2024-03-26
«Cessate il fuoco». La mozione dell’Onu fa scendere il gelo tra gli Usa e Israele
Il Consiglio di sicurezza dell'Onu durante la riunione sul cessate il fuoco a Gaza (Ansa)
Washington non mette il veto e Netanyahu annulla la missione. L’ambasciatore Bar: «Il 12% dei dipendenti Unrwa è di Hamas».Arriva dopo mesi di impasse la richiesta di un cessate il fuoco a Gaza da parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu. La versione approvata, che è stata salutata con un lungo applauso, chiede «un cessate il fuoco immediato per il mese del Ramadan rispettato da tutte le parti, che conduca a un cessate il fuoco durevole e sostenibile, oltre al rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi, nonché la garanzia dell’accesso umanitario per far fronte alle loro esigenze mediche e umanitarie». Quattordici i voti a favore: Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna, Algeria, Ecuador, Guyana, Giappone, Malta, Mozambico, Sud Corea, Sierra Leone, Slovenia e Svizzera, ma a colpire è l’astensione degli Stati Uniti che fin qui avevano sempre posto il veto.«L’astensione degli Usa non cambia la nostra politica», ha chiarito il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, John Kirby, sottolineando che Washington «ha sempre chiesto che il cessate il fuoco fosse legato alla liberazione» degli ostaggi da parte di Hamas. Così anche l’ambasciatrice americana all’Onu, Linda Thomas-Greenfield , che ha chiesto ad Hamas di liberare gli ostaggi. «Dobbiamo mettere pressione su Hamas, il cessate il fuoco può iniziare immediatamente con il rilascio del primo ostaggio, e questo è l’unico percorso». Infine ha precisato che gli Usa hanno deciso di astenersi, invece di votare a favore, poiché «alcune modifiche chiave chieste da Washington sono state ignorate, inclusa la domanda di aggiungere una condanna di Hamas». L’astensione però non è piaciuta a Israele. «Il fatto che la risoluzione Onu non condanni l’attacco di Hamas del 7 ottobre è una vergogna», ha detto l’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Gilad Erdan. Gerusalemme, come ritorsione, ha annullato l’invio della delegazione che sarebbe dovuta partire per Washington. Decisione accolta con delusione dagli Stati Uniti. «La nostra decisione di astenerci non deve essere percepita come un'escalation da parte di Israele», ha insistito Kirby. Il premier, Benjamin Netanyahu , ha fatto sapere dal suo ufficio che il voto degli Usa «è un passo indietro chiaro dalle posizioni costanti degli Usa dall’inizio della guerra», spiegando che «questo ritiro offre a Hamas la speranza che pressioni internazionali gli consentiranno di ottenere un cessate il fuoco senza liberare i nostri ostaggi». Hamas invece esulta per la decisione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, sottolineando la sua «disponibilità a impegnarci in un immediato processo di scambio di prigionieri che porti al rilascio dei prigionieri di entrambe le parti». Intanto continuano le tensioni interne al governo, il ministro centrista Gideon Saar si è dimesso per dissensi sulla guerra, anche se la maggioranza rimane solida. Dall’Ue arriva il plauso alla risoluzione: «La sua applicazione è vitale per la protezione dei civili», così il presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen. «Un primo passo in avanti», per il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani.«Questa risoluzione deve essere attuata, un fallimento sarebbe imperdonabile», così il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che è intervenuto anche sulla decisione di Israele di non consentire più convogli umanitari dall’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) al Nord della Striscia di Gaza, definendola una decisione «totalmente inaccettabile». Proprio a proposito dell’Unrwa, l’ambasciata israeliana a Roma ha diffuso in un briefing con la stampa un report corredato di foto e mappe elaborato dal ministero degli Esteri israeliano che dimostra quanto sia profondo il coinvolgimento di molti dipendenti dell’Agenzia delle Nazioni Unite all’interno dell’organizzazione terroristica di Hamas. Secondo il report l’Unrwa è parte del problema e contribuisce ad alimentare il conflitto israelo-palestinese. Sono almeno 13 i dipendenti che hanno partecipato attivamente al massacro del 7 ottobre, ma il problema sarebbe molto più ampio, perché su 13.000 dipendenti circa il 12% risulta essere membro di Hamas: 1.468 dipendenti nello specifico. Percentuale che si alza al 50%, se si considerano i rapporti familiari. Un dipendente su due ha un familiare membro dell’organizzazione terroristica che domina la Striscia. Secondo l’ambasciatore Alon Bar, «è impossibile che non fossero al corrente del fatto che Hamas nascondesse armi nei pressi delle scuole, così com’è impossibile che non sappiano che vi si nascondano anche i quartier generali dei vertici di Hamas». L’ambasciatore denuncia il fatto che ogni volta che queste informazioni vengono portate all’attenzione delle Nazioni Unite, queste non facciano molto per indagare quanto accade. Israele, per questo, chiede le dimissioni del capo dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, e che si trovino vie alternative per distribuire gli aiuti nella Striscia di Gaza, in quanto si ritiene che l’agenzia per i rifugiati non stia facendo abbastanza per aiutare i palestinesi, con l’intenzione di peggiorare la situazione e rendere così più difficile la posizione di Israele agli occhi della comunità internazionale.