2021-05-29
L’Oms non è affidabile: non siamo al sicuro
Tedos Ghebreyesus e Xi Jinping (Getty Images)
Ranieri Guerra si è contraddetto più volte sulla censura del rapporto che imbarazzava l'Italia, però a monte c'è un problema più grande ossia la totale mancanza di indipendenza dell'Organizzazione. Subisce troppe pressioni: come può tutelare la salute globale?Caro direttore, Ho letto l'intervista al dottor Guerra. Non vorrei portare la discussione nella direzione dove più di qualcuno vorrebbe andasse: far scomparire un rapporto Oms non è il risultato di una diatriba tra due membri dell'Organizzazione. Mi limito solo ad alcune precisazioni fattuali - per usare una parola molto inflazionata nella descrizione di questa storia - e concludo con alcune considerazioni di fondo forse più rilevanti per l'opinione pubblica. Relativamente al ritiro del rapporto Oms il dottor Guerra dice: «Quel che è adesso noto a tutti è che non sono stato io e non è avvenuto per ragioni italiane». Tuttavia, nella chat whatsapp tra il dottor Guerra e il dottor Brusaferro, presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, Guerra dice testualmente «ho fatto ritirare quel maledetto rapporto». Lo ribadisce più volte. Non è da mettere in dubbio che le chat siano autentiche, essendo state confermate e commentate dal dottor Brusaferro. Dov'è la verità? Il rapporto è stato ritirato per poche ore per una correzione - esclusivamente di natura politica - relativa alla sviluppo della pandemia in Cina, contenuta nel famoso «China box».Questa non è una rivelazione di Guerra. Lo ho sempre dichiarato io, fin dall'inizio, in numerose interviste. Ho anche sempre detto che il rapporto era pronto per essere ripubblicato nel giro di poche ore. Tant'è che esiste una versione subito mandata alle stampe, tutt'ora esistente, senza il China box. La sua versione corretta, tuttavia, non viene mai messa online. Subito dopo il ritiro, è lo stesso Guerra ad accertarsi che il rapporto venga fatto sparire da siti esterni all'Oms. È importante porsi la domanda: perché non è più stato ripubblicato? Decisione spontanea dell'Oms come qualcuno ha detto? Certo no. «Ritengo quel rapporto irrilevante», dice Guerra nella vostra intervista. Ma ha cambiato idea: da Giletti a dicembre disse che il lavoro era «pregevole» e che sulla versione apparsa per poche ore online non aveva «niente da eccepire». A Tedros, il suo direttore generale, dice che il rapporto ha un «buon valore tecnico intrinseco». Guerra e Oms cambiano spesso direzione. Io no. E proprio perché ne rimanga traccia ho scritto un libro denuncia, dove l'intera vicenda è supportata da fatti precisi. Neanche l'edulcorazione di qualche nota di melodramma riesce a rendere meno scomoda la verità. Dell'intervista sul vostro quotidiano respingo con forza l'illazione secondo cui l'intero finanziamento del Kuwait a favore dell'Italia - 5 milioni di dollari - sia stato ritirato «per le problematiche legate a Zambon». Io ho messo in luce le problematiche. Ma le problematiche non sono affatto legate a me. Tutt'altro. La parte di finanziamento - circa un terzo del totale - sotto la mia diretta responsabilità è stata pienamente implementata. Una volta emerso lo scandalo, qualcuno ha avuto l'idea di stornare la somma spesa per realizzare il rapporto con altri finanziamenti per non irritare il Kuwait. Alla data delle mie dimissioni a fine marzo, tuttavia, il rapporto risultava ancora pagato dal Kuwait. Come di fatto è stato. La gestione lacunosa dello scandalo non può certo essere attribuita a me, dato che esattamente un anno fa - il 28 maggio 2020 - allertai il direttore generale dell'Oms di possibili problemi con il donatore, il Kuwait, se queste «problematiche» non fossero state risolte. Lettera morta. Lettera molto viva invece quella inviata questa settimana da Transparency International e da 40 organizzazioni della società civile tra cui quelle con maggiore esperienza nella tutela dei whistleblower (colui che segnala irregolarità gravi all'interno di una organizzazione, ndr) all'Assemblea Mondiale della Sanità. Una lettera dove i massimi esperti mondiali in tema di anti-corruzione, trasparenza e whistleblowing condividono le proprie preoccupazioni sulla vicenda che mi vede, mio malgrado, protagonista. Si chiede maggiore responsabilità, trasparenza ed efficacia nelle procedure di tutela per le ritorsioni che ho subito proprio relative al famoso rapporto Oms scomparso. Al di là di gratuiti attacchi personali, questo è uno scandalo a cui la stampa mondiale si è interessata non per una diatriba personale. Il rapporto scomparso è l'indicatore di una disfunzione organica dell'Oms. Dentro ci sono conflitti di interesse, dinamiche di potere distorte, disegni comunicativi fallaci, prevaricazione di interessi e relazioni personali sul bene comune, fallimento dei meccanismi di controllo interni. Proprio i meccanismi di controllo interni, da me allertati in più occasioni e a più livelli, se correttamente applicati avrebbero potuto evitare che tutto questo accadesse. Si continua a puntare il faro di luce in ogni direzione, pur di non illuminare il vero problema: la mancanza di indipendenza dell'Organizzazione deputata a tutelare la salute di tutti i cittadini del mondo. Per poter rispondere al suo mandato, l'Oms deve essere immune da ogni influenza esterna. A maggio di un anno fa non c'erano né terapie né vaccini. L'unica cosa di vitale importanza per arrestare la pandemia era lo scambio di informazioni tra Paesi. Ad alcuni è apparso del tutto normale che un rapporto indipendente possa, anzi debba essere revisionato dal governo la cui risposta si cerca di documentare. Per alcuni è scontato che senza il nulla osta del ministro non si pubblichi.Se così fosse, come potrebbe l'informazione dell'Oms essere indipendente? Possiamo immaginare un rapporto Oms indipendente per la Cina? Un documento sulla prima risposta cinese al Covid avrebbe fatto molto bene al resto del mondo. A noi per primi. Un tale rapporto non solo non è mai scomparso. Non è neanche stato generato. Dovremmo chiederci il perché. Lo scandalo italiano ci deve fare riflettere e, se lo facciamo onestamente, indurci al cambiamento.
Giorgia Meloni (Ansa)
Alla vigilia del Consiglio europeo di Bruxelles, Giorgia Meloni ha riferito alle Camere tracciando le priorità del governo italiano su difesa, Medio Oriente, clima ed economia. Un intervento che ha confermato la linea di continuità dell’esecutivo e la volontà di mantenere un ruolo attivo nei principali dossier internazionali.
Sull’Ucraina, la presidente del Consiglio ha ribadito che «la nostra posizione non cambia e non può cambiare davanti alle vittime civili e ai bombardamenti russi». L’Italia, ha spiegato, «rimane determinata nel sostenere il popolo ucraino nell’unico intento di arrivare alla pace», ma «non prevede l’invio di soldati nel territorio ucraino». Un chiarimento che giunge a pochi giorni dal vertice dei «volenterosi», mentre Meloni accusa Mosca di «porre condizioni impossibili per una seria iniziativa di pace».
Ampio spazio è stato dedicato alla crisi in Medio Oriente. La premier ha definito «un successo» il piano in venti punti promosso dal presidente americano Donald Trump, ringraziando Egitto, Qatar e Turchia per l’impegno diplomatico. «La violazione del cessate il fuoco da parte di Hamas dimostra chi sia il vero nemico dei palestinesi, ma non condividiamo la rappresaglia israeliana», ha affermato. L’Italia, ha proseguito, «è pronta a partecipare a una eventuale forza internazionale di stabilizzazione e a sostenere l’Autorità nazionale palestinese nell’addestramento delle forze di polizia». Quanto al riconoscimento dello Stato di Palestina, Meloni ha chiarito che «Hamas deve accettare di non avere alcun ruolo nella governance transitoria e deve essere disarmato. Il governo è pronto ad agire di conseguenza quando queste condizioni si saranno materializzate». In quest’ottica, ha aggiunto, sarà «opportuno un passaggio parlamentare» per definire i dettagli del contributo italiano alla pace.
Sul piano economico e della difesa, la premier ha ribadito la richiesta di «rendere permanente la flessibilità del Patto di stabilità e crescita» per gli investimenti militari, sottolineando che «il rafforzamento della difesa europea richiede soluzioni finanziarie più ambiziose». Ha poi rivendicato i recenti riconoscimenti del Fondo monetario internazionale e delle agenzie di rating, affermando che «l’Italia torna in Serie A» e «si presenta in Europa forte di una stabilità politica rara nella storia repubblicana».
Nel passaggio ambientale, Meloni ha annunciato che l’Italia «non potrà sostenere la proposta di revisione della legge sul clima europeo» se non accompagnata da «un vero cambio di approccio». Ha definito «ideologico e irragionevole» un metodo che «pone obiettivi insostenibili e rischia di compromettere la credibilità dell’Unione».
Fra i temi che l’Italia porterà in Consiglio, la premier ha citato anche la semplificazione normativa - al centro di una lettera firmata con altri 15 leader europei e indirizzata a Ursula von der Leyen - e le politiche abitative, «a fronte del problema crescente dei costi immobiliari, soprattutto per i giovani». In questo ambito, ha ricordato, «il governo sta lavorando con il vicepresidente Salvini a un piano casa a prezzi calmierati per le giovani coppie».
Nel giorno del terzo anniversario del suo insediamento, Meloni ha infine rivendicato sui social i risultati del governo e ha concluso in Aula con un messaggio politico: «Finché la maggioranza degli italiani sarà dalla nostra parte, andremo avanti con la testa alta e lo sguardo fiero».
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