2021-08-20
Parte l’offensiva contro i lavoratori: «Lasciapassare o restano a casa»
Andrea Orlando e Maurizio Landini (Ansa)
Affondo di Federmeccanica: «Vogliamo il salvacondotto obbligatorio. Chi non si vaccina paghi i test di tasca propria». Il Pd resta zitto mentre la Cgil tenta di difendere i dipendenti.Sul lavoro non si fa un green pass avanti. Salvo far balenare una tassa da 7,50 euro al giorno sugli operai non vaccinati e aspettare che scoppi il caos a scuola dove metà dei professori rischia di restare senza carta verde perché gli scade il vaccino. L'ignavia del governo che si rifugia nelle Faq, i tentennamenti della politica che tace, ma forse non acconsente (il Pd è afono, solo Forza Italia ha una posizione: insiste con la vaccinazione obbligatoria) stanno trasformando la carta verde in un nuovo terreno di scontro sociale. Se il ministro della Salute Roberto Speranza vuole prendere i non vaccinati per fame impedendo ai lavoratori senza salvacondotto di entrare nelle mense aziendali, se il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese costringe le forze dell'ordine alla «pausa al sacco» , se il ministro della Difesa Lorenzo Guerini (Pd) deve affrontare la rivolta delle caserme che non accettano la discriminazione tra chi ha la carta verde e chi no, chi latita è Andrea Orlando, ministro del Lavoro che sconta come tutto il Pd l'impossibilità di tenere insieme il partito del vaccino con la tutela dei diritti. Doveva riconvocare le «parti sociali» per aggiornare i protocolli di sicurezza sui luoghi di lavoro e sistemare il rebus del green pass, ma è dato per non pervenuto. Lo stesso imbarazzo ce l'ha Maurizio Landini, segretario della Cgil, che come apre bocca deve premettere: io sono per i vaccini. E dopo aggiunge: la Cgil vuole tutti vaccinati, ma i diritti dei lavoratori non si possono cancellare con una Faq del governo. In questo balbettio della sinistra è entrato come un coltello nel burro il presidente di Federmeccanica Federico Visentin che sorpassando a destra Carlo Bonomi, leader confindustriale, ha sganciato una bomba: «Il dibattito sulle mense è un falso problema, il tema vero è il green pass sui luoghi di lavoro». Lui ha pronta la soluzione in tre punti: il primo rendere obbligatoria la carta verde per accedere a tutti i luoghi di lavoro, il secondo è che se i lavoratori non si vogliono vaccinare, ma vogliono attivare il salvacondottto con i tamponi, se li devono pagare perché, dice Visentin, «non esiste che l'azienda si faccia carico dei costi per questi tamponi». E poi c'è il terzo punto: «Va detto in maniera chiara: se qualcuno alla fine non vuole fare neanche il tampone e vuole rimanere a casa ci rimanga senza stipendio. Bisogna avere il coraggio di dirlo». Insomma non siamo all'obbligo vaccinale, ma alla facoltà di licenziare. Il presidente di Federmeccanica peraltro si è pronunciato quando i metalmeccanici hanno attaccato il gruppo Leonardo (ex Finmeccanica) perché pretende il green pass per la mensa. La proposta di Visentin - in senso eguale e contrario a quella di Cgil, Cisl e Uil che chiedono tamponi gratuiti per i lavoratori - si traduce in una tassa di 7,5 euro al giorno per poter lavorare. La paga oraria di un metalmeccanico è di 8,40 euro lorde, il che significa che - pena il licenziamento e grazie all'ignavia del governo - si lavora otto ore per guadagnarne sette. Il presidente di Federmeccanica indica indirettamente i responsabili di questa situazione: se questi tre punti vanno bene si aggiorni subito il protocollo di sicurezza sui luoghi di lavoro. Altrimenti agisca il governo. «Non si pensi», dice Visentin, «che alle aziende vada bene lo status quo, abbiamo bisogno di chiarezza normativa». Del resto è anche quello che chiedono Cgil, Cisl e Uil: «Il governo faccia una legge sull'obbligatorietà del green pass». I responsabili di questo limbo sono Roberto Speranza, ministro della Salute, e Andrea Orlando, ministro del Lavoro, che si riparano dietro le Faq come tutta la politica. I sindacati ieri hanno scritto loro una lettera per fare chiarezza dopo le parole di Visentin, ma nessuno ha accusato ricevuta. Forse sono troppo impegnati a schivare un'altra enorme grana insieme all'ineffabile ministro della Pubblica istruzione Patrizio Bianchi: la riapertura della scuola. Tra dieci giorni scatta l'obbligo di salvacondotto vaccinale per docenti e personale Ata. Il nodo di chi controlla chi non è stato sciolto, anche in questo caso i sindacati sono sul piede di guerra, ma anche in questo caso a pagare sono solo professori e bidelli. A conti fatti se le regole non cambiassero per poter lavorare dovranno spendere 4.000 euro di tamponi in un anno. Nella scuola c'è un ulteriore paradosso: il 53% degli insegnati ha più di 50 anni, il 17% è ultrasessantenne. Siccome sono stati vaccinati tra aprile e maggio c'è il rischio che tra novembre e dicembre questi non abbiano più il green pass valido. Lo stesso vale per i medici. Il governo non misurandosi con l'obbligatorietà vaccinale, ma scegliendo la strada della coercizione via green pass, si sta mettendo in gravissima difficoltà da solo. O forse poiché è indeciso a tutto tranne che a rendere sempre più difficile la vita degli italiani confida nel 31 dicembre quando scadrà lo stato d'emergenza e tutte le gride sul green pass in assenza di una legge si dissolveranno come il virus cinese al sole.