A distanza di tre anni e quattro mesi dall'esito del voto referendario britannico pro-Brexit il Regno Unito è ancora parte dell'Unione europea e nessun distacco è ancora avvenuto.
A distanza di tre anni e quattro mesi dall'esito del voto referendario britannico pro-Brexit il Regno Unito è ancora parte dell'Unione europea e nessun distacco è ancora avvenuto.Il nulla di fatto si può brevemente riassumere in pochi elementi: le esose richieste finanziarie da parte di Bruxelles per consentirne l'uscita e il fatto che, sino a poco fa, il negoziatore inglese era Theresa May, cioè una pro-stay ostica a realizzare quanto deciso dal voto popolare e decisa a sottoporre accordi di uscita che in effetti lascerebbero agganciata Londra a Bruxelles vita natural durante. Da quando al timone c'è Boris Johnson il balletto è finito. Ma l'impronta nettamente decisionista deve fare i conti con i franchi tiratori dell'ultima ora e con buona parte del governo che continua a osteggiare la realizzazione della volontà popolare. L'epopea Brexit fotografa esattamente la situazione europea e lo scollamento tra cittadini e il potere politico che ormai assume sempre più toni e sfumature da oligarchia.Le richieste di ritorno al voto dei pro-stay indicano chiaramente che l'esito del referendum non era quello desiderato dalla casta politica europea.Dall'esito Brexit del giugno 2016 a oggi la sterlina ha avuto oscillazioni importanti sia contro il dollaro che contro l'euro. Ma anche contro lo yen, alternando fasi di drastiche cadute a repentine riprese di valore. Il tutto va però inserito in tre contesti assolutamente diversi. Contro lo yen il declino della sterlina era già in atto dal 2015 (toccò il picco massimo in area 200 yen per 1 sterlina) per poi arrestarsi, a ottobre 2016, due mesi dopo il voto Brexit, in area 122 (perdendo il 37.4% in soli 14 mesi). A oggi, il cambio yen sterlina si trova sui 139 yen per 1 sterlina. Contro il dollaro, invece, i massimi furono registrati a quota 211 nell'ottobre 2007 con una repentina discesa sino a 1.35 nel 2009 e successiva risalita a 1.71 nel 2014, livello dal quale riprese a scendere sino ad 1.15 nell'ottobre 2016 e dopo l'esito Brexit. Un veloce recupero, fino a 1.43, si registrò nel 2018, prima del nuovo ribasso a 1.1960 il mese scorso. Anche l'avvento dell'euro influì sull'andamento della sterlina posizionando il cambio di valuta a 0.57 con successiva forza dell'euro sino a 0.97 (gennaio 2009) e poi un costante rafforzamento della sterlina sull'euro sino ai 0.70 del 2015. Poi la fiammata a 0.93 dopo il voto sulla Brexit. Da lì, ha avuto inizio una estenuante fase di stallo, illustrata nel grafico, che fotografa sostanzialmente l'oscillazione tra due monete deboli. Proprio contro euro l'analisi tecnica evidenzia come le quotazioni, attualmente a 0.8660, subiranno un ulteriore rafforzamento della sterlina e il raggiungimento di 0.86/0.85 con una spinta che potrà portare al test di area 0.82/0.81, intervallata da risalite a 0,88/0.90. Contro il dollaro la sterlina aveva già ceduto le armi appunto nel lontano 2007. Il rialzo registrato nell'ultimo mese sul cambio tra queste due valute, da 1.1960 ad 1.30 di inizio settimana, è il risultato di un normale storno, aiutato dalla logica buy on rumors, sell on news che ha suo punto di arrivo in area 1.3150, intervallato da ripiegamenti a 1.2740/1.2540 (successivo: area 1.2360), il tutto eseguito in aumento di volatilità.
Emmanuel Macron (Ansa)
Per Fabien Mandon, capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, il Paese vacilla contro Mosca perché non è pronto a far morire i suoi giovani. Intanto, il governo pubblica un opuscolo su come sopravvivere a un attacco.
L’ipotesi dello scoppio di un conflitto capace di coinvolgere la Francia continua a tenere banco al di là delle Alpi. Ieri, il governo guidato da Sébastien Lecornu ha pubblicato online un opuscolo volto a spiegare ai francesi come diventare «resilienti» in caso di guerra o catastrofe naturale. Due giorni fa invece, un generale ha fatto saltare sulla sedia mezzo Paese affermando che la Francia deve essere pronta ad «accettare di perdere i propri figli». Lunedì invece, il presidente francese Emmanuel Macron e il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky avevano firmato una «dichiarazione d’intenzione» per la vendita a Kiev di 100 caccia transalpini Rafale, nell’arco di un decennio.
Alessandro Zan (Ansa)
Si salda la maggioranza che aveva già affossato la legge green anti imprese. Ribaltati i rapporti di forza: sì ai controlli in Spagna.
Un tentativo di imboscata non riuscito. Popolari, conservatori, patrioti e sovranisti si sono fatti trovare pronti e, costituendo una maggioranza in seno alla Conferenza dei capigruppo dell’Eurocamera, hanno deciso di non autorizzare due missioni di eurodeputati in Italia proposte dal gruppo di monitoraggio sullo Stato di diritto della commissione Libertà civili del Parlamento europeo. La prima sarebbe stata della commissione Libertà civili, la seconda della commissione Occupazione e Affari sociali. Missioni che avrebbero dovuto essere calendarizzate prima della fine dell’anno ed erano state fissate intorno all’inizio di giugno. Tra i membri della Commissione Libe ci sono tre italiani: Alessandro Zan del Pd per i socialisti, Gaetano Pedullà del Movimento 5 stelle per Left e Nicola Procaccini di Fratelli d’Italia per Ecr.
(Totaleu)
Lo ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri a margine del consiglio Affari esteri in corso a Bruxelles.
Donald Trump (Ansa)
La proposta Usa non piace a Volodymyr Zelensky, azzoppato però dal caos corruzione. Marco Rubio: «Tutti devono accettare concessioni difficili».
Donald Trump tira dritto con il suo nuovo tentativo di porre fine alla guerra in Ucraina. Un funzionario americano ha riferito a Nbc News che l’inquilino della Casa Bianca avrebbe dato la sua approvazione al piano di pace in 28 punti, elaborato nell’ultimo mese principalmente da Steve Witkoff in consultazione sia con l’inviato del Cremlino, Kirill Dmitriev, sia con il governo ucraino. La medesima fonte ha rivelato che nella stesura del progetto sarebbero stati coinvolti anche il vicepresidente americano, JD Vance, il segretario di Stato, Marco Rubio, e il genero dello stesso Trump, Jared Kushner.






