2025-01-17
L'Oms continua a battere cassa
Tedros Adhanom Ghebreyesus (Ansa)
Appello per ottenere 1,5 miliardi per coprire 42 emergenze sanitarie. Fra le situazioni critiche Africa, Gaza e Ucraina. Ma la strategia della permacrisi perde i pezzi.Anche l’emergenza sanitaria è stata ormai derubricata a noiosa routine. La conferma è arrivata ieri dopo la conferenza stampa tenuta dal direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, nel lanciare il suo «appello annuale» del 2025 per convincere nazioni e privati a elargire 1,5 miliardi di dollari e affrontare una crisi sanitaria che, se quest’anno è stata definita da Tedros come «senza precedenti», anche lo scorso anno rappresentava una «minaccia globale come mai era accaduto prima». Bandiera Oms di ordinanza nello sfondo, sguardo fisso in camera senza mai cambiare posizione, eloquio monocorde: se l’Oms ripone nel suo non esattamente carismatico direttore generale la speranza di raccogliere tutti questi fondi, è probabile che non andrà molto lontano. La carta giocata da Ghebreyesus, quella della crisi permanente o «permacrisi», appare infatti usurata: «L’Oms stima che nel 2025 oltre 300 milioni di persone nel mondo avranno urgente bisogno di assistenza», ha spiegato il super burocrate della sanità ai media riuniti in conferenza stampa; ma anche nel 2024 l'agenzia sanitaria delle Nazioni Unite formulava gli stessi dati riferendo, anche allora, che 300 milioni di persone avrebbero avuto bisogno di assistenza e protezione umanitaria nell’anno che stava appena iniziando. L’appello annuale per le emergenze sanitarie elencava lo scorso anno le «nuove crisi», che sono le stesse annunciate ieri: «Guerre, epidemie, disastri legati ai cambiamenti climatici e altre emergenze sanitarie non più isolate o occasionali ma implacabili, sovrapposte e intensificate», ha spiegato il dg Oms nel corso della stanca testimonianza resa davanti alla stampa. Anche l’importo richiesto, ben 1 miliardo e mezzo di dollari, è lo stesso che Tedros voleva raccogliere nel 2024 e anche le zone colpite: nel 2024 erano i territori palestinesi occupati, la Repubblica Democratica del Congo, il Sudan, la Siria, l’Etiopia, l’Afghanistan, Haiti, l’Ucraina e altri, nel 2025 sono restate le stesse, a testimonianza che l’Oms non si presenta precisamente come un game changer.L’unico cambiamento sostanziale rispetto al copione che Ghebreyesus recita stancamente ogni anno è l’arrivo di Donald Trump, che lunedì si insedierà alla Casa Bianca: la squadra che sta guidando la transizione dai Democratici di Joe Biden ai Repubblicani ha annunciato che l’America di Trump uscirà dall’Oms «on day one», intento che il presidente eletto aveva manifestato - ma non portato del tutto a termine - anche nel suo primo mandato dal 2016 al 2020. L’America è il primo contribuente del bilancio Oms, fissato a 6,8 miliardi di dollari per il biennio 2024-2025: di questi, quasi 1 miliardo di dollari tra quota di adesione (260,626 milioni) e contributi volontari (697,888 milioni) arriva proprio dagli Usa, che in passato sono arrivati a versare quasi il 50% dei finanziamenti dell’Organizzazione; a seguire Bill Gates, secondo finanziatore, e la Gavi vaccine alliance (terzo finanziatore). Il rischio di perdere il primo finanziatore, gli Usa, è molto alto e i documenti pubblicati online dall’Oms questa settimana, a ridosso della riunione del consiglio esecutivo che si terrà all’inizio del mese prossimo, affrontano proprio questa eventualità, come ha fatto lo stesso Tedros ieri: «Questo appello non ha a che fare soltanto con i numeri, ma è un impegno collettivo per salvare vite, garantire il diritto universale alla salute e ripristinare la dignità delle comunità in crisi», ha affermato il direttore generale dell’Oms, «il vostro supporto aiuta ad assicurare che l’Oms rimanga un’ancora di salvezza, colmando il divario tra malattia e salute, disperazione e speranza, vita e morte per milioni di persone nel mondo». Con così tanta efficacia che l’Oms di Ghebreyesus si ritrova sempre al punto di partenza e le crisi restano irrisolte.