2024-09-05
Gli omicidi insensati ci ricordano che a volte il male non si può spiegare
Gli inquirenti sul luogo della strage familiare a Paderno Dugnano (Ansa)
Per le coltellate di Paderno (e quelle di Moussa Sangare) si cercano moventi e cause esterne: famiglie difettate, scuola distratta, delusioni, patologie mentali. In un mondo senza Dio non è ammessa la pura azione del maligno.Un ragazzo di 17 anni accoltella a morte madre, padre e fratellino: di chi sarà la colpa? Lo sconvolgente delitto di Paderno Dugnano, ancora senza un movente chiaro, è avvenuto poche ore dopo l’arresto dell’omicida di Sharon Verzeni, un uomo di origini maliane che sosteneva di aver colpito, anche lui, senza una ragione che non fosse il puro gusto di uccidere. E dunque, di chi è la colpa? Dell’immigrazione? Di un genio artistico incompreso? E da dove è arrivata l’efferatezza del reo confesso nel Milanese? Da una famiglia che non lo ascoltava abbastanza? Da una scuola che istruisce e non educa? Da una patologia psichiatrica? Da un disagio esistenziale maturato durante la pandemia? IL PERDONO DEI NONNII tentativi di rendere conto delle recenti tragedie proliferano: sono intervenuti psicologi, insegnanti, pm, amici. È il bisogno incontenibile di inquadrare l’incomprensibile, di dare un senso a ciò che appare privo di senso. Da questo punto di vista, quasi rassicura l’affetto dei nonni: «Non lo abbandoneremo mai, gli staremo sempre vicino», hanno ribadito ieri. Michel Foucault rinfaccerebbe a noi borghesi l’ansia di riportare nei ranghi la devianza. Di qui, gli sforzi di classificarla, comprenderla amorevolmente, o marginalizzarla e trasformarla, da dilemma morale, in problema medico: la follia. Per la scienza di oggi, più raffinata e indulgente - inclusiva, va di moda dire - la depressione. Magari, la sociopatia. Oppure altre patologie, le cui conseguenze saranno elencate in qualche pagina del manuale dei disturbi mentali. L’importante è trovare un’interpretazione plausibile: noi non possiamo accettare un male privo di una radice. «Lizzie Borden prese un’ascia e diede a sua madre quaranta colpi. Quando vide quel che aveva fatto, ne diede quarantuno al padre». Persino l’imputata dello storico massacro del 1892 negli Usa, assolta nonostante i gravi indizi e resa famosa da libri e film, doveva esser stata spinta da qualcosa: la spilorceria del papà, la gelosia per la matrigna.L'IMPORTANZA DEL PADREOgni volta che l’assurdo fa capolino, vogliamo una spiegazione. Sia essa psicologica, sociologica (la ghettizzazione, l’angoscia da confronto), politica (i postumi del lockdown, la crisi di ordine pubblico). Ci serve sapere che soffriamo per un motivo. E se il dolore ha una causa, può essere sconfitto. Guarito o prevenuto, qualora i suoi elementi scatenanti siano medici; neutralizzato, se a provocarlo sono le ingiustizie; evitato, se è l’effetto collaterale della malamministrazione.Sulla Verità, Claudio Risé ha notato che l’accanimento sul padre, mostrato dal carnefice di Paderno, ha riprodotto il meccanismo «della grande pulsione omicida del nostro tempo: la distruzione della famiglia e del padre per portare alla fine dell’umanità creata dal Padre». Quella furia, quella violenza, si sono manifestate nella forma peculiare al nostro orizzonte culturale. Chissà: in un’altra civiltà, l’impulso di annientamento si sarebbe diretto contro un altro bersaglio. Nel Giappone del Padiglione d’oro di Yukio Mishima, ad esempio, verso il tempio buddista simbolo di una struttura che reprimeva l’autoaffermazione. Ma un conto è come il male si esprime; un conto è come emerge.L’analisi di Risé ci aiuta ad andare alla radice del problema: la morte del Padre, con la «p» maiuscola. Già: è solo in un mondo in cui si rinnega Dio che si può rinnegare l’esistenza del male. I cristiani, al contrario, al male hanno attribuito una personalità: il diavolo. Il male non è un dio che si contrappone a Dio, ma di certo esiste in sé stesso. Non è uno scarto; è un’entità. Non è per forza figlio di una mente fragile, di un’istituzione in crisi, di una qualche iniquità. La prospettiva religiosa ci spinge a considerare l’ipotesi che il pensiero materialista esclude: ci può essere un male inspiegabile, insensato, irragionevole, irrazionale, fine a sé stesso. Un male compiuto da chi non ci guadagna nulla e anzi perde tutto (l’ha intuito subito, l’assassino del Milanese); da chi non si trova in uno stato alterato (vi ricordate Erika e Omar? Gli inquirenti certificarono che non erano tossicodipendenti); da chi non intende compiere un atto rivoluzionario.LIBERI E RESPONSABILI Può ben darsi che, quasi sempre, gli episodi di sangue vadano ascritti a patologie psichiche o ad altre cause esterne. Ma a volte ci tocca guardare nell’abisso del male in sé. Il male che non ha fonti terze e non ha cure. Il male che è un prodotto del «legno storto dell’umanità», genuino quanto l’amore, l’altruismo, l’arte. Il male che non arriva da fuori, bensì alberga in noi. Fu Cristo ad avvisarci: «Non ciò che entra nella bocca rende impuro l’uomo; ciò che esce dalla bocca, questo rende impuro l’uomo!». Lo rende pienamente colpevole. Ma pure, nella sua facoltà di scegliere da che parte stare, pienamente libero.