2024-02-05
Occhio alla crosta
È gustosa da mangiare su carne, lasagne e pizza. Però può fare male. Le parti bruciate nella cottura sviluppano infatti composti nocivi, che hanno effetti cancerogeni. Come gli idrocarburi aromatici che possono mutare il nostro Dna.Gli amminoacidi che troviamo in alcuni prodotti si possono trasformare in sostanze tossiche, come la cadaverina e la tiramina. Teniamo d’occhio la data di scadenza.Studi scientifici dimostrano che l'acrilammide aumenta il rischio di tumori, soprattutto nei bambini.Lo speciale contiene tre articoli.I composti antinutrizionali possono essere di vario tipo: non nutrienti, come le fibre, e poi antinutrienti in senso stretto, dei quali fanno parte anche dei veri e propri composti tossici che si possono formare in alcune circostanze, come le ammine eterocicliche che compaiono in seguito alla cottura o alla degradazione di alcuni alimenti, per esempio le ammine eterocicliche delle carni cotte. Ebbene sì, ahinoi, seppure la crosticina marrone scuro o addirittura nera della carne alla griglia possa sembrarci succulenta e gustosissima, essa può portare con sé aspetti potenzialmente negativi. Idem la crosta nera della lasagna o della pizza. Buona? Può essere, ma non fa benissimo. Ricordate la puntata di Report che parlava della potenziale cancerogenità delle parti carbonizzate della pizza cotta (troppo) nel forno non pulito, intitolata «Non bruciamoci la pizza» e che fece tanto arrabbiare alcuni pizzaioli? Quelle parti carbonizzate e, con buona pace dei pizzaioli che s’infiammarono anch’essi, in effetti insalubri, sono gli idrocarburi policiclici aromatici. Ammine eterocicliche delle carni cotte? Idrocarburi policiclici aromatici? Cosa sono? Vediamolo. Durante la cottura di alcuni cibi, si possono sviluppare composti nocivi che potrebbero avere effetto tumorale. Parliamo di ammine eterocicliche (Hca), di idrocarburi policiclici aromatici (Pah in inglese, Ipa in italiano), di composti N-nitrosi (Noc) e di acrilammide (Aa). I composti N-nitrosi, cioè le nitrosammine, si formano quando in un alimento sono presenti ione nitrato che viene trasformato in ione nitrito già dalla saliva durante la masticazione e nitriti usati come conservanti che possono diventare N-nitrosammine giungendo nello stomaco o tramite alcune forme di cottura: ne parleremo prossimamente. Stavolta parleremo di Hca, Pah o Ipa e Aa. Le Hca vengono prodotte durante la cottura della carne. Anche i Pah o Ipa possono essere prodotti durante la cottura di carne e svariati altri alimenti come latticini, frutta, verdura e cereali. Le ammine eterocicliche sono generalmente sconosciute ai più, anzi viviamo nel mito della carne bella cotta e quelle righe nere della griglia sulla bistecca cotta sulla brace ci sembrano autostrade per il piacere gastronomico, ma non sono solo questo. Si iniziò a studiare ammine eterocicliche e idrocarburi policiclici aromatici dopo che vennero scoperte le ammine cancerogene del fumo di sigaretta. Si intuì, infatti, che le ammine derivanti dalla combustione della cottura non dovevano essere molto diverse da quelle della combustione del tabacco e il cibo bruciato, affumicato e cotto troppo o a temperatura troppo alta poteva essere sospettabile di stessi effetti dannosi per l’organismo rintracciati nel fumo di sigaretta. Verso la fine degli anni Novanta si scoprì che, in effetti, tempi e modalità di cottura potevano determinare composti potenzialmente cancerogeni nella carne. Sia chiaro, il problema non è la carne in sé, né la cottura casalinga piuttosto che quella professionale o viceversa, ma alcune condizioni di cottura. Sono, infatti, le modalità e i tempi di cottura della carne che possono causare la produzione di ammine eterocicliche anche chiamate Hca, con la sigla acronimica del loro nome in lingua inglese, e di idrocarburi policiclici aromatici (anche abbreviate in Ipa in italiano e Pah in inglese), che poi, a loro volta, possono essere la causa della formazione di composti mutageni, responsabili di tumori. Gli idrocarburi policiclici aromatici Pah o Ipa si sviluppano quando la carne viene cotta al barbecue, alla griglia e in generale in altre modalità di preparazione che prevedono la combustione di sostanze organiche come legno e carbone e di grassi alimentari di gocciolamento: gli Ipa si trasferiscono da quelli nel fumo e, tramite il fumo, si depositano sulla superficie delle carni. Ma anche la cottura di vegetali nello stesso modo può condurre ad Ipa o Pah, per esempio è stato appurato che le verdure grigliate, con le loro parti nere nere, contengono più Ipa delle verdure fresche. Esistono 250 specie di Ipa e 15 di questi sono stati riconosciuti mutogeni, cioè mutano il Dna di alcune cellule trasformandole in cellule tumorali. Il più noto di questi è il benzopirene. Le ammine eterocicliche si possono formare durante la cottura a causa delle temperature alte (da 125 a 300 gradi C° e oltre). Le Hca però si possono formare a temperature anche abbastanza basse, 125-150 gradi, se però la cottura è lunga, e invece dopo pochi minuti se le temperature sono più alte, 250-300 gradi e oltre e sono concentrate là dove la carne ha fatto una crosta dura di colore nero. Quindi, anche la frittura, se condotta fino a bruciare, può causarle. Come spiega l’Airc, Associazione Italiana per la ricerca sul cancro, «la cottura della carne alla griglia o in padella ha molti vantaggi: le alte temperature "sterilizzano" la carne diminuendo il pericolo di contaminazioni da microorganismi e causano cambiamenti nella struttura chimica delle proteine aumentandone la digeribilità e il potenziale nutritivo. Tuttavia nel processo si formano anche sostanze, come le ammine eterocicliche e gli idrocarburi policiclici aromatici, potenzialmente tossiche e cancerogene. Queste abbondano per esempio all’interno della classica «crosta bruciacchiata» della carne. Nel 2011 i risultati pubblicati sul British Journal of Cancer di uno studio condotto con 17.000 partecipanti hanno mostrato una frequenza maggiore di cancro al colon rispettivamente del 56 per cento e del 59 per cento in chi consumava la carne più grigliata o più cotta. È sempre meglio evitare una cottura eccessiva (a temperature troppo elevate e con la carne a contatto diretto con la fiamma), rimuovere le parti nere e prediligere altre forme di cottura più sane». Per esempio, cuocendo al vapore, cuocendo tramite stufatura, cuocendo tramite bollitura (ovvero calo la carne quando l’acqua bolle) o lessatura (pongo la carne in acqua a freddo e poi metto sul fuoco), cuocendo al cartoccio, non solo di carta forno ma anche di carta stagnola, cuocendo al forno in una sorta di mezzo cartoccio, cioè coprendo con carta stagnola la teglia che contiene le carni da arrostire, in modo da sfruttare meglio il vapore, come si fa abitualmente col pollo arrosto. Specularmente, è utile ridurre le occasioni di grigliatura al barbecue e di frittura. Oppure ridurne l’assolutezza, per esempio si può ridurre il tempo di cottura alla griglia precuocendo in forno e poi spostando per finitura su griglia, così come si può «friggere» al forno. In caso di grigliatura, risulta utile anche girare spesso la carne per evitare di iperriscaldare e poi bruciare una sola zona e, naturalmente, rimuovere le parti carbonizzate. Molto utile per contrastare la formazione di Hca e Ipa nella carne risulta anche la marinatura prima della cottura, si possono usare vino, succo di limone o di arancia, tè verde, salsa di soia o altre salse, spezie e aromi come pepe, peperoncino, aglio, cipolla, zenzero, curry, curcuma: liquidi e spezie, ma anche verdure - o frutta - ricchi di vitamina C, antiossidanti e carotenoidi risultano utili ridurre eventuali livelli di composti nocivi. Utili se usati per marinare, ma anche se aggiunti in cottura. Ricordatevelo!<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/occhio-alla-crosta-2667171400.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="negli-alimenti-piu-deperibili-tanti-potenziali-pericoli-per-il-nostro-metabolismo" data-post-id="2667171400" data-published-at="1707146146" data-use-pagination="False"> Negli alimenti più deperibili tanti potenziali pericoli per il nostro metabolismo Le ammine che più ci riguardano, perché possiamo incamerarle attraverso il cibo, sono le ammine eterocicliche, viste nel pezzo accanto, e le ammine biogene che vediamo ora e che non hanno a che fare con la cottura. Le ammine biogene sono composti azotati prodotti per decarbossilazione microbica degli amminoacidi. Questi microrganismi sono presenti nell'ambiente, le ammine biogene, infatti, possono essere contenute in alimenti e bevande. Presentano maggiore concentrazione nei cibi velocemente deperibili, in particolar modo in quelli fermentati e ricchi di amminoacidi come pesci, carni, salumi, succhi di frutta, vino, cacao, latticini e formaggi. La decarbossilazione è una reazione che porta alla perdita di una molecola di anidride carbonica. Nel metabolismo degli esseri viventi è una reazione molto comune, viene solitamente catalizzata da una classe di enzimi chiamata decarbossilasi (o più formalmente carbossi-liasi, facenti parte della sotto-sottoclasse enzimatica Ec 4.1.1), i cui substrati sono in genere amminoacidi che vengono trasformati in ammine, spiega Wikipedia. Comuni decarbossilazioni di amminoacidi ad ammine sono il passaggio, per esempio, da triptofano a serotonina, da fenilalanina a feniletilammina, da tirosina a noradrenalina, da istidina a istamina, da serina a etanolammina, da acido glutammico a Gaba, da lisina a cadaverina, da arginina ad agmatina, da ornitina a putrescina, da L-Dopa a dopamina. Come è facile da notare, alcuni di questi amminoacidi e delle conseguenti ammine, per esempio adrenalina, noradrenalina, serotonina e istamina sono elementi con una funzione fisiologica a noi utile e necessaria come neurotrasmettitori o ormoni. L’istamina, ad esempio, è un mediatore chimico delle allergie e quindi mangiare alimenti con un eccesso di istamina può condurre agli stessi sintomi di una reazione allergica. L’istamina, come la tiramina, non viene rilevata dall’uomo tramite l’olfatto ed ha azione psicoattiva e/o vasoattiva, quindi è facile intossicarsi, mentre altre ammine come putrescina, cadaverina e spermidina presentano un odore talmente forte da ricordare un tanfo che generalmente demotiva il consumo. In caso di assunzione, comunque, di un’alta quantità di queste ammine biogene i sintomi sono forte mal di testa, rush cutaneo, orticaria, sbalzi della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, difficoltà respiratorie. Nello specifico, l’istamina, che si può trovare nei lieviti, in alcuni formaggi, nel pesce, nel vino e in verdure come spinaci e pomodori libera adrenalina e noradrenalina, stimola la muscolatura liscia dell'utero, neuroni motori e sensoriali e gestisce la secrezione gastrica. La tiramina si trova in lamponi, estratti di lieviti, pesce, pomodori, arance, avocado, banane, crauti, formaggi, prugne, salsicce e ha l'effetto di aumentare il battito cardiaco, la glicemia e l'emicrania, causare lacrimazione e salivazione. La putrescina, la cadaverina, la spermina e la spermidina che si trovano nel cibo proteico in stato di decomposizione, carne e pesce in primo luogo, sono innanzitutto in grado di potenziare la tossicità di altre ammine e poi causano collassi, ipotensione, bradicardia. La feniletilamina si trova nel cioccolato e nel vino rosso e, assunta in eccesso, determina mal di testa e ipertensione e rilascia noradrenalina. Le ammine biogene possono creare problemi o perché oggetto di un'ingestione eccessiva, ad esempio, mangio della carne praticamente marcia, oppure per un malfunzionamento, temporaneo o stabile, dei meccanismi fisiologici atti a neutralizzarle quando sono in eccesso. Un organismo sano, infatti, neutralizza le ammine biogene tramite il filtraggio effettuato dal fegato e tramite gli enzimi dell'intestino, per esempio la diaminossidasi neutralizza l'istamina, la moaminossidasi la tiramina. Sono abbreviate rispettivamente in Dao e Mao e se si assumono farmaci Dao inibitori o Mao inibitori allora il meccanismo detossificante si può temporaneamente inceppare. Un fegato e un intestino perfettamente funzionanti, capaci di effettuare una detossificazione efficiente, possono invece contrastare un esubero, certo minimo, di ammine biogene senza problemi. Casi che invece possono scatenare una reazione perché il meccanismo di controllo fisiologico non è sufficiente sono quelli in cui si oltrepassano le date di scadenza (sempre meglio consumare un prodotto fresco prima che dopo la scadenza), si assumono quei farmaci inibitori, si sia soggetti allergici o che soffrono di emicrania. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/occhio-alla-crosta-2667171400.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="attenzione-anche-allacrilammide-la-trovate-nei-cibi-ricchi-di-amidi" data-post-id="2667171400" data-published-at="1707146146" data-use-pagination="False"> Attenzione anche all’acrilammide. La trovate nei cibi ricchi di amidi Altro composto da conoscere è l’acrilammide, sigla Aa. Come spiega il ministero della Salute, l’acrilammide è una sostanza chimica che si forma naturalmente nei prodotti alimentari amidacei durante la normale cottura ad alte temperature (frittura, cottura al forno e alla griglia e anche lavorazioni industriali a più di 120° con scarsa umidità). Si forma per lo più a partire da zuccheri e aminoacidi (principalmente un aminoacido chiamato asparagina) che sono naturalmente presenti in molti cibi. Studi su animali hanno dimostrato che l’acrilammide presente negli alimenti aumenta potenzialmente il rischio di sviluppare il cancro nei consumatori di tutte le fasce d’età: i bambini sono percentualmente più esposti al rischio rispetto a un adulto perché pesano meno. Test di laboratorio su animali hanno dimostrato come l’acrilammide nei cibi venga assorbita dal tratto gastrointestinale, distribuita a gli organi e poi metabolizzata. Uno dei suoi metaboliti, la glicidammide, può causare problemi come mutazioni nel Dna cellulare aumentando il rischio di sviluppare tumori, ma potrebbe anche avere effetti nocivi sul sistema nervoso, sullo sviluppo pre e post natale e influire negativamente sul sistema riproduttivo maschile. Questo è quanto accade sugli animali, studi effettuati sull’uomo forniscono prove limitate e discordanti di un maggior rischio di sviluppare cancro al rene, all’endometrio e alle ovaie in associazione con l’esposizione alimentare all’acrilammide. I più importanti gruppi di alimenti che contribuiscono all’esposizione all’acrilammide sono i prodotti fritti a base di patate, il caffè, i biscotti, i cracker, i diversi tipi di pane croccante e il pane morbido. Gli esperti dell’Efsa hanno concluso che occorre effettuare ulteriori ricerche per confermare la validità di tali risultati tratti da studi sull’uomo e non è possibile stabilire una dose giornaliera sicura per la salute, ma si possono stimare degli intervalli di dosaggio oltre i quali è probabile che l’acrilammide causi un effetto misurabile. Dal 2017 esiste un regolamento europeo che ha fissato dei valori di riferimento per il contenuto di acrilammide per tipologia di alimenti. Per esempio, per il pane morbido a base di frumento: 50 microgrammi per chilo (µg/kg); per biscotti e fette biscottate per lattanti e per la prima infanzia: 150 µg/kg; caffè di torrefazione: 400µg/kg. Come si vede, l’acrilammide non è solo un problema della patatina fritta o arrosto bruciacchiata, ma può anche trovarsi nella bevanda calda più diffusa nella nostra nazione, il caffè. Nonostante i produttori siano invitati a rispettare questi limiti, adeguandosi a protocolli di produzione che riducano la formazione di acrilammide in cottura, attualmente non esiste alcun obbligo. Si è in attesa che la Commissione Europea si esprima circa un’eventuale revisione dei livelli di riferimento esistenti e sull’aggiunta di quelli di altri alimenti che non erano stati considerati nel 2017. Sono curiose alcune casistiche: i surrogati del caffè a base di cicoria generalmente contenevano in media sei volte più acrilammide (3mg/kg) dei succedanei a base di cereali (0,5 mg/kg); i prodotti fritti a base di pasta di patate (comprese patatine e snack) contenevano in genere il 20% in meno di acrilammide (338 µg/kg) di quelli ottenuti da patate fresche (392 µg/kg); le patate coltivate in terreno povero di zolfo accumulano di solito meno asparagina, e ciò riduce la formazione di acrilamide durante la cottura. Può essere utile sapere che influisce anche il metodo di conservazione: la conservazione delle patate a una temperatura inferiore agli 8° C di solito ne aumenta i livelli di zucchero, il che potrebbe portare a elevati livelli di acrilammide al termine della cottura; mettere in ammollo le fette di patate in acqua o in una soluzione di acido citrico può ridurre i livelli di acrilamide nelle patatine rispettivamente fino al 40% o al 75%. O la temperatura e la durata della trasformazione: i caffè a tostatura più chiara contenevano generalmente più acrilammide di quelli a tostatura media o scura (cioè tostati più a lungo), il che può aumentare l’esposizione media del 14%; test effettuati da produttori e organizzazioni dei consumatori indicano che di solito le friggitrici ad aria calda producono oltre il 30-40% di acrilammide in più rispetto alle normali friggitrici a olio; la temperatura di solito aumenta i livelli di acrilammide nelle patate fritte più del tempo di cottura; la frittura sopra i 175 ° C può portare a un notevole aumento dei livelli. Tostare il pane per cinque minuti invece di tre può aumentare il contenuto di acrilammide da 31 µg/kg fino a 118 µg/kg, a seconda del tipo di pane e temperatura del tostapane. Il consumo di pane ben abbrustolito, tuttavia, aumenta l'esposizione alimentare media complessiva solo del 2,4%. In linea generale, è preferibile dorare, e non bruciare, gli alimenti, così come variare le modalità di cottura. Bollire, cuocere a vapore, stufare in padella, al posto di friggere o arrostire, o anche friggere ma senza superare il punto di fumo e cambiando l'olio spesso può contribuire a ridurre l’esposizione complessiva dei consumatori. Risulta poi importante seguire una dieta sana, mediterranea, ricca in fibre, anche, che aiutano a evitare una lunga permanenza nell’intestino delle sostanze potenzialmente dannose in grande quantità che abbiamo visto.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.