Vincenzo Onorato (Imagoeconomica)
La Procura etichettò come corruzione alcuni biglietti regalati dalle compagnie Moby, Tirrenia e Cin. I giudici ora impongono la restituzione della corrispondenza: ci vuole una notizia di reato solida prima del sequestro.
Non c’è miglior sponsor per il Sì al referendum sulla riforma della Giustizia dell’attività dei pm. Che ogni giorno vengono bacchettati dai giudici della Cassazione per la loro tendenza a debordare e a non rispettare i diritti degli indagati e delle loro difese. Ieri è arrivata la bocciatura alla pervicace insistenza (in diritto) della Procura di Palermo che voleva mandare in ceppi il vicepremier Matteo Salvini. Ma nelle stesse ore gli ermellini hanno spedito dietro la lavagna anche i pm della Procura di Genova, considerata un fortino delle toghe progressiste.
L’inchiesta è conosciuta a livello mediatico come Traghettopoli e ruota intorno ai biglietti regalati dalle compagnie Moby, Tirrenia e Cin a vip di vario genere. Per gli avvocati si tratta di banali regalie, magari punibili con semplici sanzioni amministrative e procedimenti disciplinari per i pubblici ufficiali. Per la Procura ci troveremmo di fronte a deprecabili casi di corruzione. Al centro dello scontro una questione giuridica: il sequestro del materiale informatico contenente messaggi di posta privati in assenza di una notizia di reato. O, meglio, secondo le difese, è stato prima disposto il sequestro e poi è stato cercato il reato. A ritroso.
In un procedimento che era iniziato per tutt’altre ipotesi: alcune navi dell’armatore Vincenzo Onorato non avrebbero rispettato i requisiti previsti dalla normativa internazionale in materia ambientale. Ma anche in questo caso l’ipotesi iniziale di frode in pubbliche forniture è definitivamente caduta. E, così, la Corte di Cassazione, che già in procedimenti passati di paletti ne aveva fissati parecchi, annullando l’ordinanza «senza rinvio», ha fatto saltare definitivamente il sequestro informatico disposto dalla Procura di Genova, imponendo l’«immediata restituzione del materiale in sequestro» alle compagnie. Compresa la copia forense. È qui entra in gioco la questione decisiva della proporzione. Non si può trovare un regalo (in questo caso un elenco di biglietti gratuiti), etichettarlo, senza prove, come mazzetta e cercare, successivamente, la dimostrazione del proprio assunto, rovistando in cellulari e caselle di posta. Perché quando si sequestra della corrispondenza privata bisogna indicare con precisione che cosa si stia cercando. Bisogna circoscrivere. Non solo usando le parole chiave. È necessario delimitare anche un preciso arco temporale per la caccia. Ma per farlo bisogna avere una pista solida, una notizia di reato con un corrotto e un corruttore. E magari occorre conoscere l’atto contrario ai doveri d’ufficio che ha determinato il regalo. Altrimenti si sta solo rovistando.
Era accaduto di recente a Brescia, con i sequestri all’ex procuratore aggiunto Mario Venditti. A Genova, però, l’annullamento della Cassazione viene considerato un colpo secco al cuore dell’indagine, perché riguardava il materiale prelevato dalle caselle di posta elettronica di 14 dirigenti del Gruppo Moby. File che, secondo gli investigatori, avrebbero contenuto le tracce di oltre 34.000 viaggi omaggio sui traghetti di Vincenzo Onorato. Tra chi ha viaggiato almeno una volta senza pagare sui traghetti del gruppo Onorato ci sono anche un paio di giudici, l’ex presidente di Regione Sardegna Christian Solinas, l’ex numero uno dei porti di Genova e Savona Paolo Signorini, il fondatore del Movimento 5 stelle Beppe Grillo. Per le difese (il ricorso era stato presentato dagli avvocati Pasquale Pantano, Oreste Dominioni, Angelo Paone, Nicola Zanobini e Luca della Casa) è una vittoria piena. Il nodo dei dati era emerso già ai primi di dicembre, quando a Genova, si erano confrontati con il pm Walter Cotugno sull’utilizzabilità di quel materiale gli avvocati degli oltre 120 indagati. Un elenco lungo e trasversale: ufficiali della Guardia costiera, direttori marittimi, manager del gruppo armatoriale, funzionari pubblici, politici, magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine.
La decisione della Cassazione ora ridisegna i confini dell’inchiesta, già divisa in due tronconi. Da una parte quello per l’ipotesi di corruzione che coinvolge i pubblici ufficiali che, secondo il pm, avrebbero beneficiato degli omaggi in cambio di favori per gli armatori, addolcendo i controlli e le ispezioni sulle navi. Secondo gli inquirenti esisteva un vademecum sul trattamento «Vip»: dai direttori marittimi e comandanti del porto fino agli addetti di Capitaneria (ai quali sarebbe stato destinato uno sconto del 30%). L’altro filone, quello che ha, come detto, dato il via all’indagine, con le ipotesi di falso e frode (caduta), riguardava i motori di tre traghetti (sequestrati e poi dissequestrati dal Riesame). Ed è proprio mentre si indagava sulle forniture che è saltata fuori la storia dei viaggi in saldo. Nasce così il sequestro del materiale informatico, confermato dal Riesame. Gli avvocati si sono opposti e hanno presentato ricorso in Cassazione. Ma il pm ha deciso di andare avanti. E ha fissato per lo scorso 3 dicembre un accertamento tecnico irripetibile per estrarre le mail di suo interesse (attraverso una procedura regolamentata dall’articolo 360 del codice). In attesa della decisione del Palazzaccio i legali hanno preso tempo chiedendo che la ricerca nei dispositivi elettronici fosse effettuata davanti a un giudice terzo, con tutte le garanzie dell’incidente probatorio che è un vero e proprio istituto giuridico, in cui il gip nomina un proprio perito. Un passaggio che, in gran parte, adesso, non sarà più necessario svolgere. Con buona pace della Procura.
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Beppe Sala (Ansa)
Un marocchino è stato aggredito di notte, un egiziano ferito da connazionali inferociti.
Due accoltellamenti in poche ore, uno nella notte alla Barona e uno in pieno giorno davanti a una scuola a Sesto San Giovanni. È il segnale più chiaro di una violenza che ormai caratterizza sempre di più Milano e che oggi si mostra nei luoghi e negli orari in cui dovrebbe esserci maggiore sicurezza. Il capoluogo lombardo e la sua area metropolitana fanno i conti con un fenomeno che non è più episodico, ma strutturale.
Il primo episodio avviene poco dopo la mezzanotte di ieri in via Ovada, periferia Sud-Ovest della città. Un uomo viene aggredito da più persone, colpito con bastonate e diverse coltellate a testa, spalle e braccia. Poi la rapina. All’arrivo dei soccorsi perde i sensi e viene trasportato in codice rosso al Policlinico. Ha 24 anni, è di origine marocchina, ha precedenti.È fuori pericolo, ma resta ricoverato. Agli investigatori racconta di non conoscere i suoi aggressori, fuggiti subito dopo l’assalto.
Poche ore più tardi, la violenza cambia scenario ma non le modalità. A Sesto San Giovanni, davanti al liceo artistico De Nicola, uno studente di 18 anni di origine egiziana viene accoltellato all’addome all’uscita da scuola. Tre coetanei, anche loro egiziani, lo avvicinano e lo colpiscono, poi scappano. Alla base ci sarebbe una lite avvenuta il giorno prima su un autobus. Il ragazzo viene portato in codice rosso al Niguarda. È grave, ma non in pericolo di vita.
Questi due episodi si inseriscono in un quadro che i numeri ufficiali rendono difficile da minimizzare. Milano è oggi la Provincia con il più alto tasso di reati denunciati in Italia: quasi 7.000 ogni 100.000 abitanti. Secondo i dati del Viminale, nel 2024 in Italia sono stati denunciati circa 2,4 milioni di reati, con un aumento dell’1,7% rispetto all’anno precedente. Milano, insieme a Roma e Firenze, concentra da sola quasi il 24% del totale nazionale.
Dentro questa massa di denunce, la voce che cresce di più è quella della violenza di strada. Le analisi presentate nei tavoli per l’ordine e la sicurezza in prefettura indicano che rapine e aggressioni restano elevate, soprattutto nelle aree urbane più dense e nei nodi della mobilità. Un dato pesa più degli altri: circa un reato predatorio su cinque, tra furti, rapine e aggressioni in strada, è commesso da minorenni o giovanissimi.
È in questo spazio che prende forma il fenomeno dei cosiddetti maranza. Non un’organizzazione strutturata, spiegano da tempo questura e prefettura, ma gruppi fluidi, spesso composti da adolescenti, che usano il coltello come strumento di intimidazione e affermazione. Nell’ultimo anno, nella sola area milanese, sono state segnalate quasi cento rapine commesse da minorenni con l’uso di lame: una ogni pochi giorni. Le lesioni aggravate tra under 18, in alcune zone, hanno registrato aumenti vicini al 50%. Il coltello diventa così un oggetto «normale», facile da portare, rapido da usare, difficile da controllare. Non sempre c’è l’intenzione di uccidere, ma spesso c’è l’illusione di poter gestire la violenza. Un’illusione che finisce in pronto soccorso.
A Sesto San Giovanni l’accoltellamento davanti alla scuola ha acceso lo scontro politico. L’opposizione parla di punto di non ritorno e accusa l’amministrazione di centrodestra di negare una realtà fatta di baby gang, aggressioni e paura quotidiana. Una distanza crescente tra la percezione dei cittadini e le risposte istituzionali. Il paradosso, sottolineano gli analisti della sicurezza, è evidente. Mentre alcuni reati tradizionali calano, la violenza di prossimità cresce. È più giovane, più impulsiva, più imprevedibile.
Due feriti, due storie diverse, una stessa città. E in messo una Milano che deve decidere se continuare a raccontare questi episodi come cronaca isolata o leggerli per quello che sono diventati: un segnale persistente di fragilità urbana e sociale, sottovalutata dalla giunta di centrosinistra di Beppe Sala.
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Giorgia Meloni in Aula rassicura: la decurtazione progressiva, dai sei mesi per chi maturerà i requisiti nel 2031 fino ai 30 per chi li raggiungerà nel 2035, «varrà soltanto per il futuro».
Come fa notare l’Inps, il riscatto della laurea non viene abolito e non cambia la sua procedura: resta un’operazione su domanda dell’interessato, con un onere calcolato e comunicato dall’Istituto e con l’accredito dei periodi nella posizione assicurativa. Quello che cambia, con l’emendamento alla manovra 2026, è il suo «peso» per chi lo usa soprattutto per accorciare la strada verso la pensione anticipata: dal primo gennaio 2031 una quota crescente dei mesi riscattati per la laurea triennale/breve viene infatti sterilizzata, cioè non può più essere conteggiata ai soli fini della maturazione del diritto all’uscita anticipata.
Il meccanismo si applica guardando non a quando è stato pagato il riscatto, ma a quando si maturano i requisiti per l’uscita anticipata: nel 2031 non concorrono 6 mesi tra quelli riscattati; nel 2032 diventano 12; poi 18 nel 2033, 24 nel 2034, fino ad arrivare a 30 mesi nel 2035. La platea indicata è quella del riscatto della «laurea breve», richiamata anche come diplomi universitari della legge 341/1990. La conseguenza pratica è che il riscatto continua a «esistere» come contribuzione accreditata, ma diventa progressivamente molto meno efficace come acceleratore del requisito contributivo. Con una triennale piena (36 mesi) il taglio a regime dal 2035 (30 mesi) lascia, per l’anticipo del diritto, un vantaggio residuo di appena 6 mesi; nel 2031, invece, la sterilizzazione è limitata a 6 mesi e, quindi, restano utilizzabili 30 mesi su 36 per raggiungere prima la soglia. Il punto che rende la stretta economicamente esplosiva è che il costo del riscatto non viene rimodulato. Nel 2025, per il riscatto a costo agevolato, l’Inps indica come base il reddito minimo annuo di 18.555 euro e l’aliquota del 33%, da cui deriva un onere pari a 6.123,15 euro per ogni anno di corso riscattato (per le domande presentate nel 2025).
In altri termini: si continua a pagare secondo i parametri ordinari dell’istituto, ma una fetta crescente di quel «tempo comprato» smette di essere spendibile per andare prima in pensione con l’anticipata. La contestazione più immediata riguarda l’effetto «a scadenza»: chi ha già riscattato oggi, ma maturerà i requisiti dopo il 2030, potrebbe scoprire che una parte dei mesi riscattati non vale più come si aspettava per centrare prima l’uscita dalla vita lavorativa.
La norma, in realtà, è destinata a creare dibattito politico. «Non c’è nessunissima intenzione di alzare l’età pensionabile», ha detto il senatore della Lega. Claudio Borghi, «e meno che mai di scippare il riscatto della laurea. Le voci scritte in legge di bilancio sono semplici clausole di salvaguardia che qualche tecnico troppo zelante ha inserito per compensare un possibile futuro aumento dei pensionamenti anticipati, che la norma incentiva sfruttando la possibilità data dal sistema 64 anni più 25 di contributi inclusa la previdenza complementare. Quello che succederà in futuro verrà monitorato di anno in anno ma posso dire con assoluta certezza che non ci sarà mai alcun aumento delle finestre di uscita o alcuno scippo dei riscatti della laurea a seguito di questa norma». «In assenza di intervento immediato del governo, noi sicuramente presenteremo emendamenti», conclude il leghista. A spazzare via ogni dubbio ci ha pensato il premier, Giorgia Meloni: «Nessuno che abbia riscattato la laurea vedra’ cambiata la sua situazione, la modifica varra’ per il futuro, in questo senso l’emendamento deve essere corretto» a detto in Senato.
Dal canto suo, il segretario del Pd, Elly Schlein, alla Camera, ha subito dichiarato la sua contrarietà all’emendamento. «Ieri (due giorni fa, ndr) avete riscritto la manovra e con una sola mossa fate una stangata sulle pensioni che è un furto sia ai giovani che agli anziani. È una vergogna prendervi i soldi di chi ha già pagato per riscattare la laurea: è un’altra manovra di promesse tradite. Dovevate abolire la Fornero e invece allungate l’età pensionabile a tutti. Non ci provate, non ve lo permetteremo».
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(IStock)
Fdi ritira l’emendamento che aumentava da 5.000 a 10.000 euro (con tassa) il limite per i pagamenti in denaro. Dal 2026 gli interventi di salvataggio delle forze dell’ordine dovranno essere risarciti se causati da dolo o colpa.
La manovra è ancora un cantiere aperto prima del rush finale con l’approvazione nell’Aula del Senato previsto per l’inizio della prossima settimana, con voto di fiducia.
Oltre al sub emendamento della Lega contro la stretta sulle pensioni anticipate e sull’uso del riscatto della laurea breve ai fini previdenziali, ieri un altro pilastro della legge di bilancio è stato smantellato. È stato ritirato, infatti, l’emendamento presentato da Fratelli d’Italia che prevedeva il pagamento di una imposta da 500 euro per i pagamenti in contante superiori ai 5.000 euro e fino a 10.000 euro. La norma puntava rivedere il limite sull’utilizzo del cash oggi fissato a 5.000 euro, oltre il quale si ricorre a pagamenti tracciabili.
Novità anche per l’attività delle forze dell’ordine. Un emendamento riformulato dal governo prevede che anche gli interventi di soccorso promossi da polizia e carabinieri, a partire dal prossimo anno, andranno «rimborsati» se risulteranno non «giustificati», ovvero se dietro sarà rinvenuta l’ombra del dolo o della colpa grave di chi è stato soccorso. La stretta era stata già prevista nel testo uscito dal Consiglio dei ministri il 17 ottobre ma era limitata a uomini e mezzi della Guardia di finanza, ora con questa proposta di modifica viene estesa agli interventi effettuati dagli altri due corpi. Dal 2026 la richiesta di aiuto che verrà rivolta a polizia di Stato e Arma dei carabinieri, impegnati nel soccorso alpino e in quello in mare, andrà giustificata e motivata. E se non ci sarà una motivazione adeguata e reale la ricerca, il soccorso e il salvataggio in montagna o in mare diventeranno tutte operazioni a pagamento. Non solo. Il contributo sarà dovuto anche da chi procura, per dolo o colpa grave, un incidente o un evento che richiede l’impiego di uomini e mezzi appartenenti alla polizia di Stato e all’Arma. L’importo sarà stabilito con decreti dal ministro dell’Interno e da quello della Difesa, di concerto con l’Economia. L’emendamento precisa, infine, che «il corrispettivo è dovuto qualora l’evento per il quale è stato effettuato l’intervento sia imputabile a dolo o colpa grave dell’agente».
Nessuna novità, invece, per maggiori fondi, che restano rinviati a quando il Paese uscirà dalla procedura d’infrazione. I sindacati di polizia continuano a martellare l’esecutivo dicendo che «per il governo la sicurezza è uno slogan adatto ai discorsi pubblici ma non è una priorità quando si tratta di mettere in campo risorse concrete». In una lettera inviata da Sap, Coisp-Mosap, Fsp Polizia, Silp-Cgil al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si attacca «l’ipotesi di un innalzamento dell’età pensionabile, inaccettabile per chi ha trascorso una vita professionale tra rischi e responsabilità enormi e si pretende di allungare ulteriormente la carriera dei poliziotti senza alcun confronto con i sindacati». Per i sindacati è anche «grave, lo stanziamento simbolico di appena 20 milioni di euro per la previdenza dedicata. Una cifra che condanna molti a pensioni indegne dopo una vita spesa al servizio dello Stato».
Intanto hanno avuto il via libera in commissione Bilancio una serie di modifiche alla manovra sui temi di interesse comune alla maggioranza e all’opposizione in materia di enti locali e calamità naturali. In totale sono 64 gli emendamenti. Tra questi, la possibilità di assumere a tempo indeterminato il personale in servizio presso gli Uffici speciali per la ricostruzione e che abbia maturato almeno tre anni di servizio. Arriva anche un contributo di 2,5 milioni per il 2026 per il disagio abitativo finalizzato alla ricostruzione per i territori colpiti dai terremoti in Marche e Umbria.
Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha sottolineato i maggiori fondi per la sanità. «Sul fronte del personale», ha detto, ci sono degli aumenti importanti e delle assunzioni aggiuntive. Le Regioni possono assumere con il Fondo sanitario nazionale che viene ripartito tra di loro».
Soddisfatto il presidente di Farmindustria, Marcello Cattani. La manovra, infatti, contiene +7,4 miliardi per il Fondo sanitario nazionale e un ulteriore +0,1% che consente di far scendere il payback a carico delle aziende farmaceutiche. «Il segnale è ampiamente positivo», ha commentato Cattani.
Intanto ieri alla Camera, nel dibattito sulle comunicazioni alla vigilia del Consiglio europeo, c’è stato un botta e risposta tra la segretaria del Pd, Elly Schlein, e Meloni. Tema: le tasse e la manovra. «La pressione fiscale sale perché sale il gettito fiscale certo anche grazie al fatto che oggi lavora un milione di persone in più che pagano le tasse», ha detto il premier. E a fronte del rumoreggiamento dell’Aula, ha incalzato: «Se volete facciamo un simposio ma siccome siamo in Parlamento le cose o si dicono come stanno o si studia».
Ma per Schlein «le tasse aumentano per il drenaggio fiscale». Il premier ha, poi, ribadito che la manovra «è seria» e che «l’Italia ha ampiamente pagato in termini reputazionali, e non solo, le allegre politiche degli anni passati».
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