiusura della campagna elettorale del centrodestra a Catania, RaiNews24 non ha trasmesso il comizio in maniera integrale, come capziosamente affermato, ma ha semplicemente trasmesso quelli che in gergo vengono definiti affacci di tre minuti a testa ai vicepremier Salvini e Tajani, e di quattro minuti per il premier Meloni. Interventi bilanciati, nel corso della giornata, per una durata complessiva pari a quella degli esponenti di centrosinistra», aggiunge la minoranza interna dell’Usigrai, «con i sonori trasmessi dei leader delle opposizioni Giuseppe Conte ed Elly Schlein. Non sarà che chi alza polveroni è a caccia di poltrone, data la partita ancora aperta sui vicedirettori?». A pensar male si fa peccato, ma quasi sempre si indovina.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/opposizione-rainews24-trasmesso-comizio-destra-2660714392.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="alle-urne-rischiano-schlein-e-conte" data-post-id="2660714392" data-published-at="1685248464" data-use-pagination="False"> Alle urne rischiano Schlein e Conte Oggi (dalle 7 alle 23) e domani (dalle 7 alle 15) sono in programma i ballottaggi delle amministrative. Si torna alle urne nelle città dove, due settimane fa, nessun candidato a sindaco è riuscito a superare il 50% dei voti e a essere eletto. I ballottaggi riguardano un totale di 1.340.688 elettori. Si vota in 41 Comuni tra i quali un capoluogo di regione, Ancona, e sei capoluoghi di provincia: Vicenza, Massa, Pisa, Siena, Terni e Brindisi. Oggi e domani si vota anche per il primo turno in 118 Comuni siciliani, tra cui Trapani, Siracusa, Ragusa e Catania, e in Sardegna, dove gli elettori andranno alle urne per il primo turno delle comunali in 39 comuni. Gli eventuali ballottaggi, in Sicilia e Sardegna, sono in programma domenica 11 e lunedì 12 giugno. Curiosità: in Sicilia per vincere al primo turno basta raggiungere il 40% dei voti, meccanismo elettorale che il centrodestra vorrebbe estendere a tutto il territorio nazionale. Due settimane fa, lo ricordiamo, il primo turno ha visto il centrodestra conquistare già quattro capoluoghi, Treviso, Sondrio, Imperia e Latina, mentre il centrosinistra ha prevalso a Brescia e Teramo. Per quel che riguarda i ballottaggi di oggi e domani, ad Ancona la sfida è tra Ida Simonella (41% al primo turno) del centrosinistra e Daniele Silvetti (45%) del centrodestra. A Vicenza hanno raggiunto il ballottaggio il candidato del centrosinistra, Giacomo Possamai, (46,% al primo turno) e quello del centrodestra, Francesco Rucco (44%). A Massa si sfidano al secondo turno Francesco Persiani, sostenuto da Lega e Forza Italia (35%) ed Enzo Ricci del centrosinistra (30%). A Pisa duello tra Michele Conti, candidato del centrodestra, che al primo turno ha sfiorato la vittoria con il 49,96%, e Paolo Martinelli, candidato di centrosinistra e M5s, che si è fermato al 41%. A Siena ballottaggio al femminile, tra la candidata del centrodestra Nicoletta Fabio (30% due settimane fa) e quella del centrosinistra, Anna Ferretti (28%). A Terni in campo il candidato del centrodestra Orlando Masselli (35% due settimane fa) e Stefano Bandecchi, sostenuto da Alternativa popolare (28%). A Brindisi, al ballottaggio si affrontano il candidato del centrosinistra, Roberto Fusco (32%), e Giuseppe Marchionna del centrodestra (44%). Per quel che riguarda invece i Comuni al primo turno, attenzione massima su Catania, dove corrono sette candidati: Maurizio Caserta, sostenuto da Pd, M5s, Avs e tre liste civiche; Enrico Trantino (Lega, Fdi, Fi altri cinque movimenti); Vincenzo Drago (Socialismo democratico Psdi); Giuseppe Giuffrida (Catania risorse); Giuseppe Libera (Movimento popolare catanese); Gabriele Savoca (De Luca per Catania e Sud chiama Nord) e Lanfranco Zappalà (lista Lanfranco Zappalà). Il significato politico delle amministrative è sempre limitato, ma è evidente che la tensione si respira per lo più nel campo delle opposizioni, mentre il centrodestra naviga tranquillo, con i sondaggi che premiano costantemente Giorgia Meloni e i partiti della coalizione. Elly Schlein, invece, si ritrova ad affrontare il primo test elettorale da quando ha assunto la leadership del Pd, e considerato che le comunali solitamente fanno registrare buoni risultati per le sinistre un flop sarebbe una sonora bocciatura per la segretaria. Giuseppe Conte, da parte sua, ha già assistito, al primo turno, alla disfatta del M5s, anche se non c’è limite al peggio e un’ennesima batosta, soprattutto in Sicilia, un tempo granaio di voti pentastellati, sarebbe drammatica in termini politici.
Ansa
Cinque giorni di sciopero con la città bloccata dai sindacalisti. «È stata, però, una mobilitazione di lotta necessaria, non solo per la difesa di più di 1.000 posti di lavoro ma anche per tutta Genova. Abbiamo strappato un’importante continuità produttiva per lo stabilimento di Cornigliano, almeno fino a febbraio Cornigliano non chiude e con esso continua a vivere la città e il quartiere». Lancio di fumogeni e uova contro gli agenti, mezzi di lavoro contro le reti di protezione, stazione di Brignole occupata oltre agli insulti sessiti al premier Giorgia Meloni per la Cgil sono stati «disagi», non certo una guerriglia urbana molto vicina a una rivolta sociale.
Inoltre, nessun accenno alle polemiche e alla degenerazione scaturita venerdì scorso quando una parte della Fiom e alcuni esponenti politici hanno indetto uno sciopero territoriale a cui la Uilm non ha aderito. «Noi partecipiamo agli scioperi proclamati dalle organizzazioni sindacali legittimate, non da partiti politici o da singoli esponenti», aveva spiegato il segretario generale Uilm, Rocco Palombella, riferendosi alla proclamazione attribuita all’ex dirigente Fiom, Franco Grondona. Comunque, pur non partecipando all’assemblea dei lavoratori delegati e sindacalisti, si erano avvicinati ai cancelli dello stabilimento e lì «sono stati presi a calci e pugni da individui con la felpa Fiom. Un’azione premeditata di Lotta continua», aveva commentato Antonio Apa, segretario generale della Uil Liguria. «Un attacco squadrista», aveva rincarato la dose il segretario generale della Uil Liguria, Riccardo Serri.
A rimetterci, il segretario generale della Uilm Genova, Luigi Pinasco, raggiunto da alcuni cazzotti e da una testata, mentre il segretario organizzativo Claudio Cabras aveva ricevuto colpi al petto e a una gamba. Entrambi, finiti al pronto soccorso, hanno poi presentato denuncia in questura. E benché il leader nazionale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, abbia parlato di «episodio squadrista che rischia di portare a derive vicine al terrorismo», dai colleghi di Cgil e Cisl non è arrivata alcuna condanna. Anzi, in una nota congiunta del leader Maurizio Landini e del segretario generale della Fiom, Michele De Palma, si legge: «Il forte clima di tensione al presidio sindacale non può essere in alcun modo strumentalizzato né, tanto meno, irresponsabilmente associato al terrorismo. La Fiom e la Cgil si sono sempre battuti contro il terrorismo e per affermare la democrazia, anche a costo della perdita della vita come accaduto proprio all’ex Ilva di Genova al nostro delegato Guido Rossa. Restiamo impegnati a ripristinare un clima di confronto costruttivo e di rispetto delle differenze per dare una positiva soluzione alla vertenza ex Ilva, in sintonia con le legittime aspettative di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori rese manifeste dallo sciopero dei metalmeccanici tenutosi a Genova».
Quasi fosse responsabilità dei sindacalisti Uil, il segretario Landini ha minimizzato l’episodio così come continua a non voler vedere il distacco con la Uil, prima sempre al fianco della Cgil per scioperare e, soprattutto, attaccare il governo. Un fatto grave che non ha meritato parole di solidarietà. Fim e Fiom si scusano con i genovesi per i pesanti disagi provocati per la loro mobilitazione sul futuro dell’ex Ilva ligure ben sapendo che nell’ex Ilva di Taranto è proprio la Uilm il primo sindacato.
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La scritta apparsa a Marina di Pietrasanta (Ansa)
La polizia del commissariato di Forte dei Marmi ha avviato gli accertamenti per individuare i responsabili e sta verificando la presenza di telecamere nella zona che possano aver ripreso l’autore o gli autori del gesto. Non il primo ai danni del presidente del Consiglio, ma sicuramente annoverabile tra i più violenti.
Risale ad appena pochi mesi fa l’altra scritta che aveva suscitato parecchia indignazione: «Meloni come Kirk». Una frase per augurare al premier la fine dell’attivista americano Charlie Kirk, morto ammazzato durante un comizio a causa di una pallottola. Un gesto d’odio che evidentemente alimenta altro odio. La frase di Marina di Pietrasanta potrebbe essere una risposta a un’altra frase, pronunciata da Giorgia Meloni lo scorso 25 settembre in occasione di Fenix, la festa di Gioventù nazionale, partendo da una considerazione proprio sui post contro Charlie Kirk: «Non abbiamo avuto paura delle Brigate rosse, non ne abbiamo oggi». Fdi ha diffuso una nota dove si parla di «minacce al presidente Meloni, firmate dall’estremismo rosso: l’ennesima prova di un clima d’odio che qualcuno continua a tollerare». Nel testo si ribadisce che «la violenza si argina isolando i facinorosi, non strizzando loro l’occhio. La condanna unanime resta, per certa sinistra, ancora un esercizio difficile. Non ci intimidiscono. Non ci hanno mai intimidito». Anche la Lega ha espresso immediatamente la sua solidarietà al presidente del Consiglio. «Una frase aberrante, una minaccia di morte tutt’altro che velata. Auspichiamo una condanna unanime e bipartisan. Un clima d’odio inaccettabile che non può essere minimizzato», ha commentato Andrea Crippa, deputato toscano del Carroccio.
«Un gesto vile che conferma un clima di odio politico sempre più preoccupante. Da tempo denuncio questa deriva: nessun confronto può giustificare incitamenti alla violenza», commenta il ministro della Difesa, Guido Crosetto. Parole di vicinanza e di condanna anche da parte del ministro della Salute, Orazio Schillaci, e dal ministro della Cultura, Alessandro Giuli: «Un gesto intimidatorio inaccettabile».
«Ha ragione il ministro Crosetto: c’è il rischio di trovarsi da un giorno all’altro con le Brigate rosse 4.0 se si continuerà a minimizzare l’offensiva di violenza dell’estrema sinistra», sostiene il capo dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri. «Piena solidarietà al Presidente del consiglio Giorgia Meloni per la scritta minacciosa», commenta Paolo Barelli (Fi): «È indispensabile uno stop immediato a questo clima avvelenato: serve una condanna unanime e trasversale, e occorre abbassare i toni per riportare il dibattito pubblico entro i confini del rispetto».
Per Maurizio Lupi, presidente di Noi Moderati, si tratta di un fatto «gravissimo che va condannato senza ambiguità: evocare le Brigate rosse significa richiamare una stagione buia che l’Italia non vuole e non deve rivivere». Solidarietà anche da Maria Stella Gelmini .
Durissima la presa di posizione dell’Osservatorio nazionale Anni di Piombo per la verità storica, che parla di «atto infame» e di un gesto che «evoca la stagione del terrorismo e delle esecuzioni politiche».
Giornaliste italiane esprime «la più ferma condanna» per il gesto invitando «tutti i colleghi giornalisti, i media, le forze politiche, i rappresentanti della società civile a condannare e non far calare il silenzio su un episodio che colpisce le nostre istituzioni. Contribuire, ciascuno nel proprio ambito, alla costruzione di un clima pubblico rispettoso, lontano da logiche che alimentano tensioni e contrapposizioni assolute è una responsabilità che coinvolge tutti». Da Pd, Avs e M5s silenzio assoluto.
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Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa dell'8 dicembre con Carlo Cambi
È stata confermata in appello la condanna di primo grado pronunciata nei confronti di Mario Roggero (Ansa)
Nel 2015 Roggero subì una rapina devastante. «Naso, tre costole, operato alla spalla destra il mese dopo, oltre 6 mesi di terapia molto dolorosa», racconta ora davanti alle telecamere del programma condotto da Mario Giordano su Rete 4. «Mi hanno aggredito con una tale aggressività che non ho potuto fare niente. Erano due picchiatori e mi hanno sopraffatto completamente». È il passaggio che demolisce la lettura della Corte, secondo cui nel 2021 Roggero avrebbe «agito con la stessa modalità del 2015». Il gioielliere commenta: «Penoso. Ma stiamo scherzando?». Nel 2015 fu massacrato da due individui che continuarono a picchiarlo quando era a terra. «Chiunque ha visto il video di quella rapina», aggiunge Roggero, «è rimasto profondamente impressionato». E infatti le immagini mandate in onda mostrano un’aggressione brutale, con l’uomo inerme a terra e sangue ovunque. Una scena che per Roggero è trauma puro. Ma per i giudici non è ammissibile che un uomo massacrato nel 2015, che vive un dramma simile nel 2021, abbia reazioni difensive. Il salto di cornice che Roggero mette in evidenza è questo: nel 2015 non si difende, viene pestato, finisce in ospedale. Risultato: innocente, vittima. Nel 2021 reagisce, neutralizza chi minaccia con la pistola e fugge. Risultato: imputato, condannato, trattato da aggressore. Roggero fotografa senza filosofia: «Le vere vittime siamo noi».
Lui lo dice in modo semplice: «Con la pistola in alto non avrei sparato, ma quando lui me la punta in faccia, me la punta in fronte, che faccio?». L’ultimo passaggio delle sue parole è dedicato alla Suprema corte. Sembra un atto di fede laica: «Per la Cassazione», dice Roggero, «si presuppone e si spera che abbiano buon senso i giudici». Per comprendere il percorso dei giudici d’Appello, bisognerà attendere le motivazioni. Già in primo grado, però, era emersa una doppia narrazione: con Roggero nel ruolo di vittima durante la rapina e di aggressore fuori dal negozio. La moglie ha riferito che uno dei rapinatori, «soggetti con plurimi precedenti penali per reati contro il patrimonio» riconoscono i giudici, dopo averla colpita al volto le puntava il coltello al collo e minacciava di uccidere tutti. Alla figlia erano stati legati i polsi dietro la schiena. Roggero ha riferito che il rapinatore gli ha puntato la pistola in faccia, urlando «ti ammazzo». Entrano, lo afferrano, lo spingono verso il registratore di cassa. Lo portano nella zona ripresa dalle telecamere e, mentre afferra il rotolo dei gioielli, l’altro continua a strattonarlo. Poi lo spostano nell’ufficio in cui c’è la cassaforte. Lui ha ancora l’arma puntata alla testa. La scena non dura pochi secondi. Va avanti finché il gioielliere, approfittando di un attimo di distrazione, riesce a schiacciare il pulsante dell’allarme antirapina. Uno dei malviventi se ne accorge e torna verso la cassa. Roggero sente di nuovo la moglie urlare. Riesce a prendere la sua pistola e a spostarsi nel retro. Un gesto istintivo, dettato, dirà in aula, dalla convinzione che la moglie fosse stata presa in ostaggio. I giudici evidenziano anche che la famiglia «è stata sicuramente vittima di una rapina connotata da uso di armi e anche dai citati atti di violenza fisica; condotte che hanno sicuramente generato una forte e comprensibile paura nelle vittime». Fuori c’era un’auto parcheggiata. Ed è a questo punto che la Corte introduce un teorema: quando i rapinatori escono dal negozio, con armi e refurtiva, il pericolo svanisce. Quando si tratta di qualificare la reazione di Roggero all’esterno, i rapinatori diventano di colpo soggetti in fuga, innocui e vulnerabili. Per i giudici, «ha deliberatamente deciso di affrontare i rapinatori con il precipuo fine di assicurarli, lui, alla giustizia, o meglio alla sua giustizia privata, con immediata “esecuzione” della pena nei confronti dei colpevoli». La prova? Da ricercare, secondo i giudici, in alcune interviste, non perfettamente allineate alla ricostruzione giudiziaria, rilasciate dal gioielliere a giornali e tv dopo i fatti. L’azione, in primo grado, è stata giudicata punibile con 17 anni di carcere. Ora lo sconto di pena: 14 anni e 9 mesi (più 3 milioni di euro richiesti dalle parti offese). «Praticamente un ergastolo per una persona di 72 anni», aveva detto Roggero in udienza. E a Fuori dal coro ha aggiunto: «C’è qualcosa che non quadra».
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